I PM: PROCESSATE PENATI PER LA TANGENTOPOLI DI SESTO
IL PD SI SVEGLIA: ORA DEVE DIMETTERSI… L’IMPUTATO: “GIUDICATEMI SUBITO, SONO INNOCENTE”
Bastano sette pagine ai pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, per riassumere quasi due anni di indagini e chiedere il processo per Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, e per altri 22 indagati.
Nella richiesta di rinvio a giudizio, accuse che abbracciano oltre dieci anni di politica, a Sesto San Giovanni e in Provincia, e una mole di affari sospetti che vanno dalla riqualificazione dell’area ex Falck agli appalti della Serravalle.
«Sono estraneo alle accuse – insiste Penati – chiederò il processo immediato». Se però il gup lo rinvierà a giudizio lui e il suo ex capo di gabinetto Giordano Vimercati, dovranno rispondere di concussione, corruzione e finanziamento illecito.
La procura li definisce il «direttorio finanziario democratico» con un «peccato originale» da scontare: «Gli ingenti finanziamenti percepiti che condizionano le decisioni di Penati».
Con loro ci sono l’ex segretario della Provincia, Antonino Princiotta, l’imprenditore Piero Di Caterina, accusatore del “Sistema Sesto”, banchieri e imprenditori.
Insieme a Udc, Sel e Idv, anche il Pd in Regione chiede le dimissioni.
«Se il gup decretasse il rinvio a giudizio per gravi ipotesi di reato, siamo certi che Penati per primo ne trarrebbe le immediate conseguenze».
L’AREA EX MARELLI
Penati, Vimercati e Di Caterina dovranno rispondere di concussione per la riqualificazione della ex Marelli.
Secondo i pm, avrebbero «indotto» l’imprenditore Giuseppe Pasini «a una permuta di terreni a condizioni inique», con «un conguaglio di un miliardo 250 milioni di lire a Di Caterina» come «condizione per l’attuazione dell’intervento sull’area».
L’IMPOSIZIONE DELLE COOP
Chiesto il processo per concussione anche per Omer Degli Esposti, il vicepresidente del Consorzio cooperative costruzioni di Bologna, che per i lavori sull’area ex Falck avrebbe imposto due consulenti, Francesco Agnello e Giampaolo Salami, anche loro indagati, pagati per «attività inesistenti » oltre due milioni. Per Pasini, era la «condizione per compiacere la controparte politica nazionale».
LA FINTA CAPARRA
Di Caterina dice di aver “prestato” denaro a Penati sin dagli anni ’90, da restituire grazie alle tangenti incassate da Pasini.
I pm hanno una mail inviata da Di Caterina a Penati e Bruno Binasco. «Ho cercato di tornare in possesso dei soldi senza successo».
Per i pm, viene escogitato il preliminare di vendita con Binasco, gruppo Gavio, che non esercita l’opzione di acquisto e fa incassare a Di Caterina due milioni.
Chiesto il processo per Renato Sarno, «intermediario nella trattativa», Norberto Moser, ad di Codelfa, Massimo Di Marco e Gianlorenzo De Vincenzi, di Serravalle.
LA TERZA CORSIA DELLA A7
La Codelfa è indagata per aver incassato dalla Provincia «oltre 18 milioni di euro con un provvedimento illegittimo della Provincia» per la terza corsia della A7. Per i pm, i due milioni a Di Caterina sono «corrispettivo per il riconoscimento » per i 18 milioni.
I FINANZIAMENTI ILLECITI
Per 368mila euro a Fare Metropoli, definita «mero schermo destinato ad occultare la diretta destinazione delle somme a Penati», sono indagati per illecito finanziamento Pietro Rossi e Carlo Parma, responsabili dell’associazione; Massimo Ponzellini, ex presidente di Bpm; Enrico Corali, presidente di Banca di Legnano, nominato da Penati in Expo 2015.
Rischiano il processo anche Enrico Intini, coinvolto nell’inchiesta sugli appalti nella sanità barese, che ha versato 30mila euro, e Roberto De Santis (versati 20mila), ex socio di D’Alema del veliero Ikarus.
I NUOVI FRONTI DI INDAGINE
La procura scava ancora sulla Serravalle. La supervalutazione del 15% venduto alla Provincia dai Gavio, con una plusvalenza di 179 milioni; le consulenze milionarie all’architetto Renato Sarno, indicato come «il collettore di tangenti » per Penati; le tangenti per la vendita della nuova sede ad Assago. «C’è ancora molta carne al fuoco » dice un investigatore.
Sandro De Riccardis
(da “La Repubblica“)
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