I NUOVI SCHIAVI DEL LAVORO: GLI WORKING POOR SONO ITALIANI
HANNO UNA LAUREA NEL CASSETTO, LAVORANO FINO A DIECI ORE AL GIORNO SENZA GARANZIE E TUTELE, MA NON RIESCONO A CAMPARE… MENTRE I LORO MANAGER GUADAGNANO FINO A CENTO VOLTE DI PIÙ
Sono italiani, lavorano fino a dieci ore al giorno, senza riposi, ferie e weekend, ma non riescono a campare.
Storie di addetti alle pulizie, operatori di call center, ma anche medici, ricercatori, avvocati, hostess.
Ecco le loro buste paga da 700 e 1.200 euro al mese. Mentre i loro manager prendono anche cento volte di più.
“Tradizionalmente la povertà è stata associata alla mancanza di lavoro (…) più recentemente questi confini sono diventati più sfumati e anche categorie di lavoratori regolarmente occupati si trovano di fatto in condizioni di povertà ”.
La sostanza del problema di cui ci occupiamo in questa inchiesta è così riassunto dall’ultimo rapporto Cnel sul mercato del lavoro.
L’analisi sugli “working poor”, i lavoratori poveri che pur lavorando non riescono a raggiungere una soglia dignitosa di reddito, è diventata ormai essenziale in tutte le indagini sul mondo del lavoro.
Secondo il rapporto in questione, infatti, in Italia, nel 2010, erano il 12,5% della forza lavoro, calcolati con i criteri di misurazione definiti in ambito internazionale (Eurostat, Ilo, Ocse).
Ma nel 2011 erano già saliti al 14,3%.
Gli working poor, cioè i lavoratori “a basso salario” sono coloro la cui retribuzione è inferiore ai due terzi “della mediana della distribuzione dei salari orari”.
In Italia questa media è pari a 11,9 euro lordi contro i 13,2 euro dell’area euro. Il basso salario nel nostro paese, quindi, è indicato in 7,9 euro lordi l’o ra , circa 5,5 euro netti orari, 800-900 euro al mese.
Troppo poco per vivere ma abbastanza per essere considerati lavoratori, o lavoratrici, a tutti gli effetti.
La contraddizione è tutta qui, in questo conflitto tra lo status percepito e quello vissuto concretamente nella vita di tutti i giorni.
Ci si alza la mattina presto (si veda la pagina seguente), si va al lavoro con orari sempre più lunghi, si torna a casa, magari con la valigetta 24 ore e, in un mondo di disoccupazione crescente, si è visti come persone fortunate.
Eppure, a fine mese, quando la busta paga fa a pugni con le bollette, ci si accorge di essere poveri, di non potercela fare, di essere costretti a correre ancora più forte per campare.
La situazione è stata aggravata fortemente dalla crisi economica i cui effetti si sono fatti sentire con qualche anno di ritardo.
Ecco perchè l’offerta di Matteo Renzi di mettere nelle busta paga di maggio 80 euro per ogni lavoratore dipendente sotto i 1500 euro al mese, fa tanta presa a livello generale.
Un aumento di quelle dimensioni non è stato realizzato con nessuno dei più importanti rinnovi contrattuali.
In questo senso l’ipotesi di un salario minimo orario per legge potrebbe costituire un deterrente.
La Germania l’ha fissato in 8,5 euro, Obama in 10 dollari (7,5 euro). L’Italia non ce l’ha.
I sindacati temono che possa ridurre i salari attuali. Ma i lavoratori poveri hanno bisogno di una qualche risposta.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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