GOVERNO E DOSSIER CASA: IL RITORNO DELL’ICI E TASSE PIU’ ALTE PER CHI POSSIEDE PIU’ IMMOBILI, POI TOCCHERA’ AI REDDITI FINANZIARI
SI PENSA DI POTER INCASSARE 10 MILIARDI L’ANNO E NON I 3,5 CERTIFICATI DA TREMONTI…AGGIORNAMENTO IMMEDIATO DELLE RENDITE CATASTALI, FERME DA 15 ANNI
Il ritorno dell’Ici, la tassa sulla prima casa abolita da Berlusconi nel 2008, è quasi sicuro, magari sotto forma di anticipo dell’Imu, l’imposta municipale unica prevista dal federalismo fiscale.
E forse sarà rafforzata sia aggiornando le rendite catastali ferme a 15 anni fa sia aumentandola in modo progressivo in rapporto al numero di appartamenti posseduti.
Quindi andando oltre il concetto della prima casa, pensando di portare in cassa circa 10 miliardi l’anno (contro i 3,5 certificati da Giulio Tremonti per la vecchia Ici) che andrebbe a compensare l’introduzione della cedolare secca per gli affitti introdotta l’anno scorso a tutto vantaggio dei proprietari.
A seguire il governo Monti potrebbe introdurre la patrimoniale su rendite, contanti, azioni, fondi e obbligazioni – molti i progetti in campo da versioni soft a stangate in grado di ridurre il debito pubblico di un quarto – una condizione pregiudiziale per conquistare il consenso sindacale e passare a toccare le pensioni e il mercato del lavoro.
Uno snodo importante che Monti e Corrado Passera vogliono risolvere aprendo un tavolo con sindacati e imprenditori.
La logica con cui si muove Palazzo Chigi è quella dell’«azzeramento del deficit, riavvio della crescita e riduzione del debito» come spiegava l’allora numero uno di Intesa durante i lavori del workshop Ambrosetti a settembre.
Utilizzando l’esperienza del nuovo ministro per i Rapporti col Parlamento Piero Giarda, nei prossimi giorni partirà una sorta di due diligence sull’effettivo stato del federalismo.
Poi si passerà alle dismissioni del patrimonio immobiliare dello Stato, alla privatizzazione e liberalizzazione delle società controllate dagli enti locali come da anni chiede Confindustria.
Altro capitolo centrale sarà quello della deregulation su molti settori finora poco esposti alla concorrenza come gli ordini professionali, le reti dei servizi tra cui i distributori dei carburanti, quella del gas, i trasporti regionali.
Molti i dossier pronti ma semplicemente bloccati dalla rissosità del vecchio esecutivo.
Roberto Bagnoli
(da “Il Corriere della Sera“)
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