INTERVISTA A CASELLI: “RENZI FA PROPAGANDA E NASCONDE IL PASTICCIO PRESCRIZIONE”
“USA ARMI DI DISTRAZIONE DI MASSA PER NON INTERVENIRE SULLE COSE CHE CONTANO”
Una grande toga come Gian Carlo Caselli legge le parole di Renzi e subito, nella sua voce, si avverte stupore e contrarietà .
Poi, con la puntigliosità che ha contraddistinto la sua vita nelle indagini sul terrorismo e sulla mafia, ribatte punto per punto.
La polemica sulle ferie, Maddalena contro il governo, Renzi contro Maddalena. Che ne pensa?
«L’intervento di Maddalena è di ben 19 pagine, fitte fitte. Dove si parla di un’infinita di argomenti, spesso con un taglio critico anche nei confronti della magistratura. Reagire esclusivamente sulle ferie significa fare ancora una volta black propaganda, con scopi di distrazione di massa».
Ma sulle ferie chi ha ragione, Renzi o Maddalena?
«L’intervento di Maddalena è molto argomentato e lo condivido. Lui lamenta che, nelle priorità del governo, la prima riforma da varare nei primi cento giorni, poi diventati mille, avrebbe dovuto essere la prescrizione. Invece la prima è stata la riduzione delle ferie.
Che, “non solo e non tanto per i contenuti, ma per il modo in cui è stata attuata, addirittura per decreto, ancor ci offende”. Maddalena cita Orwell e Dumas. Salvo che siano proibite l’ironia e le buone letture, fermarsi alle citazioni sarcastiche significa non parlare nel merito delle cose che davvero contano».
La riforma delle ferie serve?
«Definire le ferie un privilegio di casta significa usare un argomento falso. Dire che i magistrati non lavorano abbastanza è falso. Dire che con meno ferie lavorerebbero di più è falso, e lo ha dimostrato Davigo. Ma soprattutto è falso dire che la riforma delle ferie renderà la giustizia più rapida, perchè ci vorrebbe ben altro».
Lanciare accuse sulle ferie è un modo, come dice l’Anm, per nascondere l’inefficienza del governo?
«Queste tesi servono per impressionare la gente con argomenti facili, ma soprattutto per parlare di meno, o quasi per niente, dei problemi veri, ricacciandoli sotto il tappeto. Quelli veri, di cui tutti i colleghi hanno parlato, sono la prescrizione, il falso in bilancio, le recenti leggi sulla corruzione e l’autoriciclaggio che, appena varate, hanno rivelato gravi imperfezioni, e la cosiddetta manina del 3%. Oltre al pessimo funzionamento del sistema processuale che va riformato in radice e non affrontato con qualche palliativo».
Che impressione le ha fatto quel riferimento ai magistrati uccisi?
«A me sembra che invocare i morti, ricordarsene per parlare male dei vivi o zittirli, sia ingiusto e di pessimo gusto».
È accettabile che da Renzi, come da altri del Pd, arrivi l’invito a tacere?
«Chi non sopporta che anche i magistrati partecipino al dibattito sui problemi della giustizia, esercitando un loro diritto- dovere, di solito dice che devono stare zitti e parlare solo con le sentenze. Mai nessuno aveva messo in dubbio la legittimità , in sede di apertura dell’annogiudiziario, di fare riflessioni sullo stato di salute della giustizia, basate sull’esperienza diretta».
Come se lo spiega?
«Il fatto è che piacciono gli interventi che si riducono a qualche slide autocelebrativa, quelli con impostazioni burocratiche e autoreferenziali, che non si fanno carico della realtà pulsante e della domanda reale di giustizia del Paese».
Renzi parla di giudici «bravi». Che le viene in mente?
«Benissimo, perfino banale, ma sarebbe sbagliato sostenere che tra i giudici “non” bravi rientrino anche quelli che osano criticare il governo. Il premier non lo dice esplicitamente, ma attenzione a non ingenerare equivoci e confusioni in un campo che investe la credibilità e l’indipendenza della magistratura».
Lei è stato di Md per anni. Le correnti sono davvero il male della magistratura?
«In tutte le sedi, gli interventi per l’anno giudiziario sono stati di alto profilo. Non si possono liquidare con qualche tweet, anche perchè ovunque le critiche sempre motivate si sono ispirate ad argomenti unanimemente condivisi. Tanta unanimità non si è mai registrata in passato. È la prova provata che le correnti non c’entrano niente».
(da “La Repubblica”)
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