ICI, SALVE LE SCUOLE CATTOLICHE NO PROFIT
A RISCHIO TASSAZIONE SOLO QUELLE CON RETTE ALTE…. TANTO RUMORE PER NULLA: LA CEI HA OTTENUTO QUELLO CHE VOLEVA
Erano tre giorni che non ci dormivano la notte: tutto, ma le scuole no.
Alla fine, di fronte ad una tale dose di preoccupazione parlamentar-religiosa, s’è mosso Mario Monti in persona, il primo premier a partecipare ai lavori di una commissione (“succede anche questo… “, il suo commento): “Sono esenti dall’Imu quelle scuole che svolgono attività secondo modalità non commerciali – ha spiegato ai senatori che esaminano il decreto liberalizzazioni – il governo considera le attività svolte dagli enti no profit come un valore e una risorsa della società italiana, tanto più meritevoli di riconoscimento e garanzia nell’attuale congiuntura economica”.
E partito il coro: allora va benissimo, bravo il governo, ottimo provvedimento.
Pure la Cei, per bocca di monsignor Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, si dichiara soddisfatta: “Le dichiarazioni di Monti vanno nella direzione giusta. Non ha senso tassare attività che hanno chiara rilevanza pubblica e sociale” .
In realtà , il tipo di esenzione a cui fa riferimento il premier – quella per il no profit – è e resterà in vigore.
La sostanza, dunque, è che pagano e pagheranno l’Imu le scuole private vere e proprie (tipo quelle da “due anni in uno”), ma quasi nessuna delle oltre 13mila paritarie in attività , due terzi delle quali cattoliche: è su quel “quasi”, ovviamente, che si giocherà la partita.
I criteri da seguire, ha spiegato Monti, sono demandati a un decreto del Tesoro da emanare nei prossimi mesi, ma seguiranno tre linee guida, le stesse elencate in una circolare interpretativa emanata nel gennaio 2009 da Fabrizia Lapecorella, direttrice del Dipartimento delle Finanze .
Eccole: per l’esenzione Imu la scuola deve essere, appunto, paritaria e dunque vincolata a una serie di obblighi (rispetto dei programmi ministeriali e del contratto nazionale, etc.), non deve usare criteri discriminatori nello scegliersi gli studenti e chiudere in bilanci in pareggio o destinare l’eventuale surplus all’attività didattica.
Si tratta di linee guida già in vigore: difficile che producano sfracelli.
Restano, comunque, due problemi: la stretta sulla nuova Imu, già così, finirebbe per gravare su molti asili gestiti da enti religiosi, cui va aggiunta una postilla che Monti ha fatto ai criteri individuati nel 2009 dal Dipartimento delle Finanze: parlando dei criteri non discriminatori, il premier ha aggiunto “anche con riferimento ai contributi chiesti alle famiglie”.
Se le rette sono un criterio, allora anche altre istituzioni educative private – quelle d’èlite – saranno chiamate a pagare.
Andrea Riccardi, ministro tra i meglio piazzati quanto a rapporti in Vaticano, ha infatti notato: “Ci sono alcuni nodi da sciogliere come il discorso sulle scuole: bisogna capire cosa è sociale e cosa commerciale”.
Incassato il via libera del Parlamento, insomma, bisognerà stare bene attenti al decreto attuativo del Tesoro per capire quanto saranno larghe le maglie per l’esenzione: è probabile che alla fine pagheranno alberghi e ostelli vari degli enti religiosi, molti ospedali (già esclusi i “classificati”, che fanno servizio pubblico e sono “non a scopo di lucro”), ma le scuole la sfangheranno quasi in blocco.
Almeno, sostiene Monti, non avremo problemi con la procedura d’infrazione aperta dall’Unione europea per aiuti di Stato: “La formulazione dell’emendamento è stata informalmente sottoposta all’Ue per avere rassicurazioni che la procedura possa essere chiusa”.
E il responso è stato positivo. “Se resta così noi faremo un nuovo ricorso”, dicono i radicali Maurizio Turco e Carlo Pontesilli (autori degli esposti su cui indaga la commissione): “Sconsigliamo uscite del tipo ‘paga l’Imu chi iscrive un utile in bilancio’ includendo solo le organizzazioni no profit.
E i privati? Sarebbero discriminati.
Anche così c’è una violazione dei principi della concorrenza”. Spazio per modifiche, però, non ce n’è: il decreto liberalizzazioni è blindato dalla commissione
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Il commento del ns. direttore
Nel provvedimento del governo pare siano finalmente soggetti all’Ici alberghi e cliniche di proprietà del Vaticano che hanno chiaramente un fine commerciale da quando sono nate.
Sulle scuole invece permane l’equivoco, se gli utili verrano reinvestiti non sarà applicata alcuna tassazione: facile immaginare il giro di pezze giustificative che faranno sì che non rimanga nessun utile.
Ma qualcuno ci dovrebbe spiegare un elementare concetto.
Il cittadino è libero di rifiutare l’istruzione pubblica e mandare il proprio figlio a una scuola privata, confessionale o meno che sia, ma abbia il buon gusto di pagarsela e di non gravare sulla collettività con buoni scuola o amenità varie.
E finiamola col concetto che svolgono un’attività di servizio pubblico e sociale, sostitutiva dello Stato: non esiste angolo della penisola dove, volendo, non si possa iscrivere il proprio figlio a una scuola pubblica, asili nido a parte.
Se queste scuole vogliono godere degli stessi diritti della scuola pubblica comincino a fare una semplice cosa: assumano gli insegnanti sulla base della graduatoria pubblica, invece che chiamare chi pare a loro.
Esiste una parità di diritti solo laddove è moneta corrente la parità di doveri.
Leave a Reply