IL 50% DEI RIFIUTI ITALIANI FINISCE ANCORA IN DISCARICA
LO STUDIO DELL’ISWA: PICCHI DELL’80% IN REGIONI DEL SUD
Le discariche in Italia costituiscono ancora la modalità principale di smaltimento dei rifiuti nazionali, quasi il 50%, con picchi dell’80% nelle regioni del Sud, anche se spesso non sono a norma per il mancato pre-trattamento degli scarti.
Il loro numero si sta lentamente riducendo, ma siamo ancora molto lontani dagli obiettivi europei e invece dalla loro chiusura e sostituzione con pratiche virtuose di recupero potrebbero emergere milioni di posti di lavoro in tutto il mondo e migliaia in Italia.
E’ questo lo scenario delle discariche sul territorio italiano che emerge da uno studio promosso dall’Iswa – International Solid Waste Association, presentato nel meeting di apertura del Congresso in programma a Firenze dal 17 al 19 settembre.
In molte regioni d’Italia, come Sicilia, Molise e Basilicata, i rifiuti vengono addirittura smaltiti per oltre l’80% in discariche senza subire alcun trattamento preliminare: in Sicilia il dato si attesta al 93% (solo il 28% di questi viene sottoposto a forme di trattamento preliminare).
Stando a questi dati, sembra dunque davvero lontano l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero delle discariche sul territorio tracciato in sede comunitaria. Secondo gli ultimi dati disponibili (2010), il numero delle discariche per rifiuti urbani non pericolosi è pari a 211, 18 in meno del 2009; il dato conferma il trend dell’ultimo quinquennio: a chiudere i battenti sono soprattutto le discariche di piccole dimensioni a vantaggio di grandi impianti che servono aree geografiche più estese.
In Italia, dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 36/2003, che ha completamente ridisegnato il quadro impiantistico nazionale, hanno chiuso i battenti 263 discariche, l’82% delle quali al Sud (215 unità ), 37 al Nord e 11 al Centro.
I rifiuti urbani smaltiti in discarica, nel 2010, ammontano a circa 15 milioni di tonnellate (-3,4% rispetto al 2009) su complessivi 32 milioni prodotti. Il calo nel conferimento si è verificato principalmente al Nord (-4,7%) e al Centro (-4,2%), con il Sud Italia che si muove a velocità più lenta (-2,1%).
A livello regionale le diminuzioni più consistenti interessano l’Emilia Romagna, il Lazio e la Puglia, rispettivamente pari a circa 148 mila, 147 mila e 143 mila tonnellate.
L’Emilia Romagna e la Puglia, in particolare, fanno registrare le riduzioni percentuali più evidenti (rispettivamente -15% e -9%) e nel primo caso sono dovute ad un incremento della raccolta differenziata e al maggiore utilizzo degli impianti di trattamento meccanico biologico e di incenerimento; nel secondo caso sono da attribuire all’apertura di nuovi impianti di trattamento meccanico biologico che, nel 2010, hanno ricevuto oltre 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati. Nelle regioni del Centro-Sud, in molti casi, la discarica rappresenta ancora la forma di gestione prevalente e si registrano conferimenti inferiori al 50% dei rifiuti prodotti soltanto in Toscana (43%), Campania (48%) e Sardegna (41%).
Anche in Molise ed in Basilicata la discarica viene utilizzata come forma prioritaria di gestione (rispettivamente l’84% e l’83% dei rifiuti prodotti), tuttavia va rilevato che in Molise i rifiuti sono quasi totalmente pretrattati (95%).
In Campania sia l’incremento della raccolta differenziata, sia l’entrata in funzione a pieno regime dell’inceneritore di Acerra hanno comportato un miglioramento dell’intero sistema di gestione.
Per la prima volta negli ultimi dieci anni, tutti i rifiuti prodotti dalla Campania, sono stati destinati ad impianti di gestione senza il ricorso allo stoccaggio delle ecoballe che, in questo anno, ha interessato solo 9 mila tonnellate.
Tra le principali conseguenze di una gestione massiva dei rifiuti in discarica, ci sono le ripercussioni sul dato occupazionale.
Il Rapporto mostra infatti come circa il 70% dei rifiuti prodotti nel mondo, circa 4 miliardi di tonnellate all’anno, finiscono in discariche, molte delle quali sono poco più che buchi a cielo aperto.
Secondo la Commissione Europea per ogni 10.000 tonnellate di rifiuti smaltiti in discarica si registra un addetto; mentre se questo stesso quantitativo di rifiuti fosse avviato al compostaggio e recupero si creerebbero 10 nuovi posti di lavoro, oltre a tutte le altre ricadute positive in termini economici e di sostenibilità ambientale.
“Il messaggio è chiaro – conclude quindi il presidente Iswa, David Newman – trasformare il 70% dei rifiuti avviati allo smaltimento in discarica in materia soggetta a recupero creerebbe milioni di nuovi posti di lavoro in un settore che già impiega 40 milioni di persone nel mondo.
Attraverso l’attivazione di nuovi sistemi di raccolta differenziata, recupero e trasporto presso impianti dedicati, questo già significativo numero potrebbe facilmente raddoppiare”.
(da “TM News“)
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