LA QUESTIONE MORALE SIAMO NOI: “VIVERE IL PAESE” E’ ANCORA UN DOVERE
UNA MODERNITA’ SENZA RADICI E TENSIONE MORALE RENDE TUTTI VULNERABILI… OCCORRE “RIPRENDERCI IL PAESE” RIPARTENDO DAL BASSO E DAL SENSO DI COMUNITA’ NAZIONALE
Criminalità , illegalità e corruzione, non sono soltanto i fenomeni sempre più frequentemente portati alla ribalta dai media, soprattutto negli ultimi giorni, ma sono anche violazione delle regole e mancanza del “senso di comunità ” consumati da chi opera in altri contesti, meno eclatanti, meno appariscenti e apparentemente meno drammatici, almeno “istituzionalmente” parlando, ma non per questo meno deleteri.
Proprio come nel caso dei sette opifici clandestini gestiti da cinesi nel Napoletano e nei quali loro connazionali lavoravano, mangiavano e dormivano in condizioni definite “disumane” dagli stessi investigatori.
Gli opifici sono stati scoperti e sequestrati dai Carabinieri in un’operazione contro il lavoro sommerso e l’inquinamento nei comuni dell’hinterland vesuviano.
I titolari degli opifici sono in tutto 17 persone, di cui 15 di nazionalità cinese.
Un tempo non lontano esisteva un’Italia ricca di tensione morale e ricca d’amore per sè stessa, per le proprie tradizioni e per la propria gente.
La Patria degli Italiani attenti e combattenti, quelli dei valori non negoziabili, delle sfide mai negate, della “tensione morale” mai sopita.
Almeno due generazioni si sono battute per ideali forti e per farci vivere in un Paese grande e migliore.
Certo, allora si parlava di ideologie, forse per questo tante questioni erano così fortemente avvertite e vissute. Fatto sta che i nostri nonni ed anche i nostri genitori, in buona parte, ce ne davano “conto e ragione”, lo fanno ancora oggi, anche se la storia ha poi travolto ogni cosa.
Negli ultimi vent’anni si è voluto andare “oltre”, immaginando scenari sofisticati e culturalmente pseudo-evocativi.
Una sorta di rincorsa fredda e cieca verso la modernità , consumando in modo quasi impercettibile una superficiale mutatio sostanziale dei parametri e dei punti di riferimento, col risultato di vedere un popolo sempre più distratto, sempre meno attaccato alla “res publica”, sempre meno dedito a dare il proprio contributo per un Paese migliore.
Ricordo la “raccomandazione” che una madre fece al proprio figlio: “mi raccomando – disse! – tu pensa a te, non pensare agli altri!”
Ero un ragazzino, avevo soltanto 12 anni, eppure protestai: “è per cose del genere che il nostro Paese andrà in rovina”. Così le dissi.
Mia madre mi redarguì pesantemente. Era una sua amica “quella mamma” ed io ero soltanto un ragazzino: “non potevo” e non avrei dovuto.
Sarà anche stato vero, chissà , ma uno scugnizzo è tale proprio perchè “fa” anche quando non dovrebbe…
La modernità è oggettivamente un dovere ma bisogna arrivarci in modo consapevole, non ci si può far travolgere da tutto ciò che non arriva nella profondità della coscienza e che si ferma soltanto in superficie.
Ripenso a quella mia piccola protesta… In effetti le cose sono andate anche peggio.
La stessa “politica” è diventata tutt’altro da quello che dovrebbe essere e il divario tra il popolo e la stessa è diventato via, via sempre più tristemente forte e devastante.
La classe politica dà sempre più l’impressione di vivere in una sorta di iperuranio, lontano dai bisogni della gente e dalle reali necessità del Paese, tutta presa dalla necessità di conservazione del potere, dei privilegi e delle proprie clientele.
Eppure la politica non è, e non dovrebbe mai essere mera gestione del potere.
Il suo “perchè” dovrebbe essere esclusivamente la resa di un servizio al proprio Paese e alla propria gente, un atto d’amore vero e sincero, una continua “tensione morale” consumata in nome di specifici valori.
Sarà stato l’effetto delle leaderschip carismatiche, chissà , ma in tanti, in troppi, soprattutto tra le “persone comuni”, si guarda altrove.
Ci si impegna soltanto per protagonismo, per acquisire pseudo-leadership più o meno ampie, per raccontare soltanto “sè stessi” anzichè provare a rimettere in moto il senso di una grande comunità .
A volte i richiami all’orgoglio nazionale mi spaventano, non per l’in sè — che fa parte del mio personalissimo Dna di cittadino e di uomo di destra – ma per chi nella specie li consuma, perchè hanno soltanto il sapore della mera propaganda elettorale.
Ritrovare l’orgoglio di essere italiani, riappropriarci della nostra terra e viverla con fervente passione, non sono dei meri impegni culturali: sono – e dovrebbero essere, sempre e soltanto – un atto d’amore grande e del tutto naturale.
Possiamo continuare a far finta di nulla, possiamo continuare a guardare distrattamente altrove, ma sarebbe l’errore più grande di tutti.
Questo Paese è nostro, è del popolo, è della gente che sogna, che spera, che lotta e che lavora.
“Riprendercelo”, vivendo fino in fondo il senso della democrazia partecipata e partecipativa, è un dovere morale, un obbligo naturale, qualcosa che dovrebbe essere quasi istintivo.
E’ tempo di mettere un punto e di riguardare avanti, con fiducia, con speranza ritrovata, riconquistando democraticamente “il tempio”.
Siamo Italiani. Questo è il nostro Paese: continuare con la depressione psicologica e con quella etico-morale è davvero il peggio che si possa fare.
Per la politica e per noi tutti, soprattutto per chi è “privo di una casa” rappresentativa, “ripartire dal basso” vuol dire proprio questo perchè, come disse Kennedy, non è più tempo di “chiedersi cosa può fare il Paese per noi. Dobbiamo chiederci cosa possiamo fare noi per il nostro Paese e per la libertà dell’uomo.”
Sarò anche un sognatore, ma la “questione morale” siamo proprio noi…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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