INTERVISTA AL PROF. ROBERTO ESPOSITO DELLA NORMALE DI PISA: “NON C’E’ ALCUNA SVOLTA MODERATA NELLA MELONI”
“PERICOLOSA SUL PIANO DEI VALORI, REGRESSIVA SU QUELLO DEI DIRITTI, INADEGUATA NELLA VISIONE DELLA SOCIETA'”
Filosofo della politica, professore ordinario alla Normale di Pisa, Roberto Esposito è senza dubbio tra i più rilevanti pensatori italiani.
È anche il più deciso a ritenere Giorgia Meloni – “per quanto si sforzi di apparire moderata – pericolosa, regressiva e inadeguata”. “Pericolosa sul piano dei valori, regressiva su quello dei diritti, inadeguata nella visione della società”.
Professore, la politica non riesce nemmeno a far suo il linguaggio che gli italiani utilizzano quando si ritrovano a pranzo e a cena. Perché?
Perché da tempo la politica si è chiusa in un circuito auto-riproduttivo, impermeabile alle richieste, sempre più disperate, che vengono dalla società. Per poterle ascoltare bisognerebbe ripristinare l’insediamento territoriale che da tempo è venuto meno. Quello che conta, per i partiti, è l’equilibrio di potere interno ai gruppi dirigenti. Ad ogni tornata elettorale si promette un cambiamento, ma poi la logica spartitoria torna a prevalere. Ciò crea un’afasia generale in entrambe le direzioni. Sia dalla politica verso la società, sia dalla società verso la politica. A parlare restano solo i media, quasi sempre anch’essi in modo autoreferenziale.
Guerra, carestia, pestilenza. Viviamo dentro tre enormi crisi sovrapposte e coincidenti. Teme che lo stato di emergenza, quando dura troppo, corroda il sistema immunitario della democrazia?
Guerra, pandemia, carestia… Oggi siamo di fronte a delle “catastrofi”, termine che indica un mutamento radicale di stato. È evidente che i processi di immunizzazione, oltre una determinata soglia, creino un rischio maggiore di quello da cui volevano proteggere, determinando malattie autoimmuni nel corpo sociale.
E il fatto che in questo tempo, così drammatico, al governo per la prima volta dal dopoguerra sia la destra è un problema in più, un pericolo in più? È preoccupato della Meloni premier?
Meloni, sul piano personale, appare più seria, onesta e affidabile dei suoi alleati, impresentabili da molti punti di vista. Ma politicamente più pericolosa perché portatrice di una visione regressiva della società sul piano dei valori. Per quanto si sforziN di apparire moderata, resta che i suoi modelli continuano ad essere quelli di Orban e della destra repubblicana di Trump. Sul piano dei diritti, e in genere della società, le sue idee sono inadeguate, non in sintonia con il mondo contemporaneo.
Secondo lei perché Giorgia Meloni risponde sempre con apparente fastidio all’eredità fascista, al sentimento fascista?
Non può rompere col suo mondo di provenienza. Forse, essendo una donna intelligente, adesso vorrebbe farlo, ma non può. C’è però anche un altro motivo a trattenerla. Quei sentimenti che trovano nella cultura fascista un riferimento sono più diffusi di quanto si creda. Questo spiega l’interesse diffuso, quasi la fascinazione, che i simboli fascisti destano in tanti. Il fascismo è ancora parte di noi – intendo di ciascuno di noi. Abita la parte oscura e perversa del nostro desiderio.
Lei è uomo del sud . Teme che lo scambio presidenzialismo (che sta a cuore a Meloni) con autonomia differenziata (il primo impegno leghista) sarà un grande guaio per l’Italia?
Sì. È uno scambio politico assai rischioso, anche perché in sé contraddittorio. Come tenere insieme centralismo presidenziale e separatismo? I loro difetti si sommerebbero. Per non parlare delle conseguenze per il Meridione, già gravemente isolato dal resto del Paese e dell’Europa. Bisognerebbe andare nella direzione opposta: rafforzare sia il parlamentarismo che il centralismo, riducendo i poteri delle Regioni rispetto a quelli dello Stato.
Posso chiederle che giudizio dà del Pd?
È a forte rischio di estinzione, se non compie un mutamento radicale. Dovrebbe capire che non può ridursi a un ruolo di garanzia istituzionale. Deve rappresentare, con assai maggior forza, una parte della società, non tutta. Partito – se partito vuol continuare ad essere – viene da “parte”. Non si può essere di sinistra, come ancora il Pd si definisce, senza schierarsi per i ceti più fragili, senza abbandonare quelli medi, mettendo mano a un diverso modello di sviluppo e di ridistribuzione delle risorse. Non può essere il partito dei garantiti. Deve scegliere e schierarsi. A loro modo, magari in modo inadeguato, Conte e Calenda lo hanno fatto, individuando un segmento preciso del corpo sociale, che, sentendosi rappresentato, li ha seguiti.
(da il Fatto Quotidiano)
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