EXPO’, LA NOVITA’ DI SALA: “NON DOBBIAMO CHIEDERE I SOLDI DELLE BONIFICHE”
MA L’ACCORDO CON AREXPO DICE IL CONTRARIO
“Expo non deve chiedere indietro i soldi spesi per le bonifiche”. È la novità tirata fuori da Giuseppe Sala per rispondere alla domanda sul perchè Expo non abbia sinora girato ad Arexpo, la società proprietaria delle aree dell’esposizione, i costi sostenuti per bonificare i terreni.
Eppure questi hanno superato i 6 milioni preventivati per arrivare a 73 milioni.
Ma rimanendo ai 6 milioni stimati all’inizio, l’accordo quadro siglato tra Expo e Arexpo nel 2012 prevedeva che la società guidata da Sala si rivalesse su Arexpo, che “si impegna — si legge nel documento — a rimborsare i costi sostenuti da Expo 2015 per la bonifica dei terreni entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta di pagamento”.
Ma tale richiesta di pagamento non c’è mai stata, nonostante i lavori siano stati conclusi parte nel 2013 e parte nel 2014.
La questione non è da poco, perchè solo se i costi di bonifica vengono fatturati ad Arexpo, questa potrà poi rivalersi sui vecchi proprietari dei terreni, tra cui Fondazione Fiera Milano, che gioca un doppio ruolo in quanto è anche socio di Arexpo.
Ma se, come sinora è avvenuto, Expo non chiede nulla ad Arexpo, le bonifiche rischiano di pesare sulle casse pubbliche e sui cittadini.
Viene allora il sospetto che dietro la mancata richiesta ci sia la volontà di fare un favore a Fondazione Fiera Milano.
O si è trattato di una semplice dimenticanza da parte di Expo?
L’amministratore delegato della società e candidato alle primarie milanesi del centrosinistra si giustifica con l’esistenza di un contratto secondo cui Arexpo dovrà versare complessivamente 75 milioni a Expo per le infrastrutture realizzate sull’area e i costi sostenuti, ma nega che dovesse essere inoltrata alcuna richiesta specifica sulle bonifiche.
Eppure, l’accordo quadro dice il contrario.
Sala assicura poi di poter mettere la mano sul fuoco sull’operato di Alessandro Molaioni, un tempo vice del manager arrestato Angelo Paris e oggi colui che ha in mano i conti delle bonifiche:
“Io non vivo nella cultura del sospetto”, conclude.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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