IL PROCESSO RUBY E LE PAURE DI BERLUSCONI
SE LA CONDANNA A 7 ANNI SARA’ CONFERMATA PURE IN CASSAZIONE L’EX CAVALIERE RISCHIA 10 ANNI DI ARRESTI
Primo processo senza immunità . Peggio. Da condannato che sta scontando la pena «residua» di dodici mesi per frode fiscale, «affidato» ai servizi sociali, al fianco di malati di Alzheimer in un centro alle porte di Milano.
È l’appello che prende il via domani mattina: unico imputato Silvio Berlusconi. Non uno scherzo. Il Cavaliere decaduto dovrà difendersi dalle accuse di concussione e prostituzione minorile.
In pratica: sette anni inflitti dal Tribunale lo scorso giugno. Il Rubygate.
Pressioni da presidente di Consiglio in carica sulla questura milanese – la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 – per fare rilasciare la minorenne marocchina Ruby El Marough. Una delle custodi – è il filone dell’accusa – dei segreti delle cene eleganti di Arcore, testimone e protagonista del bunga bunga presidenziale
È una partita importante quella che andrà in scena da domani. Davanti alla seconda Corte d’appello – presidente Enrico Tranfa – è scontato che il sostituto procuratore generale Pietro De Petris, invocherà la conferma della condanna.
Dal canto loro, i legali dell’ex premier – Niccolò Ghedini, Piero Longo e Filippo Dinacci – tenteranno di smontare l’accusa, di insinuare più di un dubbio sulle motivazioni alla base del verdetto di primo grado.
I tempi per conoscere la sentenza, oggi, non si possono ancora prevedere con esattezza. Come minimo serviranno tre udienze, ed è possibile che si possa arrivare al verdetto d’appello anche subito dopo l’estate.
Ma proprio i tempi sono un elemento decisivo per il condannato Berlusconi
Nel caso di una conferma della condanna, infatti, il leader di Forza Italia vedrebbe a rischio anche l’affidamento in prova per la condanna Mediaset.
I sette anni – se dovessero essere confermati anche dopo l’ultimo grado della Cassazione – rimetterebbero in discussione il beneficio dell’affidamento, portando così l’ex Cavaliere a dover scontare il cumulo di pena interamente agli arresti domiciliari.
Beneficio, questo, concesso solo ai condannati ultrasessantenni. Non solo.
Il processo Rubygate potrebbe definitivamente precludere ogni attività politica all’imputato Berlusconi, per addirittura dieci anni.
Se, infatti, dovessero diventare definitivi i sette anni di carcere per concussione e prostituzione minorile, verrebbe «revocato di diritto», anche l’altro beneficio dell’indulto che copre i tre anni della sentenza Mediaset.
In totale, insomma, un verdetto negativo in questo processo costringerebbe l’imputato a 10 anni di arresti domiciliari.
Addio «agibilità politica ». Semplicemente, l’oblio.
E si capisce quindi perchè Berlusconi in questi giorni si sia occupato assai poco di riforme (ad eccezione della conferenza stampa di ieri) rinviando di giorno in giorno una decisione sulla linea da tenere, in attesa di capire almeno i tempi del processo
Ed è per questo che il pool di difensori si prepara a una scontata battaglia per scongiurare l’ipotesi peggiore.
I legali, ad oggi, non hanno ancora depositato alcuna richiesta di trasferimento del processo. Mossa tutt’altro che campata in aria, visto che proprio nella querelle che ha contrapposto al Csm il procuratore Edmondo Bruti Liberati al suo aggiunto Alfredo Robledo, c’erano anche i metodi con i quali la procura ha affidato l’inchiesta Ruby a Ilda Boccassini.
Su questo tema – a meno di ripensamenti – la difesa dell’ex premier non intende muoversi. Molto probabile, invece, che si chieda la riapertura del dibattimento con la richiesta di testi o prove non accolte nel primo grado.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica”)
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