DIECI VOLTE AL GIORNO POSSON BASTARE: SONO 1732 LE TELEFONATE DEL PREMIER CON RUBY E LE ALTRE
GHEDINI RIVELA: IN 5 MESI BERLUSCONI E I SUOI COLLABORATORI SONO RIMASTI ATTACCATI ALLA CORNETTA CON LE RAGAZZE DEL BUNGA BUNGA… E ADESSO VOGLIONO CERCARE DI DISTRUGGERLE I COLLOQUI REGISTRATI
Uno squillo a Marincea Florina, detta “Flo”. Un altro a Marysthelle Garcia Polanco. Una telefonata a Miriam Loddo, quattro chiacchiere con la “gemellina” Concetta De Vivo. Poi tocca a Roberta Bonasia, intermezzo con Emilio Fede prima di digitare il numero di Manuela Ferrera.
E ancora sul display appare “Ruby”, è Karima El Mahroug. Cornetta alzata per Aris Espinosa, tasto verde su Nicole Minetti, orecchio teso per Raissa Skorkina.
Una chiamata a Iris Berardi, una ricevuta da Barbara Guerra.
E prima di andare a dormire, il saluto della buonanotte a Ioana Visan, Alessandra Sorcinelli e Barbara Faggioli.
Il filo diretto con il presidente del Consiglio non si interrompe mai.
Al massimo si può trovare occupato.
Per dieci volte al giorno, Silvio Berlusconi e i suoi assistenti sono impegnati a conversare con le amiche dell’Olgettina.
La frequenza e gli interlocutori sono certificati direttamente dai suoi avvocati, Niccolò Ghedini e Pietro Longo: impegnatissimi a dimostrare “l’inutilizzabilità ” delle intercettazioni disposte dalla Procura di Milano, hanno affidato una perizia per dimostrare che “la direzione delle indagini” è dall’inizio rivolta a incastrare Berlusconi.
Senza accorgersi che i risultati raccolti dall’ingegner Claudio Alati non fanno altro che confermare l’ossessione del premier per le amiche del bunga bunga: “Analizzando il traffico sulle utenze di alcuni coindagati e delle signore che hanno partecipato alle cene/serate presso le dimore del presidente Berlusconi — scrivono Ghedini e Longo — ha avuto modo di verificare, che nel ristretto periodo in cui tali intercettazioni sono avvenute (31 luglio 2010-15 gennaio 2011) in ben 1.732 casi sono state intercettate indirettamente utenze riferibili al presidente Berlusconi”.
Non è un “vizio” cominciato l’estate scorsa.
Nei mesi caldi del 2008, il filo diretto era con Gianpaolo Tarantini.
Una “hot line” riservata alle pagelle e le tariffe.
“Dimmi Gianpi”, diceva il premier, pronto a dileguarsi da qualsiasi impegno istituzionale pur di fare nuovi incontri.
Come seguire i risultati delle elezioni americane: mentre Obama fa il suo ingresso alla Casa Bianca, lui è a Palazzo Grazioli con Patrizia D’Addario e di bianco ha solo l’accappatoio d’ordinanza.
O come i funerali di Alessandro Romani, paracadutista della Folgore morto in Afghanistan.
Quel 19 settembre di un anno fa, Berlusconi non scende a Roma per omaggiarlo, resta ad Arcore: “Ho sentito adesso the boss of the boss”, dice Nicole Minetti a un’amica “da briffare”: stasera bunga bunga.
Ed è proprio sulle telefonate tra le amiche di “the boss of the boss” che ora il Parlamento è chiamato a discutere.
In una lettera alla Giunta per le autorizzazioni a procedere, “il capo dei capi”, ha chiesto ai colleghi deputati di “valutare l’utilizzabilità ” delle intercettazioni telefoniche “disposte, a parere dello scrivente, in violazione dell’articolo 68 della Costituzione”, quello che regolamenta l’immunità parlamentare.
Gli avvocati Ghedini e Longo hanno scritto più di 270 pagine per sostenere che i pm di Milano non potevano disporre nè dei tabulati telefonici, nè delle intercettazioni, nè del “materiale bancario riguardante i conti correnti dell’on. Berlusconi” senza prima chiedere l’autorizzazione alla Camera d’appartenenza.
E se non valgono i materiali su cui è stata elaborata l’accusa, insistono, non vale nemmeno la richiesta di giudizio immediato.
Così, il premier e i suoi legali chiedono alla Giunta di intervenire subito, visto che la prossima udienza “è fissata per il giorno 3 ottobre” e in quella data si dovranno “formulare le eventuali richieste di acquisizione” di quel “materiale di indagine”. Dalla Giunta per ora sono arrivati solo inviti a darsi una calmata.
“La richiesta di Berlusconi è del tutto infondata e temeraria”, dice l’Idv Federico Palomba, anche perchè “le intercettazioni per le quali si richiede pretestuosamente lo stralcio e l’inutilizzabilità sono quelle delle telefonate tra le varie signorine che frequentavano i festini di Arcore” e “l’articolo 68 non può mai coprire conversazioni cui il parlamentare non prenda parte direttamente”.
La risposta a Berlusconi, comunque, non arriverà prima del 16 settembre.
Entro quella data la Giunta è chiamata a esprimere un parere sull’esistenza del fumus persecutionis nell’ipotesi di arresto di Marco Milanese.
E poi dovrà autorizzare o meno l’acquisizione dei tabulati telefonici di Alfonso Papa, che è arrivata ad agosto, quando il deputato era già in carcere.
Ieri, la Giunta ha deciso di dire no alla richiesta di Milanese di mettere a disposizione dei suoi legali gli atti inviati dalla Procura di Benevento: riguardano l’imprenditore Paolo Viscione, il suo principale accusatore nell’inchiesta P4.
Ma quel processo beneventano per riciclaggio si è concluso con un’archiviazione ed è la prima volta, dice il presidente Pierluigi Castagnetti, che la Giunta si trova a valutare “atti di un procedimento archiviato”: al “collega Milanese” Castagnetti “rammenta” che tra i suoi diritti c’è quello di “tentare di persuadere i colleghi che egli è oggetto di un’attività persecutoria dell’autorità giudiziaria.
Ma tali facoltà — aggiunge — non possono tramutarsi nella strumentalizzazione delle procedure parlamentari ai fini di privata difesa”.
Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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