FINI: “DECRETO SULLE INTERCETTAZIONI? E’ UNA LEGGE NELL’INTERESSE DI QUALCUNO”
“BERLUSCONI SI DIMETTA: SERVE UN GOVERNO SOSTENUTO DALLA MAGGIORANZA CHE HA VINTO LE ELEZIONI E APERTO AL CONTRIBUTO DI ALTRI”…”NON SE NE PUO’ PIU’ DI VIDEO MESSAGGI, ANNUNCI E PROMESSE NON MANTENUTE”
“La legge sulle intercettazioni non è la migliore legge per l’interesse nazionale ma forse per l’interesse personale di qualcuno”.
Gianfranco Fini, dal palco della convention di Fli a Palermo, boccia il testo che Cavaliere e maggioranza vogliono fortemente e che contiene norme in grado di depotenziare un indispensabile strumento di indagine.
E sempre sulla questione giustizia lancia una nuova frecciata al premier: “Un giorno serve il processo breve e un giorno il processo lungo a seconda di quello che conviene”.
Al Cavaliere che grida al complotto delle toghe, Fini manda a dire che “solo quando non si hanno argomenti si grida al complotto, si danno le colpe ai magistrati e ai giornalisti”.
Dal palco Fini non risparmia nulla a Berlusconi.
Persino un riferimento, velenoso, al rapporto tra il Cavaliere e le donne che “non vogliono essere giudicate in base alla loro avvenenza”.
Berlusconi, incalza Fini, “se amasse l’Italia dovrebbe passare la mano”, perchè “non se ne può più di videomessaggi, di annunci e promesse non mantenute. Il governo non governa e il premier è in tutt’altre faccende affaccendato”.
Ed allora Fini pensa a un altro esecutivo: “Non un governo del ribaltone, ma sostenuto dalla maggioranza che ha vinto le elezioni e aperto al contributo di altri”. Perchè di una cosa il leader di Fli è certo: “‘E’ finita l’era del berlusconismo e del bipolarismo”.
Al premier il presidente della Camera consiglia “un bagno di umiltà e realismo” e ricorda “che non è più tempo di ‘Adesso ci penso io’ o ‘Faccio tutto io'”.
Poi tocca alla Lega. E i toni si fanno irridenti.
“Quelli della Lega danno il meglio quando a Pontida si vestono da Unni e Barbari. la secessione? Fuori dalla storia”.
E anche il federalismo finisce nel mirino di Fini: “Mi dispiace dirlo ma il federalismo ha aumentato il prelievo fiscale. Era stato caricato di attese miracolistiche, come se fosse la panacea di tutti i mali”.
Legge elettorale. “Va cambiata, ma c’è un “paradosso: si va a votare con una legge fatta dal parlamento, o dal referendum o, ancora peggio, con quella attuale? – dice Fini – Che logica è fare la legge elettorale senza sapere quale sarà il numero dei parlamentari domani, o se il senato continuerà a mantenere l’assetto attuale, che è lo stesso del 1948?”.
E’ giunto il momento di tagliare, rilancia il presidente della Camera: “Come è possibile continuare ad avere 945 parlamentari, centinaia di consiglieri e deputati regionali con costi a volte piu” alti di quelli nazionali e poi, Comuni, consorzi. C’è un reticolo e un apparto che è diventato insopportabile. E’ lì che si deve disboscare”.
La crisi economica. E’ la credibilità del governo che rende possibile la patrimoniale, come disse Einaudi già nel 1946″ incalza Fini.
Che si dice favorevole ad un innalzamento dell’età pensionabile. Ad una condizione: “Che quello che lo Stato risparmierebbe vada a costituire un fondo per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e per migliorare la loro professionalità “.
Caso Romano. Nella scelta di votare la fiducia al ministro per le Politiche agricole, Saverio Romano, la maggioranza ha perso un’occasione perchè per “opportunità politica” avrebbe potuto esprimersi diversamente.
“Credo – aggiunge Fini, rispondendo agli imprenditori che gli chiedevano ‘di non candidare rinviati a giudizio’ – che non occorra fare una legge, dovrebbero essere i partiti a valutare l’opportunità politica nei singoli casi”.
Il futuro. “Il vizio della politica italiana è quello di usare lo specchietto retrovisore o pensare solo al presente. Non ci si chiede quale sarà lo scenario tra 10 anni. Ieri Draghi ha detto che l’Italia rischia di bruciare una generazione, in quanto abbiamo il più alto tasso di giovani che non lavorano e non studiano nell’Unione europea.
Vogliamo affrontare questo problema? – si domanda Fini – Guardiamo alla Germania che ha deciso che per i prossimi 15 anni chiunque governi avrà nel bilancio alla voce della ricerca sempre il segno più”.
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