GELO SU FINI DOPO L’ATTACCO A FDI SUL 25 APRILE
INVECE DELLA MELONI PARLA IL COGNATO LOLLOBRIGIDA: “NON E’ IL SUO TEMPO”
Rieccoli, il vecchio capo e l’allieva. Anche se quest’ultimo termine non piace a nessuno dei due: anzi, Gianfranco Fini, che sarebbe il vecchio capo, di recente ha detto in tv a Pierluigi Diaco che lui non ha allevato nessuno, al massimo i suoi tre figli. Figuriamoci Giorgia Meloni.
Di certo l’ultima uscita dell’ex presidente della Camera, quell’apparente strigliata a due giorni dal primo 25 aprile di un governo di Destra, è come un sasso gettato alla finestra dell’inquilina di Palazzo Chigi. Arriva, colpisce nel segno, non viene rigettato indietro.
La storia è questa: Fini, che fra il 2006 e il 2008 aveva voluto una giovanissima Meloni prima vicepresidente della Camera e poi ministro della Gioventù, si era poi inabissato dopo l’amara esperienza di Futuro e Libertà. L’attuale premier aveva visto prima con diffidenza la fusione di An nel Pdl e poi non aveva condiviso la rottura culminata con la nascita di Futuro e libertà. Anzi: “Non mi capacito di come l’uomo che aveva dedicato una vita a far crescere la destra in Italia, che l’aveva tirata fuori dai margini dell’arco costituzionale per farne una forza di governo — scrive Meloni nel suo libro — abbia fatto tutto ciò che poteva per distruggere quel patrimonio”.
D’altra parte, non è che Fini sia andato leggero quando Meloni, con Ignazio La Russa e Guido Crosetto, aveva creato nel 2003 Fratelli d’Italia: “Bambini cresciuti, e viziati, che vogliono imitare i fratelli maggiori senza capire che le condizioni in cui si trovano sono completamente diverse”.
Da allora più o meno dieci anni di silenzio, con Fini alle prese con i guai giudiziari legati alla vicenda della casa di Montecarlo. Poi, più o meno in coincidenza con l’ascesa di Meloni a Chigi, la ripresa dei contatti — qualche messaggio, alcune telefonate — e un misurato ritorno sulla scena del fondatore di An. Per benedire Meloni: “Non è una fascista, scommetto su di lei”, disse Fini alla stampa estera.
Una nuova apertura di credito e anche — secondo i maligni — un tentativo di riacquistare centralità magari in vista di una candidatura alle Europee. Meloni ne ha preso atto mettendo da parte l’acredine, più diffidenti molti colonnelli di Fdi che da amici si erano trasformati in rivali. Con l’eccezione di La Russa, sempre rimasto in buoni rapporti con l’ex numero uno di Montecitorio.
Con il trascorrere dei mesi, Fini ha capito che — al di là dei meriti riconosciuti — il governo più a destra della storia fa fatica ad affrancarsi dalla storia più buia di questa parte politica, che lui pensava di aver chiuso con Fiuggi.
Ed ecco la decisione dell’ex leader di lanciare l’ultimo messaggio. Una bacchettata, ma insieme uno sprone. Di certo, nulla di concordato: Fini e Meloni non si sono sentiti negli ultimi giorni.
L’avvertimento che giunge dal vecchio capo è chiaro: “Attenzione, perché sul ripudio del fascismo — il senso del ragionamento — non si stanno facendo passi avanti. E il palco se lo stanno prendendo proprio i colonnelli, o i generali, quali La Russa o Lollobrigida che lasciano ampi margini di ambiguità”.
L’unica speranza, il segnale di Fini, è quello di ricordare proprio la storia e la svolta di An e la cesura che si fece nel 1994. Ripartire da lì, utilizzando la ricorrenza della Festa della liberazione: “Fini stimola Meloni a chiudere il cerchio e fermare le polemiche facendo proprie le tesi di Fiuggi con forza e chiarezza”, ribadisce un uomo che è stato molto vicino all’ex presidente della Camera.
Meloni, anche senza il monito di Fini, negli ultimi giorni si è mossa per stemperare un clima che attorno al 25 aprile si stava facendo incandescente: con l’invito rivolto ai suoi a evitare le polemiche e ad essere presenti alle celebrazioni.
Ma non è ancora chiaro cosa farà la premier, domani, dopo l’omaggio all’altare della Patria. Ed è davanti a un bivio: cercherà, anche sulla scorta delle parole di Fini, di modificare il cammino di una destra di governo che cerca di accreditarsi in Europa ma non chiarisce le sue contraddizioni di fondo? Di certo, Meloni ieri ha scelto il silenzio.
Ma come la si pensi, dalle sue parti, lo chiarisce Lollobrigida: “Fini viene spesso strumentalizzato dalla sinistra. Spero sia in buona fede ma i suoi obbiettivi secondari non li conosco e nemmeno mi interessano. L’unica certezza è che Giorgia Meloni è riuscita in quello che lui non è stato in grado di realizzare. Certamente sarebbe ingeneroso non ricordare che all’epoca fu certamente importante il ruolo che Fini ebbe ma a tante cose buone — prosegue il ministro — ne corrispondono altre meno nobili che vanificarono molti risultati ottenuti. Ognuno ha la sua storia e ognuno dovrebbe sapere qual è il suo tempo”.
(da La Repubblica)
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