LA UE ALLENTA I VINCOLI? NO, MA IL GOVERNO BRINDA LO STESSO
NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI POTREMO SPENDERE 6 MILIARDI IN PIU’ NEL 2014 PER PROGETTI COFINANZIATI E APPROVATI DALLA UE
Applausi, lacrime di gioia, pacche sulle spalle e felicitazioni incrociate.
“Ce l’abbiamo fatta”, twittava incontenibile Enrico Letta; il parco Fabrizio Saccomanni si beava per “l’ottima notizia” e giurava che la “luce che vedo in fondo al tunnel della recessione non è il treno che ci viene addosso”; le truppe della Grosse Koalition all’italiana rivendicavano ognuna il proprio merito, la propria lungimiranza, il proprio “iolavevodetto”, la propria quota di contributo nella scelta della Ue di dire addio all’austerity.
Come si vedrà , l’ondata di felicità che ha ieri spettinato la politica italiana per il presunto allentamento del patto di stabilità non era proprio giustificatissima: bene che andrà , e non è detto che vada bene, potremo spendere 6 miliardi in più nel 2014 per progetti cofinanziati (e preventivamente approvati anno per anno) dall’Unione europea.
BARROSO
Il presidente della commissione Ue, ieri mattina, ha fatto partire lo champagne in Italia con le seguenti dichiarazioni: “Quando valuteremo i bilanci nazionali per il 2014 e i risultati di bilancio del 2013 (dei paesi virtuosi), cercheremo di consentire deviazioni temporanee del deficit strutturale dal suo percorso verso l’obiettivo di medio termine (per l’Italia è il pareggio strutturale nel 2014-2015, ndr) fissato delle raccomandazioni specifiche per Paese”.
Tale deviazione “deve essere collegata a spesa pubblica su progetti co-finanziati dalla Ue nell’ambito della politica strutturale e di coesione, delle reti trans-europee e della ‘Connecting Europe Facility’ con un effetto nel lungo termine positivo, diretto e verificabile sul bilancio”.
Insomma, niente scambi con Imu e Iva e poco da fare pure sui mirabolanti tagli al cuneo fiscale chiesti da più di una forza politica.
REHN
Ci ha pensato il commissario all’Economia a far rimettere le bollicine in frigo nel pomeriggio, quando ai vari governi è arrivata una lettera che spiegava i termini della questione: niente sforamenti del tetto del 3% del deficit e niente deroghe nemmeno per la “regola del debito” sancita dal Fiscal compact (riduzione di un ventesimo al-l’anno della parte eccedente il 60% del Pil a partire dalla legge di Stabilità del 2014). Non solo, questa eccezione vale solo finchè la crescita del Pil è “negativa o ben al di sotto del suo potenziale”.
LETTA
Alla luce di quanto scritto da Olli Rehn, il tweet più corretto sarebbe a questo punto: “Ce l’abbiamo fatta?”. Forse qualcuno potrebbe a quel punto chiarire al premier che no, non ce l’abbiamo fatta.
I paletti stabiliti dalla commissione fanno sì che l’Italia non abbia alcun margine di spesa per il 2013 visto che il rapporto deficit/pil è già previsto al 2,9% dopo il pagamento di parte dei debiti della Pa alle imprese.
Nel 2014, infine, lo spazio di manovra sarà al massimo di sei miliardi di euro.
Perchè? La commissione stima il nostro deficit per l’anno prossimo al 2,5% e quindi — fa i conti Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma — “l’Italia avrà a disposizione non più dello 0,4% di Pil da poter spendere per investimenti produttivi. Al massimo 6 miliardi”.
Se poi, come continua a prevedere Saccomanni, dall’anno prossimo partirà la ripresa, nel 2015 non potremo nemmeno più sfruttare la “deviazione” di Barroso.
ZANONATO
Ormai il povero ministro dello Sviluppo economico ha il ruolo dell’uccello del malaugurio: “Io non esagererei con l’ottimismo”, avvertiva durante i brevi festeggiamenti di palazzo Chigi.
E infatti oltre alla lettera di Rehn, assai meno piacevole delle vaghe parole di Bar-roso, pure il reale stato dei conti pubblici dovrebbe preoccupare assai Letta e Saccomanni: ad oggi il nostro deficit risulta infatti sotto il 3% del Pil solo grazie ad una recessione sottostimata e al fatto che alcune spese non sono state ancora contabilizzate.
Spiega l’ex sottosegretario Guido Crosetto: “Qualcuno avvisi il premier e soprattutto il ministro, appena avranno un po’ di tempo tra un festeggiamento ed un brindisi, che l’Italia, ad oggi, senza correzioni è già oltre la soglia del 3%. In realtà , lo sanno entrambi benissimo, ma continuano a recitare una parte per sopravvivere”.
SACCOMANNI
Mentre recita, però, il ministro dell’Economia non sta con le mani in mano.
Sapendo che l’effetto delle parole di Barroso sarà , eufemizzando, non risolutivo, ieri in audizione in Parlamento ha chiarito qual è l’orizzonte in cui si muoverà l’esecutivo: “Vi sono ampi margini per la razionalizzazione della spesa per ottenere risparmi in molti comparti. L’opera di revisione della struttura della spesa è la nostra priorità , è la condizione essenziale per poter allentare il prelievo fiscale”.
Tradotto: volete togliere l’Imu o abbattere il cuneo fiscale? Bisogna tagliare (con relativi effetti recessivi sull’economia).
Una buona notizia, infine, può essere invece considerato l’impegno formale della Bei (Banca europea per gli investimenti) a mettere altri 60 miliardi di euro in interventi su crescita e occupazione concordati in sede Ue..
“È un passo importante”, ha commentato dopo un vertice sul tema a Berlino il ministro del Lavoro Enrico Giovannini.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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