GOOD MORNING, AFGHANISTAN
GLI AMERICANI SE NE VANNO LASCIANDOSI DIETRO UNA SCIA DI DISASTRI COME IN VIETNAM
Chi ha più di 60 anni ricorda il disastro Vietnam: nel 1975, quando gli Usa se ne andarono, arrivò una dittatura comunista che dura tuttora e produsse milioni di profughi (fra cui i boat-people, con 250mila annegati) più una guerra contro la Cina.
In Cambogia, peggio: ecco Pol Pot e il più grosso genocidio della storia umana, in proporzione agli abitanti: tre milioni di cambogiani ‘borghesi’ sterminati su 7,5 milioni di abitanti in soli tre anni e mezzo.
Ora i talebani stanno per prendere Kabul. Non in sei mesi, come prevedevano gli americani, ma in pochi giorni. Sempre attendibile, la Cia.
L’Afghanistan diventerà un altro stato islamista da incubo come quello Isis in Siria e Iraq fino al 2017? O una nuova base mondiale per i terroristi, come ai tempi di Al Qaeda?
Non ci resta che auspicare un incubo minore: la solita teocrazia islamica già al potere negli anni 90 fino al 2001, donne schiavizzate in casa, monumenti non musulmani distrutti, un simpatico medioevo solo un po’ peggiore di Iran e Arabia Saudita.
Ma almeno senza ambizioni di esportare la loro ‘guerra santa’ nel mondo. E se proprio i talebani dovessero debordare (chi li arma?), speriamo che la prossimità geografica li indirizzi più contro Russia (remember Beslam?) e Cina (poveri uiguri) che verso l’Occidente.
Ah, grazie presidente Bush junior per questi vent’anni di guerra e occupazione inutili, cui ha contribuito anche l’Italia (con otto miliardi di euro e 55 morti, il doppio della strage irachena di Nassiriya).
Tutti lo avvertivano che l’Afghanistan è da sempre indomabile, come dimostrato dalle sconfitte inglese e sovietica.
Niente da fare: il complesso militare industriale Usa non poteva lasciarsi scappare un’occasione così ghiotta di spesa militare (mille miliardi di dollari) e profitti immensi, dopo la fine della guerra fredda.
Ci dispiace per le giovani afghane delle splendide foto di McCurry, che erano uscite felici di casa e avevano cominciato a studiare.
Ricorderemo con ammirazione almeno estetica, se non politica, il primo presidente dell’Afghanistan (per troppo poco) democratico, Karzai: elegantissimo, un vero signore.
Purtroppo naufragano le velleità degli ‘esportatori di democrazia’, in buona (con Emma Bonino ci avevo creduto anch’io) e cattiva fede (i neocon Usa). Hanno vinto i burka. E Massimo Fini, solitario fan italiano del mullah Omar.
Unici indifferenti, i coltivatori di papaveri. Quelli hanno continuato tranquilli a produrre oppio sotto qualsiasi regime: sovietici, talebani, americani.
(da Huffingtonpost)
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