IL CAMPER DI RENZI FA IL PIENO A ROMA E D’ALEMA COMMENTA: “SE VINCE, CENTROSINISTRA FINITO”
DUE CANDIDATI ALLE PRIMARIE CHE NON SONO D’ACCORDO SU NULLA
Da una parte c’è Matteo Renzi che col suo camper marcia su Roma, prima a Porta a Porta per l’intervista di rito, poi all’auditorium della Conciliazione: «1700 posti», fanno sapere solerti i suoi.
Sala piena.
Dall’altra, Pier Luigi Bersani fissa per il 13 ottobre la firma del patto con i progressisti (socialisti e Sel), e chiude la giornata a Sesto San Giovanni, davanti a striscioni che lo invocano «premier subito»
Il duello a distanza continua.
E Renzi mena fendenti: «Rosy Bindi? Incoerente. Veltroni e D’Alema? Dei sussurratori, degli inciuciatori. Tutti imbullonati da 25 anni alle sedie del Parlamento».
Il sindaco ricorda quando nel ’94 la presidente Pd faceva la battaglia nel Ppi contro De Mita, già a tre mandati in Parlamento.
O quando D’Alema e Veltroni «decisero di far fuori Natta e Occhetto». E chiede: «È meglio uno che fa inciuci o uno che lo dice chiaramente?».
Parla di Monti, anche. «Dopo aver salvato l’Italia non farà certo il ministro in un governo. Mi sembra chiaro che sia destinato a un ruolo più alto nelle istituzioni italiane o europee».
Tradotto, al Quirinale o a presiedere la commissione a Bruxelles.
Poi, fa indispettire più di quanto già non fossero gli ex popolari del Pd: «Chi vince fa il programma», dice chiaro. Insorgono sia Fioroni che Rosy Bindi.
La presidente lo invita a documentarsi quando parla di lei (nega la storia di De Mita e i tre mandati) e attacca: «A Renzi ricordo che queste non sono primarie di partito. Anche se dovesse vincere, non sarà lui a decidere in casa Pd».
Altolà , quindi.
Davanti al quale il sindaco non si ferma, tanto da tracciare una strada tutta sua anche per le alleanze.
«Io vado alle primarie con una serie di punti specifici, ad esempio difendo la riforma delle pensioni. Se c’è chi la mette in discussione sarebbe automaticamente fuori dalla coalizione. A Firenze governo bene con Sel, ma con il giudizio sul governo Monti le strade sono divergenti». Probabilmente è a questo che pensa Massimo D’Alema, quando a Otto e mezzo sostiene senza mezze misure che «se vince Renzi non ci sarà più il centrosinistra».
E aggiunge: «Sento in continuazione insulti e risse. Dopo le risse non è facile ricomporre l’unità di un partito e di una coalizione, è uno dei motivi per cui appoggio Bersani».
Ed è a questo che dovrà pensare anche il segretario, visto che l’annuncio del d-day del patto dei riformisti per il 13 ottobre con Nencini e Vendola ha suscitato una fredda presa di distanze di Sel.
«Stupisce davvero che fonti anonime del Pd annuncino pomposamente un evento in cui si firmerà il Patto dei Progressisti tra Pd, Psi e Sel, quando ancora non sono chiari il percorso per le primarie, il quadro delle alleanze e i contenuti di un’alternativa di governo».
Quanto ad Antonio Di Pietro, è l’unica cosa su cui Bersani e Renzi vanno d’accordo.
«Non dirò agli italiani che è scoppiata la pace – dice il segretario – da mesi il leader Idv semina posizioni polemiche non solo nei confronti del Pd, ma anche di punti essenziali di equilibrio a cominciare dal presidente della Repubblica. Per noi non è accettabile».
E Renzi: «Deve decidere lui. Mi pare che si stia levando di mezzo da solo. È difficile non dare ragione a Bersani».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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