GASDOTTO TAP, IL GOVERNO DICA DI CHI SONO I TERRENI SUL PERCORSO
PERCHE’ E’ STATA SCELTA LA SPIAGGIA DI SAN FOCA NEL COMUNE DI MELENDUGNO, AREA A VOCAZIONE TURISTICA, E NON SQUINZANO, GIA’ COMPROMESSA A LIVELLO INDUSTRIALE E CHE E’ PIU’ VICINA A MESAGNE, SNODO DELLA RETE DEL GAS?…QUALI INTERESSI SI NASCONDONO?
Una domanda molto semplice vorremmo rivolgere al ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti a proposito del Tap, il gasdotto che farà affluire in Italia il metano estratto in Azerbaigian: chi sono i proprietari originari dei terreni lungo i quali corre il tracciato della Trans Adriatic Pipeline?
Il ministro dichiara al “Corriere della Sera” che lo Stato ha valutato quattordici scenari alternativi prima di decidere che il miglior punto di approdo dell’opera è la spiaggia di San Foca nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce.
E che per far transitare l’infrastruttura basterà espiantare e ripiantare qualche centinaia di alberi di ulivo.
C’è tuttavia qualcosa che sfugge in questa vicenda e che si scontra con la logica e con il buon senso: perchè è stato scelto Melendugno, area a vocazione agricola e turistica, come punto d’arrivo del tubo sottomarino proveniente da Grecia e Albania e non invece la costa del comune di Squinzano, zona già compromessa a livello industriale e a un tiro di schioppo da Mesagne, punto di snodo della rete nazionale di trasporto del gas?
Che senso ha realizzare una bretella terrestre di 55 chilometri tra San Foca e Mesagne, i cui costi graveranno sulla bolletta degli italiani, quando il gasdotto potrebbe sfociare a pochi chilometri da Mesagne con minori spese e minore impatto ambientale e da lì innestarsi direttamente nella grande rete della Snam che si dirama in lungo e in largo per l’Italia?
Questo chiedono le popolazioni locali e questo chiede da tempo e a gran voce il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che sul trasferimento del punto di arrivo del Tap aveva assunto un preciso impegno con gli elettori in campagna elettorale.
Peraltro il consiglio comunale di Squinzano ha posto come condizione ineludibile al possibile arrivo del Tap entro i confini municipali la trasformazione della non lontana centrale a carbone di Cerano in un più moderno impianto alimentato a gas naturale.
Per motivi di trasparenza, sarebbe quanto mai opportuno che il governo facesse chiarezza sia sull’itinerario preciso dell’opera, sia sugli eventuali passaggi di proprietà dei terreni che saranno attraversati dal “tubo” lungo i 55 chilometri compresi tra Melendugno e Mesagne.
A chi appartenevano quei terreni, a chi appartengono oggi?
Che tipo di contratti sono stati stipulati con i proprietari? Perchè il Tap deve assolutamente approdare a San Foca e non altrove?
Perchè tutti gli altri siti esaminati durante l’iter autorizzativo sono stati scartati? E quali sono questi altri siti?
In Commissione antimafia, durante una sua audizione, Emiliano ha posto una serie di interrogativi sul Tap. Sono stati presi in considerazione?
Nessuno mette in discussione la necessità di un’opera importante per un paese manifatturiero con una forte dipendenza dagli approvvigionamenti esteri di gas naturale. Tanto meno Emiliano.
Però non è la prima volta che un’attività industriale collegata al settore dell’energia suscita appetiti inconfessabili, soprattutto al Sud.
Negli anni ’50, in Sicilia, la realizzazione del petrolchimico di Gela da parte dell’Eni arricchì i vecchi proprietari dei terreni su cui sorge l’impianto, e sembra che la mafia ne avesse fatto incetta essendo stata informata anzitempo dei progetti dell’allora ente petrolifero.
E intorno al rigassificatore di Panigaglia, costruito negli anni ’60 dalla Esso in una delle più belle località del golfo di La Spezia (oggi di proprietà della Snam), sembra abbia costruito parte delle proprie fortune un altissimo dirigente dell’Eni il quale sarebbe stato azionista occulto della società che gestiva il traffico delle navi metaniere per il trasporto del gas liquefatto dalla Libia alla Liguria.
La storia non si ripete mai uguale, ma ignorarla del tutto sarebbe un errore imperdonabile.
(da “Business Insider”)
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