GENOVA, BARBONE UCCISO DAL FREDDO: IL COMUNE DELLA VERGOGNA
LO STATO ASSENTE, IL COMUNE LATITANTE, I BUONI BORGHESI PREOCCUPATI DEL DECORO URBANO… ECCO I RESPONSABILI DELLA MORTE DI UNO DEI 1000 CLOCHARD CHE OGNI NOTTE DORMONO PER STRADA A GENOVA AL GELO… LA CHIESA E I VOLONTARI FANNO IL LORO DOVERE…GLI ALTRI PENSANO SOLO A TENERE IL CULO AL CALDO SULLA POLTRONA
Babu Khadka Raja è morto in strada, di freddo. O meglio per ipotermia, a dirla come il medico legale, che si è sommata ad altri malanni di questo clochard nepalese di 43 anni, in Italia da venti, con alterna fortuna. Ma Babu non è morto in una periferia dura, in un rudere abbandonato o in una arrugginita carcassa d’auto.
Si è addormentato senza più risvegliarsi accanto all’entrata del teatro Carlo Felice di Genova, quello che ospita l’opera, il balletto, i grandi nomi. A venti metri da quella Piazza De Ferrari simbolo restaurato e blasonato di Genova.
Babu si è spento dietro una colonna che lo nascondeva agli occhi e all’indifferenza di chi, in questi giorni, entrava e usciva dalla biglietteria in cerca di un tagliando.
E’ morto a poche ore dalla festa di Capodanno in un grande Comune che ha pensato di spendere soldi per il concerto di Jovanotti “per qualificare la sua vicinanza” ai cittadini.
I suoi compagni di strada hanno accusato Comune e vigili municipali di aver loro sottratto, qualche giorno prima, le coperte per indurli a andarsene da quel luogo, in seguito alla protesta di qualche buon borghese che voleva entrare a teatro senza subire la vista sgradevole dei clochard. L’importante, a Genova come altrove, è “non vedere” la povertà , esorcizzare i mali della nostra società , lavarsene le mani e curare solo i propri egoismi.
Non ha importanza lo “sporco” che cova dentro di sè qualcuno di quelli che hanno chiamato le forze dell’ordine per lamentarsi dell’insulto al “decoro urbano”, è rilevante solo che la signora impellicciata possa entrare a teatro senza essere “disturbata” dalla vista della miseria.
La sindaco diessina sostiene che il Comune ha aumentato il proprio impegno per assistere i bisognosi, in realtà solo la Curia e le associazioni di volontariato, prime fra tutti le Comunità di Sant’Egidio, di Sant’Eusebio, di San Marcellino e la Caritas, fanno qualcosa di concreto, assistendo i circa 1000/1600 clochard che passano la notte per strada.
Dal mondo del volontariato sale il grido di allarme: “Siamo allo stremo, non abbiamo più letti. Le istituzioni facciano qualcosa: al Massoero hanno 80 posti liberi, cosa aspettano?”
Il cardinal Bagnasco ha lanciato appelli alle istituzioni e alla cittadinanza, ha mobilitato le strutture cattoliche, sta facendo il massimo che può. Ma lo Stato è assente, il Comune latitante, i politici intenti solo a tenere al caldo il culo sulla poltrona.
L’esercito dei”invisibili” aumenta costantemente, a Genova siamo arrivati anche a 1.600, tra cui circa 200 donne, ognuno con problemi diversi, bisognosi di un tetto e un pasto caldo, spesso di cure mediche.
Clochard storici, ma anche immigrati senza casa, pensionati che la casa l’hanno persa, nuovi poveri. Spesso fianco a fianco, a pochi metri di distanza, si sfiorano senza incontrarsi mai vite diverse, sogni, speranze e sofferenze.
Certo, molti rifiutano il dormitorio, ma spesso occorrerebbe scavare nelle loro motivazioni profonde e dolorose, bisognerebbe avere degli psicologi, delle strutture da Paese civile, degli alloggi adeguati da offrire, non solo l’indifferenza.
I volontari delle Comunità quasi ogni notte girano per distribuire qualcosa di caldo e qualche panino, qualche coperta, un sorriso. Ma il volto dello Stato e delle istituzioni è assente su quella che dovrebbe essere la priorità di una società civile: la tutela della vita.
In una società normale nessuno dovrebbe essere “senzatetto” e il primo problema da risolvere dovrebbe essere questo, non le beghe di potere. I politici dovrebbero scendere in strada, girare la notte con le Comunità , imparare a conoscere, analizzare e trovare soluzioni.
I soldi, quando sono pochi, vanno spesi nel sociale, non per le notti bianche e per dare consulenze agli amici degli amici.
Una città “pulita” si ricostruisce non nascondendo la polvere sotto il tappeto, ma “purificando le coscienze” con una nuova etica sociale, una vera solidarietà tra esseri umani, una condivisione dei problemi, l’assoluta volontà di affrontarli e risolverli.
Vogliamo un sindaco “di strada”, che “consumi le suole e riscaldi i cuori”, che tenda la mano al popolo e distribuisca calci agli egoismi, che sia visibile anche per gli “invisibili”, vogliamo vigili al servizio della città non intenti solo a compilare multe, vogliamo che siano rispettati i doveri, ma anche i diritti a una vita decorosa.
Non vogliamo troppo, vogliamo il giusto.
A destra ci si sta così.
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