IL MERCATO SOVRANISTA DELLE VACCHE: IL COPASIR ALLA LEGA MA LA MELONI IN CAMBIO OTTIENE LA PRESIDENZA DI UNA REGIONE
LA LEGA PRESENTA VOLPI, UN PASSATO NELLA DC E CREATORE DELLE LISTE “NOI PER SALVINI” AL SUD (CON SCELTE MOLTO DISCUTIBILI)
“Il marito è sempre l’ultimo ha sapere di esser stato tradito”, ridacchia Raffaele Volpi andandosi a fumare una sigaretta nel cortile della Camera. A pochi metri da lui, in Transatlantico, schizza Giorgia Meloni. Va al Senato, dove si chiude un’ora con Matteo Salvini, al telefono Silvio Berlusconi. Non tradiscono “il marito”.
Esce il comunicato: “Intesa raggiunta, il candidato al Copasir è Volpi”. È frutto di una trattativa estenuante.
Qualche ora prima Maria Stella Gelmini, Riccardo Molinari hanno fatto il punto in Transatlantico. La quadra non si trova, non c’è in ballo solo quella poltrona. Molinari schizza via: “Non parlo, l’interlocutore è Salvini”. La palla passa ai leader.
Meloni riunisce i suoi, ottiene il via libera dal suo candidato Adolfo Urso. E va al tavolo di Salvini sparando alto: la contropartita sarebbe la candidatura alla presidenza dell’Emilia Romagna. Il giro di tavolo dei tre capi non chiude la questione, se ne riparlerà .
Una fonte spiega a Huffpost: “Forse l’Emilia no, ma nelle Marche e in Puglia possiamo esprimere un nostro candidato”.
Puntare alto per ottenere il voluto, una tattica sempreverde messa in piedi da chi ormai, sondaggi alla mano, si sente seconda forza del centrodestra
Esce così il nome di Volpi, un nome di complessa lettura. Da un lato la Lega ottiene il grimaldello per poter tentare di scardinare il portone delle sicurezze di Giuseppe Conte. “Ormai tra Matteo e il presidente c’è più della politica, è un fatto quasi personale”, commenta un dirigente leghista riferendosi a Salvini.
Ma dall’altro manda avanti il suo uomo più “democristiano”. È complessa è ricca infatti la biografia di Volpi, chiamato proprio “il democristiano” da alcuni suoi colleghi per una giovanile formazione politica proprio nelle fila della Balena bianca.
Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti, e il deputato di Pavia è negli anni diventato un leghista doc. In Parlamento ormai da dieci anni, prima a Montecitorio, poi a Palazzo Madama e oggi di nuovo deputato, prima di arrivare a sedersi al ministero della Difesa è stato tra i tessitori di Noi con Salvini.
Una sigla che sembra ormai consegnata alla preistoria della politica, ma dietro la quale si celano le fondamenta del radicamento al sud di Salvini. È stato Volpi, riservato e insieme affabile, paziente tessitore di rapporti umani, a porre le basi per la Lega partito nazionale.
Doti da mandarino della diplomazia unanimemente riconosciuti nel Carroccio, che lo ha spedito a tanti dei tavoli sulle nomine, anche quelle più pesanti ai tempi gialloverdi, sempre insieme a Giancarlo Giorgetti, sempre mezzo passo indietro.
Così come è noto il rapporto di simpatia che si è cementato al ministero con il 5 stelle Angelo Tofalo. Che casualmente (o no?) è stato studente proprio di quella Link Campus University in cui insegnava Joseph Mifsud, il professore maltese — irreperibile da due anni – considerato la miccia del Russiagate e al quale gli uomini di Donald Trump danno la caccia considerandolo un agente provocatore.
La poltrona del Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica è dunque una poltrona calda. Perchè il primo compito del nuovo presidente sarà quello di chiamare Giuseppe Conte a spiegare che tipo di rapporti e a che livello siano ruotati intorno alla visita del ministro della Giustizia americano William Barr, per due volte in incognito nel Belpaese per condurre una contro inchiesta sul Russiagate che potrebbe coinvolgere i nostri servizi segreti, e quali tipo di autorizzazioni a livello politico siano state concesse, e con quale legittimità .
Una fonte parlamentare di altissimo livello spiega: “Il problema per Palazzo Chigi è che le interlocuzioni sarebbero avvenute tra il capo del Dis e quello della Cia, sottintendendo un contatto politico se non diretto quanto meno mediato, ma di altissimo livello”.
Contatti dei quali, se verranno accertati, l’organo di controllo parlamentare è stato del tutto tenuto all’oscuro. Come d’altronde lo è stato su entrambe le visite dell’Attorney general in Italia.
Giuseppe Conte continua a tacere, nervoso.
La sonnecchiosa presidenza del Copasir si infiamma. Il Pd ha per tutto il giorno provato a evitare che spettasse a un leghista. Ma le opzioni Elio Vito (Forza Italia) e Adolfo Urso (Fratelli d’Italia) di partenza erano più deboli, avendo i primi la presidenza del Senato e quella della commissione di Vigilanza Rai, i secondi la vicepresidenza della Camera e quella della giunta per le Elezioni.
Nel Palazzo volano i veleni. A metà mattina qualcuno accredita che lo stesso Luigi Di Maio non si sarebbe opposto a una presidenza leghista, per tenere un pungolo sul fianco di Conte, con il quale i rapporti sarebbero ancora non semplici.
Voci subito smentite, ma che permangono in un Palazzo in cui si respira aria mefitica. Il governo è partito da un mese, ma il sobbollimento dei 5 stelle, la difficoltà del Pd, il tatticismo di Renzi stanno già scavando la roccia.
Così ecco che l’annuncio del passaggio di ex pentastellato da tempo nel gruppo Misto a Fratelli d’Italia basta per far scattare una rissa in pieno Transatlantico tra il grillino Donno e il meloniano Fracassini. Gli schiaffoni in Transatlantico non si erano mai viste, almeno negli ultimi anni. Ma alle cose mai viste ci si sta iniziando ad abituare.
(da “Huffingtonpost”)
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