I PALLONI GONFIATI SGONFIANO REDDITO E QUOTA 100
SLITTANO LE MISURE CARE A SALVINI E DI MAIO… OBIETTIVO RISPARMIARE 3-4 MILIARDI SPERANDO CHE L’EUROPA NON PROCEDA CONTRO L’ITALIA
“La dobbiamo smettere tutti con i numerini, cambiamo registro”. Giuseppe Conte entra nella sala riunioni dove lo aspettano Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Con loro anche Giovanni Tria, Riccardo Fraccaro, Giancarlo Giorgetti, Laura Castelli e Massimo Garavaglia. Affrontano brevemente gli emendamenti di maggioranza alla manovra, e quelli del governo.
La decisione su quelli che avranno disco verde è facile e rapida. Non intaccano il cuore della manovra. Non quelli almeno. Poi il discorso vira sulla cena del premier con Jean Claude Juncker. E si inizia a fare sul serio.
“Dobbiamo abbassare i toni – spiega il premier – e mandare un segnale a Bruxelles. Non diamo alibi a Bruxelles”. A Palazzo Chigi non se ne fa una questione di mera contabilità . La trattativa è sì sui numeri, ma ha anche una profonda sostanza politica. Un segno di buona volontà , unito a un discorso pubblico che silenzi le staffilate quotidiane, sono visti come prodromi per riallacciare il filo della trattativa.
Segnale che, denari alla mano, equivale a tagliare circa quattro miliardi dal fondo per l’attuazione del programma di governo.
Quello che serve a finanziare reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni. E sommarli ai 5 già stanziati per gli investimenti.
Capitoli di spesa “sviluppisti”, molto più graditi alla Commissione rispetto a quelli assistenzialisti chiave di Lega e Movimento 5 stelle.
E l’esecutivo spera che, dirottandone una buona parte sul dissesto idrogeologico, quest’ultima mossa porti la parte dedicata del tesoretto ad essere scorporata dal computo del deficit.
Se basterà o meno a Bruxelles è una grande incognita. “Certo, se ci dicessero scendete al 2,2% del rapporto deficit/Pil e blocchiamo la procedura d’infrazione saremmo disposti a farlo”, si ragiona a Palazzo Chigi, ben sapendo che la situazione è assai più ingarbugliata. Ma la sfida è spostare soldi da una parte all’altra della legge di bilancio, abbassando l’asticella alla prova dei fatti ma lasciandola al momento nominalmente invariata.
La road map della metamorfosi del governo gialloverde sulla manovra prevede due livelli, di fatto due tentativi.
Il primo è quello dello snellimento di quota 100 e del reddito di cittadinanza: meno risorse, per il 2019, rispetto a quelle messe nero su bianco nella manovra. Si farà affidamento a una cifra inferiore ai 6,7 miliardi previsti per i pensionamenti anticipati e ai 9 miliardi per la misura cara ai pentastellati: in totale circa 3-4 miliardi in meno. Gli importi esatti si conosceranno tra qualche giorno e toccherà a Tria fare i conti.
Il mandato di Di Maio e Salvini è quanto mai puntuale: ridurre il costo delle due misure, facendole slittare, ma entro un limite massimo e cioè maggio.
Ci sono le elezioni europee e il rischio che i due azionisti di governo vogliono assolutamente evitare è una campagna elettorale con il reddito e la quota 100 ancora sulla carta.
Il risparmio, come si diceva, arriverà dallo slittamento dell’entrata in vigore delle due misure. Non dovrebbe cambiare, invece, la struttura stessa del reddito e della quota 100.
Per sgonfiare i costi di quest’ultima, il Carroccio sta pensando di diluire il timing delle finestre previste per permettere di andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi. Si dovrebbe partire a maggio e l’ultima finestra verrebbe posticipata al 2020: un’ulteriore stretta all’esborso chiesto allo Stato per far fronte al pagamento anticipato degli assegni pensionistici.
Anche i 5 Stelle puntano tutto sul fattore slittamento per portare la loro quota di risparmio a Bruxelles.
L’obiettivo è quello di confermare l’importo mensile di 780 euro e di non restringere perciò la platea dei beneficiari, circa 4,5 milioni di cittadini. In questo ragionamento rientra anche la conferma di tenere l’asticella dell’Isee (l’indicatore che misura la condizione economica ndr) a 9.360 euro. Non tutto il reddito andrà nelle tasche dei cittadini. Nello schema, infatti, rientra anche uno sgravio contributivo per le imprese che assumono: sarà pari a tre mensilità di reddito (sei mensilità per i lavoratori “vulnerabili” come le donne) che, con l’assunzione di che ne beneficia, saranno trasferiti appunto all’azienda.
In attesa dei conti che faranno i tecnici del Tesoro si pensa già al piano b, quello che sarà necessario mettere in campo se da Bruxelles arriverà il no all’idea di trasferire parte dell’extra deficit da reddito e quota 100 agli investimenti.
In quel caso bisognerà cambiare il valore numerico del deficit, portandolo dal 2,4% al 2,2 per cento. Al termine del vertice il balcone di palazzo Chigi resta chiuso.
La notte dei festeggiamenti pentastellati per l’autoproclamazione del 2,4% (e per tre anni) è già preistoria.
(da “Huffingtonpost”)
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