FINMECCANICA, LA VERSIONE DEL DIRIGENTE: “BERLUSCONI MI CHIESE LA PERCENTUALE PER LAVITOLA”
L’INTERROGATORIO DI GIUSEPPE BONO, DIRETTORE GENERALE DI FINCANTIERI
Ogni commessa di Finmeccanica che veniva trattata a livello internazionale prevedeva una «tangente» per i mediatori.
Le dichiarazioni dell’ex responsabile Relazioni istituzionali Lorenzo Borgogni, trovano conferma nei verbali di interrogatorio di altri manager che hanno partecipato in questi anni alle trattative con i governi stranieri.
E svelano come anche Silvio Berlusconi, quando era presidente del Consiglio, abbia sollecitato il pagamento di una percentuale sugli appalti per i suoi «emissari».
Lo racconta Giuseppe Bono, direttore generale di Fincantieri, nel suo interrogatorio di fronte ai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock del 26 settembre scorso.
«Convocato a palazzo Grazioli»
Borgogni già ha svelato la richiesta presentata dal ministro Claudio Scajola «di una percentuale dell’11 per cento per la vendita di undici fregate al governo brasiliano».
A Bono viene dunque chiesto di chiarire che cosa accadde.
E lui dichiara: «Dopo le intese che c’erano state a livello governativo, Valter Lavitola venne in Fincantieri e sostanzialmente mi disse esplicitamente che riteneva di meritare un compenso per l’attività svolta nella firma degli accordi governativi dove, a suo dire, Berlusconi si era determinato grazie al suo intervento. Io gli feci osservare che l’intervento del presidente del Consiglio era doveroso, data la sua posizione istituzionale e quindi non ritenevo che l’azienda dovesse alcunchè a Lavitola, anche perchè non aveva mai ricevuto alcun incarico in tal senso. Successivamente fui convocato telefonicamente da Berlusconi a palazzo Grazioli nel 2011. Lavitola mi aveva preannunciato che mi avrebbe chiamato Berlusconi e quando mi arrivò questa telefonata pensai di recarmi accompagnato dall’avvocato Ioannucci.
Quest’ultima, per la verità , aveva ricevuto da Fincantieri un incarico per studiare la questione delle navi alla Guardia costiera di cui parlerò da qui a un attimo. Mi recai con Ioannucci a palazzo Grazioli e lì venivo ricevuto da Berlusconi e Lavitola. In quell’occasione Berlusconi mi disse, alla presenza di Lavitola, di tenere ben presente che Lavitola era il suo fiduciario per il Brasile. In quell’occasione ebbi la netta sensazione che Berlusconi era pressato da Lavitola. L’incontro non ebbe altro contenuto che quello ora descritto, a parte gli «sfoghi» di Berlusconi sulle vicende giudiziarie che lo coinvolgevano.
Mi riservo, consultando le mie agende di far conoscere con precisione la data dell’incontro avvenuto tra febbraio e marzo 2011. A partire da questo incontro non ho poi avuto più occasione di incontrarmi con il Lavitola per la questione del Brasile».
I 17 milioni alla Capitaneria
È lo stesso Bono a rivelare ai pubblici ministeri le procedure simili seguite per un altro affare che coinvolgeva Finmeccanica: la fornitura di navi alla Guardia costiera italiana.
Racconta il manager: «Il bando – indipendentemente dal prezzo a cui si sarebbe aggiudicata la gara – prevedeva che nella determinazione del prezzo bisognava tenere conto di due navi usate della Guardia costiera che sarebbero state consegnate all’aggiudicataria. Il valore stimato dalla stessa Guardia costiera italiana era di 17 milioni di euro per tutte e due. Insomma nel prezzo bisognava tenere conto che per 17 milioni di euro avrebbero dato le navi e la differenza sarebbe stata pagata in monete. Devo aggiungere che in questo stesso periodo (siamo sempre nel 2011) Lavitola riprese contatto con me per comunicarmi che le due navi che avremmo dovuto ritirare Berlusconi le aveva promesse al presidente del Panama Ricardo Martinelli all’interno dell’accordo stipulato dall’Italia con quel governo. Io risposi che le predette navi usate facevano parte del prezzo che la Guardia costiera avrebbe dovuto pagare per la nuova fornitura a Fincantieri e quindi se la Guardia costiera italiana non ce le avesse dato indietro avrebbe dovuto corrisponderci i 17 milioni. In quel contesto dissi a Lavitola che se Berlusconi aveva promesso al governo di Panama le suddette navi, si sarebbe dovuto impegnare a far comunque confluire nella disponibilità della Guardia costiera i 17 milioni. In effetti così accadde, tant’è che di lì a poco vi fu un intervento normativo con il quale furono stanziati 17 milioni di euro alla Guardia costiera che la stessa Guardia costiera destinò a Fincantieri».
La tangente al 10 per cento
Il 4 giugno scorso viene interrogato Emilio Dalmasso, responsabile della vendita di elicotteri civili per AgustaWestland sin da quando l’azienda era guidata dall’attuale amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi.
E dunque si è occupato della fornitura al governo di Panama nell’ambito dell’accordo più ampio firmato dal governo italiano. I magistrati gli chiedono se è al corrente del «contratto collaterale con una società di diritto panamense».
Si riferiscono alla Agafia che, dice l’accusa, è riconducibile a Lavitola e al presidente Ricardo Martinelli ed è il veicolo che sarebbe stato utilizzato per il pagamento di «mazzette».
Il manager annuisce e svela i dettagli: «Fu Camillo Pirozzi, collaboratore di Paolo Pozzessere, con una mail inviatami qualche giorno prima della conclusione del contratto con Panama a segnalarmi che bisognava concludere anche il collaterale contratto con l’agente straniero che aveva favorito la conclusione degli accordi.
Pirozzi mi comunicò i dati relativi alla percentuale concordata del 10 per cento». È la cifra stabilita anche per tutti gli altri affari esteri.
Soltanto Scajola avrebbe chiesto un rialzo di un punto arrivando all’11 per cento.
Fiorenza Sarzanini
(da “Il Corriere della Sera“)
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