“DIMEZZARE IL NUMERO DEGLI F35 ORMAI NON HA PIU’ SENSO”: INTERVISTA A SILVIO LORA LAMIA, DA SEMPRE CRITICO DEL JET
“L’AERONAUTICA DI 30 AEREI NON CI FA NULLA, NE SAREBBERO DISPONIBILI SOLO 5″….”PER L’IMPIANTO DI CAMERI ABBIAMO GIA’ SPESO 800 MILIONI”
Sui cacciabombardieri F35 Jsf era già in atto in Italia un silenzioso rallentamento.
Nei lotti annuali di ordini contraddistinti dalle sigle “Lrip 8” e “Lrip 9” erano calati da 8 a 5.
Il Canada ha addirittura indetto una nuova gara alla quale ha invitato anche l’Eurofighter, il Rafale francese e il Boeing F/A-18 E/F. I
l ministro della difesa Roberta Pinotti sostiene che all’acquisto si applicano le tre r, “ripensare, ridurre, rivedere”, valide per tutte le spese militari.
Silvio Lora Lamia, ex condirettore di “Volare” e ora collaboratore di punta sui temi dell’aeronautica di “Analisi Difesa”, il più autorevole magazine online di problemi militari, non nasconde un giudizio drastico su un eventuale dimezzamento dei jet.
“Se l’ipotesi è di ridurre la commessa a 45 aeroplani, quella descritta in commissione difesa dal deputato del Pd Gian Piero Scanu, all’Aeronautica ne restano 30, perchè 15, i velivoli a decollo verticale, sono destinati alla portaerei Cavour. L’Aeronautica con 30 aerei non ci fa nulla. Di trenta, tenendo conto della manutenzione, della riserva operativa, dell’inevitabile fermo macchina e dell’aggiornamento, l’upgrade, solo 5 sono sempre disponibili. Neppure uno squadrone”.
Quindi?
“Abbiamo 70 Eurofighter di recente diventati multiruolo, ossia adatti anche all’attacco a terra, che alla fine saranno 96. Gli ultimi arriveranno entro la fine del 2016. Avrebbero dovuto essere 121, ma Larussa ne ha tagliati 25. I vertici dell’Aeronautica però sono innamorati degli Usa. Da decenni c’è un cattivo rapporto con l’industria aeronautica italiana, un rapporto che definirei di sfiducia reciproca”.
Avanti con gli F 35 allora.
“L’innamoramento per l’F 35 è stato assecondato dai governi dal 1998 in avanti, sia di centrodestra sia di centrosinistra. Il ragionamento in sostanza era questo: l’Aeronautica lo vuole, avrà i suoi motivi, diamoglielo”.
Nonostante le prime delusioni?
“Si è scoperto che gli accordi promettevano alcune cose e che l’attuazione pratica disattendeva. C’era di mezzo il divieto di esportazione di tecnologie avanzate. La Lockheed prometteva, ma il Congresso statunitense, il custode geloso della potenza militare americana, ha detto no. Le tecnologie stealth, che rendono invisibili gli aerei, e quelle di integrazione dei sistemi non sono state trasferite. I ritorni industriali sono stati molti di più con gli Eurofighter, che noi abbiamo progettato, sviluppato, integrato, collaudato. Con gli F 35 non è stato è possibile. I generali li difendono, ma i problemi di una mancata sovranità militare e industriale restano tutti”.
Con il tempo forse potrebbero attenuarsi.
“La fase iniziale, quella più importante, è negativa per noi”.
L’F 35 ha già rivelato problemi importanti.
“È noto quello del gancio di arresto nella versione da portaerei. Gli alloggiamenti interni di armamento sono troppo caldi. È stato necessario appendere i missili fuori, sotto l’ala, e così lo stealth, l’invisibilità , va a farsi benedire. Sono problemi inspiegabili. Derivano da strani sbagli di impostazione. Le ruote dei carrelli degli aerei a decollo verticale si sono subito sgonfiate. I timoni posteriori si sono incendiati alla prima accensione del postbruciatore del motore, quello che si aziona quando si deve andare a tutta manetta. L’aeroplano è molto complesso. Racchiude in sè tre versioni. È stealth, dovrebbe essere invisibile davanti e dietro, ma con quel po’ po’ di motore non lo è ai sensori di infrarosso nella parte posteriore. Le versioni non a decollo verticale soffrono di questo problema. La manutenzione è complicatissima. C’è un sistema informatico pazzescamente complesso. L’F35 è coperto di sostanze antiradar che rendono la manutenzione costosa”.
C’è stata polemica sui costi.
“Viene sempre citato il Fly Away Cost, ma va aggiunto tutto quello che serve per mettere l’aereo in linea. Così si passa da 100 milioni di euro ad almeno 180”.
Torna la prima domanda. Che fare adesso?
“Io credo però che sia troppo tardi per tirarsi indietro. Solo per l’impianto di Cameri (ndr. una linea di assemblaggio finale e di produzione delle ali, l’unica che non si trova negli Usa) sono già stati spesi 800 milioni di euro”.
(da “Huffingtonpost“)
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