IL CORAGGIO DI SAMBA CHE HA SALVATO DUE BIMBI ITALIANI CHE STAVANO PER ANNEGARE A VENTIMIGLIA MENTRE IN SPIAGGIA GLI ITALIANI STAVANO A GUARDARE
“SPERO SIA D’ESEMPIO PER CHI ARRIVA E PER CHI ACCOGLIE”.. DA 10 ANNI IN ITALIA, TANTI LAVORI, MA MAI STABILI: “IN OGNI POPOLO CI SONO BUONI E CATTIVI”
Quei momenti infiniti Samba li ricorda uno per uno. Le urla che sovrastano la telecronaca della partita dell’amato Senegal, la sua corsa verso la spiaggia, le donne che piangevano indicando un punto in mare, lui che si tuffa con tutti i vestiti, i due bambini che annaspano tra le onde e un attimo dopo gli si aggrappano addosso “con una forza che non avevo mai visto prima” e ancora lui che se li carica sulle spalle e li porta a riva.
Se gli parli di coraggio, si schermisce. “L’unico mio pensiero era che non morissero”, racconta ad HuffPost.
Cheikh Samba Beye, senegalese di quasi quarantaquattro anni, che tutti da queste parti chiamano Samba, è diventato una sorta di eroe, la personificazione dell’immigrato buono che fa qualcosa per il Paese in cui ha deciso di fermarsi a vivere.
E non in una zona qualsiasi, ma a Ventimiglia, la frontiera per antonomasia, il confine lungo il quale migliaia di migranti si accalcano nel tentativo di raggiungere la Francia, dalla quale vengono sovente respinti.
Vite sospese, che una parte della città accoglie, impegnandosi per un’integrazione possibile, un’altra guarda con diffidenza, chiudendo occhi e porte di casa.
I fratellini salvati da Samba sono figli di italiani residenti a Ventimiglia, la città dove lui vive, da solo, e lavora da anni, tuttofare in uno stabilimento balneare.
Il giorno dopo la mamma dei bambini gli ha regalato un telefonino nuovo, il suo era ormai fuori uso, ce l’aveva in tasca quando si era buttato a mare per salvarle i figli. “Mi ha fatto piacere, certo”, dice Samba, che però vorrebbe, e lo sottolinea, che il suo gesto fosse “in qualche modo un esempio. Per quelli che arrivano – scandisce – ma anche per quelli che accolgono”.
I primi, “devono rispettare le leggi”, i secondi “non devono giudicare dal colore della pelle, ma dal cervello, dal cuore, dall’anima, dalla voglia di impegnarsi”.
Ha lasciato il Senegal nel 2006, è stato in Spagna, poi in Francia; da una decina d’anni è in Italia: Monza, Busto Arsizio, Milano, Varese e infine Ventimiglia.
“Ho sempre lavorato”, aggiunge.
Cameriere, badante, domestico, “quando non c’è lavoro, non mi piace”. Mai niente di stabile, però, niente che gli abbia permesso di vedere pienamente riconosciuti i suoi diritti.
Viene da chiedergli se si sia mai pentito di aver lasciato il Senegal e per quale motivo abbia scelto di andar via. La risposta sembra dar voce ai migranti di oggi, le motivazioni del tutto inserite nell’attualità del dibattito in corso in Italia, in Europa, nel mondo. “Chi va via dal proprio Paese non ha altra soluzione – sospira Samba – altrimenti non lascerebbe la propria casa”.
Dal suo viaggio sono passati dodici anni, circa dieci dall’arrivo in Italia: è cambiata la situazione per chi vi giunge adesso? Per Samba “sì, in peggio, sembra si stia diffondendo molta diffidenza verso i migranti e invece in ogni popolo ci sono i buoni e i cattivi. Certo, anche le persone che arrivano devono comportarsi bene, considerare il Paese in cui si stabiliscono la propria casa, dunque non rovinarlo, ma contribuire a farlo progredire. Aiutarsi l’un l’altro, è questo che bisogna fare e io continuerò a farlo”.
Samba si ferma qui. Non dice che ogni mese invia gran parte di quello che guadagna ai propri familiari rimasti in Senegal, non dice che sta lottando per vedere riconosciuto il suo diritto a stare in Italia.
Questi particolari della sua vita li racconta Anna Santoro, sua amica storica, che, dopo il salvataggio dei due fratellini, ha indirizzato al sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, e alle redazioni di alcuni giornali, una lettera per chiedere che a Samba venga assegnata una medaglia al valore civile.
Richiesta poi supportata anche dal “Comitato per gli immigrati e contro ogni forma di discriminazione”.
“Ho conosciuto Samba a Milano anni fa e lo incontro a Ventimiglia dove vado in vacanza – spiega ad HuffPost – è una persona onesta, che ha sempre lavorato senza mai elemosinare. Credo non sia stato riconosciuto il vero valore, l’importanza del gesto, di così grande coraggio e umanità , che ha compiuto. In Francia, Macron ha dato la cittadinanza e un lavoro stabile al sans-papier maliano che ha salvato un bimbo, non vedo perchè da noi non si possa fare lo stesso. Quella spiaggia, mentre i due fratellini stavano affogando, era affollata, tanti erano lì, ma solo Samba ha avuto il coraggio di tuffarsi, mettendo a rischio la propria vita, che vale quanto quella di tutti”.
(da “Huffingtonpost”)
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