IL BRACCIO DESTRO DI TREMONTI: BENEFICIATO DI PROVVEDIMENTI AD HOC, ORA SOTTO INCHIESTA A NAPOLI
SI CHIAMA MARCO MILANESI, E’ IL CONSIGLIERE POLITICO E L’UOMO DI FIDUCIA DEL MINISTRO: UNA CARRIERA ILLUMINATA DA PROMOZIONI ALL’OMBRA DI TREMONTI… DEPUTATO E VICECOORDINATORE DELLA CAMPANIA, ACCANTO A COSENTINO, ORA E’ FINITO INDAGATO PER CORRUZIONE
Brillante, affidabile, capace di difendere le sue opinioni anche di fronte ai superiori.
Chi ha conosciuto Marco Milanese quando era ufficiale della Guardia di Finanza, lo ricorda così.
Se per far colpo sul comandante era necessario un taglio di capelli scolpito, il più militaresco possibile, lui non si sentiva obbligato ad andare dal barbiere.
“Non era un tipo servile e questo le persone intelligenti lo apprezzavano”, raccontano.
A dispetto delle qualità che gli vengono attribuite da chi ha lavorato insieme a lui, Milanese, 51 anni, è l’uomo che oggi mette in imbarazzo Giulio Tremonti. Giovedì 23 dicembre il ministro dell’Economia è stato ascoltato a Roma come testimone dai magistrati napoletani che indagano su una truffa da decine di milioni di euro, che ha già portato a dodici arresti.
E che ha coinvolto Milanese, consigliere politico e uomo di fiducia del ministro, indagato per corruzione per una serie di sontuosi regali che avrebbe ricevuto – ma che lui nega – da Paolo Viscione, 68 anni, l’avvocato accusato di aver organizzato la truffa, assieme al figlio Vincenzo.
Poco conosciuto al grande pubblico, Milanese è uno dei rari personaggi capaci di ritagliarsi un ruolo da protagonista al fianco di Tremonti.
Secondo nella squadra del ministro solo al capo di gabinetto Vincenzo Fortunato, nel giro di pochi anni ha saputo passare dai ranghi della Guardia di Finanza al parlamento, dov’è deputato dal 2008.
Inanellando poi una serie di incarichi assegnati da Tremonti, alla Rai e nella nascitura Banca del Sud, ma anche alla Camera e nel Popolo della Libertà , dov’è arrivato a fare da vice coordinatore per la Campania, al fianco del discusso ex sottosegretario Nicola Cosentino, nei confronti del quale lui non ha mai fatto mancare parole di sostegno: “Esprimo incondizionata solidarietà all’amico Nicola”, disse nel settembre 2008, quando infuriavano le polemiche sulle accuse di contiguità con la malavita.
Un politico in ascesa, insomma, sicuro di sè, la cui vicinanza a Tremonti trasforma l’inchiesta napoletana in un affare delicato: se nell’operato di Milanese venissero trovate ombre, a tradire il ministro sarebbe stato uno dei suoi; se invece le accuse si rivelassero vuote, sarebbe forte il sospetto che dietro la fuga di notizie – a oggi la posizione di Milanese è coperta dal massimo riserbo da parte della magistratura – ci sia un regolamento di conti.
Per intuire chi è l’uomo capace di dare del tu a Tremonti e, nel contempo, di intrattenere rapporti con Paolo Viscione – “un mio compaesano di Cervinara, provincia di Avellino”, come l’ha definito lui – bisogna tornare all’inizio della parabola di Milanese.
Da Cervinara, al confine fra Irpinia e beneventano, vengono i genitori.
Le cronache dicono che papà Raffaele avrebbe costruito mezzo paese. Stando alle carte, però, l’impresa di cui era titolare – la Appia Shopping Center Immobiliare – naviga in brutte acque da tempo, avendo traversato varie procedure fallimentari.
Milanese figlio, nato lontano dai luoghi di famiglia, a Milano, trova invece la sua strada all’Accademia della Guardia di Finanza, dove nei primi anni Ottanta è compagno di Dario Romagnoli, che diventerà poi socio dello studio di commercialisti fondato da Tremonti.
Romagnoli è uno studente capace, alla fine del corso si classifica al primo posto su 67 partecipanti. Milanese termina al 27esimo posto.
La svolta nella carriera arriva a fine 2001, quando Tremonti è ministro dell’Economia e cerca un ufficiale per fargli da aiutante di campo, una specie di segretario particolare.
Serve discrezione, occorre uno in grado di tenere la bocca chiusa sugli incontri riservati del ministro. Ed è lecito immaginare che, per valutare o magari per segnalare la candidatura di Milanese, Tremonti abbia chiesto un parere al suo vecchio compagno di studi Romagnoli.
Fatto sta che l’ufficiale ottiene il prezioso posto e dà il via alla scalata.
Già nel 2003 diventa capo della segreteria del ministro, dove sembra in grado nel giro di pochissimo tempo di far pesare la sua posizione: l’eterno antagonista di Tremonti, Vincenzo Visco del Pd, lo accusa di aver favorito la nomina di un parente, Alessio Vaccariello, prima come direttore aggiunto dell’Agenzia delle Entrate in Lombardia, poi direttore in Veneto.
Fatto sta che, messo a riposo dal governo Prodi, Vaccariello rientra in pista nel 2008, quando – tornati Tremonti e Milanese – ottiene la presidenza di tre società di Equitalia.
La sua personalissima miniera d’oro, però, Milanese sembra averla trovata alla Scuola di Formazione del ministero delle Finanze, dove comincia a insegnare con Tremonti ministro.
Un ruolo che gli frutterà in seguito alcune critiche ma anche, proprio quando l’Università taglia a tutto spiano, di strappare per legge un titolo accademico.
Le critiche arrivano dalla Corte dei Conti che, nel 2008, in un’analisi sulla gestione negli anni dal 2001 al 2006, accusa la scuola di aver assegnato troppi incarichi ai collaboratori più stretti del ministro, prestando “scarsa attenzione ai profili di incompatibilità dei docenti”, causando un’eccessiva “lievitazione dei compensi” e assegnando “obiettivi tanto indeterminati quanto improbabili”.
Il titolo accademico, invece, gli giunge grazie a una legge dell’agosto 2008, che permette a lui e ad altri uomini di fiducia di Tremonti – tutti docenti alla Scuola – di acquisire il titolo di professore ordinario, che Milanese esibisce nella sua biografia.
In effetti, nelle pieghe delle normative tremontiane, qualche dettaglio utile a Milanese ogni tanto scappa.
È il caso, ad esempio, del decreto Milleproroghe 2009, che concede ai docenti militari distaccati presso la Scuola che decidono di rientrare nel corpo militare di ottenere le stesse promozioni attribuite “al primo dei militari promossi che lo seguiva nel ruolo di provenienza”.
Il colonnello in congedo Milanese, dunque, se volesse indossare ancora la divisa, potrebbe diventare generale, a dispetto degli anni passati sui banchi parlamentari in servizio per il Pdl.
A patto che, da Napoli, non giungano cattive notizie.
Claudio Pappaianni e Luca Piana
(da “L’Espresso“)
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