LA PRESA PER IL CULO DELLA FLAT TAX BOCCIATA DAGLI ECONOMISTI
COTTARELLI, BOERI E TRIA: “INSOSTENIBILE, PURA PROPAGANDA, COSTEREBBE 80 MILIARDI E FAVORIREBBE SOLO I REDDITI ALTI”… “VA CONTRO LA COSTITUZIONE CHE PARLA DI TASSAZIONE PROGRESSIVA”
La flat tax al 15% domina la campagna elettorale. Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi e proprio ieri Matteo Salvini sono tornati a proporla. Oggi la misura della cosiddetta “tassa piatta” è in vigore per le Partite Iva con un reddito fino a 65 mila euro annui. Ma il progetto dei due leader del centrodestra è di estenderla a tutti.
Ovvero, come ha spiegato ieri il Capitano, ai lavoratori dipendenti. Che però sono circa 18 milioni. Nel 2018 l’allora responsabile economico del partito Armando Siri aveva quantificato il costo della misura in 50 miliardi di euro. Che sarebbero stati compensati dall’emersione del sommerso, secondo la sua tesi.
Una tassa piatta al 23%, invece, costerebbe tra i 20 e i 30 miliardi ogni anno. Ma soprattutto: a chi conviene una flat tax? Quali categorie favorisce di più?
La flat tax è l’aliquota unica di tassazione che secondo le due proposte di Lega e Forza Italia dovrebbe essere al 15% o al 23%. Secondo le proposte il finanziamento per attuare una simile riduzione della fiscalità sui redditi arriverebbe da contributi, esenzioni, deduzioni, detrazioni e bonus. Ovvero le cosiddette tax expeditures che oggi consentono “sconti” sull’Irpef. Il problema è che in base all’articolo 53 della Costituzione – “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” – la fiscalità in Italia è intesa come progressiva. Ovvero si dovrebbe ampliare in base all’aumento dei guadagni. E già questo può costituire un ostacolo all’implementazione della flat tax nel sistema fiscale italiano.
Salvini dice che «nell’arco di cinque anni» è possibile portare la tassa piatta in Italia. Oggi la flat tax è in vigore in alcuni paesi europei:in Russia è in vigore una flat tax al 13%; la Romania e la Bulgaria hanno un’aliquota unica del 10%; quella dell’Ungheria è al 15%; in Estonia è al 20%.
Altri paesi hanno in vigore un sistema di tassa piatta. Per esempio il Jersey, un paradiso fiscale che appartiene alla Corona britannica. Qui la flat tax è fissata al 20%. E quali effetti avrebbe la flat tax sui redditi?
Cosa succede ai redditi con l’aliquota unica
Un documento dell’ufficio studi della Uil sostiene che per i redditi fino a 27 mila euro si andrebbe a pagare di più rispetto al sistema attuale (che prevede 4 aliquote dal 23 al 43%). I calcoli dicono che un cittadino con un reddito di 11 mila euro lordi l’anno dovrebbe pagarne 1.819 di tasse in più, il 200%. Mentre chi percepisce 17.600 euro il 72%, chi incassa 23 mila euro il 29%. La tassazione cambia per chi guadagna intorno ai 30 mila: -22%.
Per chi ha più di 50 mila euro le tasse diminuiscono del 43%.
Ma, come è stato spiegato all’epoca dai proponenti, l’effetto negativo sui redditi bassi sarebbe stato compensato da una detrazione (indicata all’epoca intorno ai 3 mila euro annui). Lavoce.info ha pubblicato nel 2018 uno studio che prendeva in considerazione la proposta della Lega all’epoca del governo con il Movimento 5 Stelle.
In questo caso la progressività fiscale veniva realizzata da da «una deduzione di 3 mila euro che va moltiplicata per il numero dei componenti se il reddito familiare è inferiore a 35 mila euro, per il solo numero di quelli a carico nel caso di reddito familiare tra 35 mila e 50 mila euro, zero oltre questa cifra». E una clausola di salvaguardia che permetteva di usare la vecchia tassazione se più conveniente.
Il finale però è sempre lo stesso: «la riforma porta a risparmi modesti per la classe media se confrontati con quelli della classe più ricca, che invece assorbirebbe più della metà del totale. Il fabbisogno necessario è anch’esso molto elevato. Cinquanta miliardi da recuperare tra (auspicata) minore evasione, maggiori altre imposte (quali?) e minori spese».
Gli economisti
Oggi La Stampa prova anche a calcolare l’ammontare dei costi per il Tesoro. «Sono tutte proposte insostenibili perché hanno un costo altissimo – spiega l’economista della Bocconi Tito Boeri –. Bisognerebbe rifare i calcoli, ma in base alle vecchie stime siamo attorno agli 80 miliardi, e quella di Forza Italia costa addirittura ancora di più. E quindi, se Lega e Forza Italia devono seguire il consiglio del loro candidato premier Giorgia Meloni, che ha detto di avanzare solo proposte che fattibili, è meglio che la ritirino immediatamente. Perché è una presa in giro. Voglio capire dove trovano 80 miliardi per una operazione di questo tipo».
«L’aliquota del 15% che propone Salvini è certamente troppo bassa. Una simile riforma costerebbe moltissimo, diverse decine di miliardi», aggiunge Carlo Cottarelli. Che su Twitter ha scritto: «La flat tax non mi piace. Non va demonizzata, ma va presentata per quello che è: un sistema di tassazione che redistribuisce meno di quello attuale e che (al 23%) ha un alto costo per le finanze pubbliche che dovrà essere colmato con altre tasse o tagli di spesa (oggi o domani)».
Per Giovanni Tria, ex ministro dell’Economia nel governo Conte 1, «la flat tax è una cosa complessa, occorre saperla immaginare e scrivere. In passato si sono lette cose che non stavano né in cielo né in terra. Affermazioni come quelle di Salvini e Berlusconi sono solo propaganda, mentre la questione è molto seria perché si tratta di rivedere il sistema fiscale e anche la spesa. Oggi gran parte degli italiani paga meno del 15% di tasse, cosa significa estendere a tutti la flat tax: si fa pagare di più a chi paga di meno?».
(da Open)
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