“DRAGHI AL QUIRINALE, MA SENZA VOTO ANTICIPATO”: I CENTRISTI SI ANNUSANO IN VISTA DI FEBBRAIO
SOLO MELONI E CONTE TIFANO PER DRAGHI PER TORNARE ALLE URNE
Molto dipenderà dall’esito delle amministrative, intanto però qualcosa si muove. I partiti iniziano “ad annusarsi”. Usa questo termine un senatore centrista per dare l’idea di questi “primi sculettamenti più che ammiccamenti” in corso all’interno dei Palazzi e che dovranno portare all’elezione del nuovo presidente della Repubblica nel febbraio prossimo.
Ancora si è in una fase embrionale: “Il Quirinale sarà materia della prossima settimana, alla luce del risultato elettorale”, dicono in tanti. Solo allora si vedranno le conseguenze politiche del voto nei Comuni e quindi le ricadute sui prossimi mesi. Anche da qui passa l’eventuale voto anticipato delle politiche perché, se il Parlamento dovesse votare per l’attuale premier Mario Draghi, la poltrona di capo del governo resterebbe vacante.
E se i partiti non dovessero trovare un nome capace di tenere insieme una coalizione di unità nazionale si andrebbe alle urne già nella prossima primavera. I partiti oggi stanno capendo come muoversi. Giancarlo Giorgetti ha parlato apertamente dell’ipotesi di eleggere Draghi al Quirinale, quindi di un ritorno al voto anticipato. I centristi, che conterebbero 100-120 parlamentari non sono da meno.
I renziani di Italia Viva, circa una cinquantina, i calendiani di Azione, Coraggio Italia, diversi componenti del Gruppo Misto e anche qualche moderato di Forza Italia sono alla ricerca di una strategia unitaria, che potrebbe portare proprio al nome di Draghi. Ma non è detto che Draghi per loro significhi voto subito per le politiche.
La strategia potrebbe anche essere un’altra: SuperMario sul Colle e poi per Palazzo Chigi “se la vede lui”, come dice uno dei massimi big del Pd alla Camera. Ovvero: Draghi avrebbe l’autorevolezza per mettere Daniele Franco, l’attuale ministro dell’Economia, o un’altra personalità da lui scelta come premier e continuatore della sua azione. Come Sergio Mattarella ha optato su di lui, così lui potrebbe puntare su un proprio simile senza portare l’Italia al voto. Anche perché, spiegano in area centrista, si tratterebbe di andare avanti poco perché il 2023 è dietro l’angolo. Qualcuno maligna in Forza Italia: “Sapete chi vorrebbe fare il premier-traghettatore? Proprio Giorgetti”. Altri invece credono che il numero due della Lega davvero voglia il voto anticipato per cambiare da subito l’assetto interno del partito ora a trazione salviniana.
I giochi stanno per entrare nel vivo, insomma.
E già si possono delineare le squadre in campo rispetto al voto anticipato oppure no, tema naturalmente connesso con quello del Colle. Il partito del Draghi al Quirinale ma senza l’interruzione della legislatura vede appunto la massa di centristi – comprensiva di presidenti di Regione come Toti, a cui viene accreditato un peso non indifferente presso i grandi elettori che vengono dai territori – che già lavorano a questa opzione di auto-salvataggio del proprio scranno fino al 2023.
Sperano in Draghi come ciambella di salvataggio ma non escludono che anche Casini, l’amico Pier, così di potrà evitare il ricorso alle urne e garantire la continuità della legislatura.
Nelle conversazioni tutti parlano della strana coppia, che tifa Draghi ma per un motivo opposto. Il premier verrebbe scelto per il Quirinale e si torna al voto. Sono Giorgia Meloni e Giuseppe Conte. La prima ha in vento in poppa nei sondaggi e vuole andare di corsa alle urne, il secondo ha la necessità di rifondare il Movimento 5 Stelle facendo entrare quanto prima i suoi fedelissimi in Parlamento.
La domanda però è sempre la stessa: “Se venisse eletto Mario Draghi, quanti parlamentari vorranno tornare al voto anticipato con il rischio di non essere rieletti a causa del taglio dei parlamentari?”.
Di certo, per diverse ragioni, cresce il partito a favore del premier al Colle, ma non si può dire che stia crescendo quello del ritorno al voto. Anche Renato Brunetta di Forza Italia non nasconde il suo gradimento per l’attuale presidente del Consiglio: “Abbiamo bisogno di sette anni con il presidente della Repubblica nella figura di Mario Draghi”. Nello stesso tempo però si lavora al traghettatore che potrebbe portare il Parlamento comunque alla fine della legislatura.
(da Huffingtonpost)
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