IL VERO VINCITORE DI SANREMO? LA RASSEGNAZIONE
IL FESTIVAL SPECCHIO DEL PAESE
Se il Festival di Sanremo è davvero lo specchio del Paese, forse c’è poco da star sereni secondo Aldo Grasso.
Il critico televisivo del Corriere della Sera si interroga sul successo della kermesse canora, il giorno dopo la vittoria di Olly per un soffio davanti a Lucio Corsi. Certo a guardare la classifica finale, c’è da chiedersi se ancora può reggere l’eterna metafora per descrivere Sanremo: dietro Olly e Lucio Corsi c’è Brunori Sas, addirittura davanti a Fedez anche nel televoto; e infine Simone Cristicchi, che assieme a Tony Effe ha avuto almeno il merito di sollevare qualche dibattito in questo soporifero Festival.
E infatti, spiega Grasso nella sua rubrica «Padiglione Italia», basterebbe andare solo un po’ più a fondo delle apparenze per «aprire squarci di pura consapevolezza».
Innanzitutto su questa edizione, la prima targata Carlo Conti dopo le montagne russe di Amadeus: «Questa edizione è stata caratterizzata dalla rassegnazione», scrive Grasso. A cominciare da quel che accadeva sul palco: «Tutto normale». Dalla conduzione, alle canzoni fino ai numeri comici, che già definirli così è un gesto di generosità. Tutto, comprese le «spezie», scrive Grasso, dai bambini sul palco a «un po’ di tv del dolore», senza escludere l’ineluttabile Roberto Benigni all’Ariston: «sapevano di pigrizia».
Tra le timide polemiche contro le scelte di Conti, c’è stata quella di aver evitato i monologhi. C’è chi, come Roberto Saviano, l’ha etichettata come una scelta di comodo per evitare di ospitare punti di vista scomodi all’Ariston. E più in generale, una scelta dettata dall’esigenza di non urtare chissà quali sensibilità a palazzo Chigi.
Sarà, ma è anche vero che a vincere questo Festival più di Olly sembra essere stata la rassegnazione, come ricorda Grasso: «Ci lamentiamo, ma non chiediamo di più: basta che treni e canzoni siano in orario». E già sui treni ci potremmo accontentare.
Quel che viene del tutto escluso, insiste Grasso, è «il miglioramento». Un fenomeno da cui i più giovani non sembrano esclusi, spiega Grasso, quantomeno per l’abitudine lentamente imposta dalle dinamiche dei social: «Ci si abitua a tutto e il dissenso scatena solo furie distruttive». E però il successo di Sanremo esiste, almeno nei numeri record dello share e i milioni di telespettatori tra tv, smartphone e tablet. Insomma, lo specchio del Paese.
(da agenzie)
Leave a Reply