I DELIRANTI CALCOLI DI MARIO ADINOLFI SUI RISULTATI DEL POPOLO DELLA FAMIGLIA CON CUI CERCA DI MASCHERARE IL FLOP
“SIAMO IL QUARTO POLO”: IN REALTA’ HA PRESO SOLO 8.759 VOTI IN 14 COMUNI
Il giorno dopo le elezioni nessuno si stupisce troppo delle sciocchezze pronunciate dai leader di partiti e movimenti. Tra chi si premura di dire di aver vinto e chi si affretta a ricordare di non aver perso è spesso difficile trovare un vincitore nella graduatoria della sparata post elettorale.
Per nostra fortuna, tuttavia, quest’anno viene in nostro soccorso Mario Adinolfi, ex candidato segretario del Pd e membro della segreteria democratica e da qualche anno leader del “Popolo della famiglia”, movimento sempre in prima linea contro “la teoria del gender” e spesso finito al centro delle cronache per sparate omofobe .
Il motivo per cui Adinolfi stavolta merita 5 minuti del nostro tempo è la sua analisi post voto, in cui afferma che il “Popolo della famiglia” sarebbe ormai il “quarto polo” della politica italiana, dopo centrosinistra, centrodestra e 5 stelle.
“Il Popolo della Famiglia dimostra con le amministrative 2017 d’essere un movimento radicato e popolare, che ha la soglia di sbarramento nazionale del 3% alle politiche già dentro al mirino – si legge sul Facebook ufficiale del movimento – La media nazionale di queste amministrative è proprio immediatamente a ridosso del 3%. […] Il quadro politico del paese è diviso in tre tronconi: centrodestra e centrosinistra che si sfidano ai ballottaggi, M5S che soffre una concreta emorragia di consensi, parte dei quali vengono intercettati dal Popolo della Famiglia che cresce proponendosi come solo vero quarto polo, come alternativa politica alle coalizioni esistenti in termini di approdo valoriale, a difesa della famiglia naturale e dei principi essenziali e per questo non negoziabili, dunque con un’identità molto definita e come tale percepita e premiata dal cittadino elettore”.
Il buon Adinolfi sciorina tutta una serie di numeri e percentuali per dimostrare la sua teoria del quarto polo.
Peccato che, proprio come la teoria del gender, questa storia del quarto polo sia una gigantesca bufala.
Prendendo infatti tutti i casi citati da Adinolfi, riverificandoli e sommando il tutto sapete cosa si ottiene?
8.759 voti in 14 comuni. E questi sarebbero i numeri del “quarto polo”
Ma andiamo più nel dettaglio e vediamo i casi e le cifre citate da Adinolfi con, di fianco le mie precisazioni (prese dal sito del ministero dell’interno)
Adinolfi segnala i seguenti risultati:
Pietro Marcazzan – Goito: 14.86% – Lista arrivata terza su tre con in totale 711 voti;
Mirko De Carli – Riolo: 14.38% – Lista arrivata terza su tre con in totale 355 voti;
Emanuele Locci – Alessandria: 7.03% – Il Popolo della famiglia ha preso in realtà lo 0,84% e 323 voti. Il 7% si riferisce alla somma di tre civiche;
Mirco Ghirlanda – Zevio: 4.75% – Lista arrivata quinta su 5 con in totale 337 voti;
Gianfranco Zecchinato Gallo – Teolo: 3.66% – Lista arrivata quinta su 5 con in totale 165 voti;
Filippo Grigolini – Verona: 3.36% – Questo in effetti è un buon risultato: 3.723 voti;
Lorenzo Damiano – Conegliano: 2.97% – 396 voti totali;
Luca Grossi – Crema: 2.93% – Lista arrivata quinta su 5 con 379 voti
Alberto Cerutti – Borgomanero: 2.77% – Lista arrivata sesta su sei con 259 voti;
Maurizio Schininà – Savigliano: 2.22% – Lista arrivata quinta su 5 con in totale 199 voti
Luigi Sposato – Padova: 1.56% – Lista che ha preso in realtà lo 0,27% e 245 voti;
Manuela Ponti – Monza: 1.26% – Lista arrivata settima su 7 con 579 voti;
Lucianella Presta – Grugliasco: 1.11% – Lista arrivata ottava su 8 con 176 voti totali;
Stefano Arrighi – Genova: 0.39% – Lista arrivata addirittura nona su nove con 912 vot
Ai casi sopra citati andrebbero aggiunti un paio di comuni in cui il Popolo della famiglia si è presentato in coalizione, ma che poco cambiano sotto un aspetto numerico
Ora che conoscete le cifre nel dettaglio ditemi voi con quanta onestà intellettuale si può affermare, con neppure 9mila voti, di aver fondato il quarto polo della politica.
Benvenuti in Italia…
(da “L’Espresso”)
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