FINI : “SE BERLUSCONI NON SI DIMETTE, LO FACCIAMO DIMETTERE NOI”
“NON VOTEREMO MAI UNA MOZIONE DI SFIDUCIA DEL PD, LA PRESENTEREMO NOI E CE NE PRENDEREMO LA RESPONSABILITA”… LUNEDI IL RITIRO DEI MINISTRI, POI VOTO FAVOREVOLE ALLA LEGGE DI STABILITA’, MA ASTENSIONE SULLA FIDUCIA COLLEGATA E A DICEMBRE MOZIONE DI SFIDUCIA… FINI “TENTA” LA LEGA CON L’IPOTESI TREMONTI
Fini non vuole solo un altro governo, ma vuole anche un altro premier: “potete dire a Silvio che se non si dimette, lo facciamo dimettere noi” ha detto ieri Gianfranco Fini a Bossi, Calderoli e Maroni.
La missione da “ultima spiaggia” tentata dalla delegazione leghista nello studio al primo piano di Montecitorio, nella trincea “nemica”, finisce così, col presidente della Camera che notifica l’intenzione di far presentare ai suoi una mozione di sfiducia, se il Cavaliere non si rassegnerà a fare “l’inevitabile” passo indietro.
Da lunedì, sarà un’escalation.
Il ritiro del ministro Ronchi e dei sottosegretari di Fli dal governo; poi l’astensione sulla fiducia che Tremonti porrà alla legge di Stabilità (ma con voto favorevole sul merito della norma salva-conti); infine, appunto, la sfiducia.
“Perchè noi non voteremo mai una mozione presentata dalle opposizioni, ci assumeremo la responsabilità di firmarne una nostra” scandisce il leader dei futuristi al cospetto dei suoi.
Sarà dicembre, a quel punto, e tutto allora passerà nelle mani del capo dello Stato.
Non che il Senatur non le abbia provate tutte, nel pur breve incontro con l’ex alleato alla Camera.
“L’ingresso dell’Udc nel governo per noi è inaccettabile – ha premesso Bossi – Ma si può aprire una crisi pilotata, questo sì, con la garanzia che Berlusconi, andando al Quirinale a rassegnare le dimissioni, ne esca con un nuovo incarico, com’è già avvenuto in passato”.
Ma sta proprio qui il punto.
“Eh no, lui si dimetta, poi vediamo cosa succede, non possiamo imporre paletti di questo genere al presidente della Repubblica” ribatte Fini agli uomini del Carroccio.
È a quel punto, nel vertice di mezzogiorno di ieri durato meno di un’ora, che il leader leghista con i due ministri al fianco, prova a offrire al presidente della Camera quel che fino a ieri era impensabile.
“Se voi accettate un Berlusconi bis – insiste Bossi rivolto a Fini – nel nuovo governo ci sarebbe spazio per un numero maggiore di vostri ministri, anche con portafogli. Si può aprire un dialogo per la riforma parziale della legge elettorale. E Silvio potrebbe sacrificare gli ex colonnelli di An” accenna con chiaro riferimento a La Russa e Gasparri, ormai tra i più ostinati avversari dei futuristi. Ecco, tutto questo “offre” Bossi nell’ultima trattativa, a patto che a guidare l’esecutivo sia ancora l’amico Silvio.
“Forse non è ancora chiaro, a me non interessano le poltrone” ribatte Fini, che poi incalza: “Ma voi escludete davvero che un governo possa essere presieduto da qualcun altro? Non pensate anche voi che questo ciclo sia finito?”
E Fini butta sul tavolo il nome di Tremonti.
Il Senatur traballa, cerca di resistere tentando la mediazione pro-Berlusconi, poi capisce che è tutto inutile e diventa pragmatico.
Ci si può pensare e nel pomeriggio un deputato leghista commenta: “una cosa è l’amicizia, un’altra cosa la politica” .
La Lega si rende conto che siamo alla fine del “ciclo Berlusconi” e cerca di uscire dalla palude senza troppe ammaccature.
Bossi si sarebbe spinto a ipotizzare un governo senza “l’amico Silvio”, pur di portare a casa l’unica moneta che gli resta da spendere al nord, il miraggio del federalismo.
Anche perchè lo scontento della base padana si fa ogni giorno più preoccupante e i sondaggi cominciano a dare segnali negativi.
E un deputato leghista ieri confidava a un esponente finiano: “c’è qualcosa che non funziona più nella mente di Berlusconi: dobbiamo uscirne prima di rimanere sotto le macerie”
Ora non resterebbe che convincere il premier a farsi da parte: da Seoul ha già detto “non mi dimetterò mai”, ma nel Pdl la componente di Liberamente comincia a “rifletterci”.
E non solo loro.
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