GLI USA SCENDONO IN CAMPO E LA BCE COMMISSARIA BERLUSCONI
L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO AL TESORO TIM GEITHNER CONVINCE LA MERKEL A DARE IN VIA LIBERA ALL’ACQUISTO DEI TITOLI PUBBLICI ITALIANI…IL FORCING DI SARKOZY PREOCCUPATO DALLA CRISI DEI TITOLI FRANCESI…LA CASA BIANCA RINGRAZIA PARIGI E BERLINO PER IL “RUOLO GUIDA”
“La Bce ha commissariato l’Italia, Trichet governa a Roma su mandato di Germania e Francia”.
Sono le 13 a Wall Street, manca un’ora e mezza alla conferenza stampa di Silvio Berlusconi in Italia, e i mercati sanno già tutto.
Un “gabinetto di crisi” sovranazionale ha dato mandato alla Bce per scrivere l’agenda del governo italiano.
“Anticipo dei tagli al deficit; pareggio di bilancio nella Costituzione; liberalizzazioni dei mercati”: in tre diktat, è l’anticipazione che la Borsa americana apprende molto prima dei cittadini italiani.
La fonte che firma lo scoop è l’agenzia Dow Jones, le gole profonde stanno al Tesoro di Washington e alla Federal Reserve, e subito gli indici di Borsa recuperano.
Barack Obama a tarda sera di venerdì si mette al telefono con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che “ringrazia per la loro leadership”.
A mezzanotte ora italiana non c’erano invece conferme di telefonate con Berlusconi.
Il segretario al Tesoro Tim Geithner è al lavoro dietro le quinte fin da giovedì sera. È costretto a un intervento eccezionale sui governi europei dopo il tracollo di 513 punti del New York Stock Exchange.
I suoi interlocutori privilegiati sono il leader francese che è anche presidente di turno del G7 e G20; la cancelliera tedesca; il presidente della Bce. L’obiettivo è far passare uno schema familiare a Geithner, che si fece le ossa al Fmi e nella diplomazia Usa quando i focolai di crisi erano Thailandia, Argentina, Brasile.
Per spegnerli, arrivavano gli esperti del Fmi con i diktat del “Washington consensus” nelle loro valigette.
Commissariamento dei governi inaffidabili, in cambio di aiuti.
È la ricetta che ieri Geithner ha caldeggiato nel corso della giornata, nelle sue ripetute triangolazioni con Berlino, Parigi, Francoforte.
A Berlusconi le condizioni sono state anticipate a metà pomeriggio dal presidente Ue Herman Van Rompuy e dal commissario all’Economia Olli Rehn: “l’Italia deve accelerare il suo risanamento”, prendere o lasciare.
Sarkozy e Geithner hanno confermato, costringendo il premier italiano alla conferenza stampa.
Ben più difficile era convincere la Merkel.
Sull’altro piatto della bilancia, infatti, al commissariamento dell’Italia da parte di un gabinetto di crisi corrisponde l’intervento della Bce per acquisti di titoli pubblici italiani.
Uno strappo alle regole del rigore monetario. Un’operazione contrastata dalla squadra tedesca in seno alla Bce: il capo della Bundesbank Jens Weidmann, il chief economist Juergen Stark, più gli alleati olandesi e lussemburghesi.
Ma Sarkozy ieri mattina ha capito di dover fare un pressing estremo su Berlino, quando ha visto allargarsi di nuovo lo spread dei tassi francesi su quelli tedeschi.
A dargli man forte sono intervenuti gli americani.
“Attenzione a non ripetere l’effetto Lehman – hanno detto gli uomini di Geithner agli europei – quando quella banca fu lasciata fallire nel 2008, nessuno capì che ne avrebbe trascinate molte altre a picco, e di più grosse”. Chiara l’antifona: “l’Italia ha il terzo debito pubblico mondiale in valore assoluto, se avanza verso il default non vi basterà triplicare il fondo di salvataggio europeo”.
È intervenuto Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve, con dati inquietanti sull’esposizione delle stesse banche americane al debito pubblico italiano; figurarsi quelle francesi e tedesche.
A rafforzare le pressioni americane sulla Merkel, si sono aggiunte due voci autorevoli dall’Estremo Oriente: Cina e Giappone, due mercati strategici per il made in Germany.
I governi di Pechino e Tokyo hanno chiesto un'”azione coordinata” per arginare il panico creato nel giovedì nero dallo spettro del default italiano.
Per smuovere la Merkel il contributo finale lo ha dato Trichet.
“Il presidente della Bce sta facendo un lavoro straordinario, dobbiamo dargli atto del ruolo prezioso durante questa crisi”, confida Geithner ai collaboratori. La mossa chiave di Trichet, è proprio quella che i mercati non hanno capito giovedì, e che ha provocato il panico. Nelle ore terribili in cui Milano perdeva il 5% e poi andava in tilt, a contenere le perdite iniziali delle altre Borse si era la diffusa la voce che la Bce avrebbe acquistato Btp italiani e bond spagnoli. Invece niente.
A sorpresa gli acquisti si erano limitati ai titoli portoghesi e irlandesi.
La delusione per il mancato sostegno all’Italia aveva contribuito al tracollo del Dow Jones, la capitolazione finale.
Geithner e Bernanke erano stati fra i primi a chiedere spiegazioni. Ieri la vicenda si è sciolta: il giovedì nero “è servito”, la Bce ha mostrato i muscoli alla Merkel e a Roma.
Una prova di forza giocata sul filo del terrore: per costringere Berlusconi a ingoiare qualsiasi imposizione esterna; per mostrare alla Merkel fin dove poteva degenerare il panico dei mercati.
“Non possiamo correre il rischio che un altro focolaio di crisi nell’eurozona uccida le speranze di una ripresa”, è l’imperativo che Obama ha sottolineato ai suoi ieri pomeriggio, prima di chiamare i leader europei.
Il presidente ha incassato ieri mattina un dato di 117.000 assunzioni, meno negativo di quanto temeva, ha annunciato una nuova manovra per l’occupazione, ma ricorda che un anno fa il crac greco diffuse la sfiducia sui mercati, soffocò i germogli della crescita americana.
Oggi è ancora peggio: l’America è già sull’orlo della ricaduta in recessione, il default di Roma va evitato ad ogni costo.
Il pacchetto delle direttive confezionato tra Parigi e Francoforte, Berlino e Washington, a Berlusconi è stato consegnato a scatola chiusa.
Il gabinetto sovranazionale di crisi ha avuto il suo battesimo di fuoco.
Ora i mercati lo attendono al varco, e già ieri cominciavano a serpeggiare i primi dubbi: per esempio sul valore che ha, in Italia, un obbligo di pareggio del bilancio scritto nella Costituzione.
Federico Rampini
(da “La Repubblica”)
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