LE “IMPREVEDIBILI” ELEZIONI IN SLOVACCHIA
SABATO ANDRA’ ALLE URNE TRA DISINFORMAZIONE E IL RISCHIO DI UNA SVOLTA FILORUSSA
Sabato la Slovacchia va al voto per rinnovare il parlamento e i sondaggi prevedono un serrato testa a testa tra il partito liberale Slovacchia Progressista e i socialdemocratici dello Smer di Robert Fico, leader populista e russofilo.
A Bruxelles la tensione è alta e c’è chi teme un cambio di maggioranza e di sensibilità a Bratislava, finora considerata un solido alleato nel fronte europeo anti-Mosca. “Siamo un paese pacifico. Non invieremo una sola munizione all’Ucraina”, ha detto Fico la scorsa settimana durante un comizio. La sua linea è identica a quella di Viktor Orbán, spina nel fianco del blocco a 27 che è più volte riuscito a fiaccare la portata delle sanzioni contro la Russia – dopo averle a lungo ritardate – e a minare l’unità del sostegno all’Ucraina. A complicare le cose, il fatto che la Slovacchia sia con Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria, uno dei cinque paesi europei che avevano minacciato l’embargo sui cereali importati dall’Ucraina, la scorsa settimana, prima di trovare un accordo con Kiev. Una decisione dettata dal timore di essere inondati da cereali a basso costo che avrebbero danneggiato i produttori locali e il mercato interno.
Chi è Robert Fico?
Ex membro del Partito Comunista, reinventatosi socialdemocratico dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il 59enne Robert ha ricoperto l’incarico di primo ministro della Slovacchia per ben due volte. È considerato un nazionalista populista di sinistra, con una visione conservatrice della società, fortemente contrario all’immigrazione e strenuo sostenitore delle necessità di un aumento della spesa sociale. Sebbene al Parlamento europeo il suo partito sieda nel gruppo dei Socialisti e Democratici, i suoi alleati lo hanno allontanato a seguito dello scandalo scoppiato nel 2018 dopo gli omicidi in stile mafioso del giornalista investigativo Ján Kuciak e della sua ragazza, Martina Kušnírová. Kuciak stava indagando sulle presunte connessioni tra la ‘Ndrangheta calabrese e membri del governo guidato dallo stesso Fico. L’allora premier fu costretto a dimettersi e quell’evento sembra aver cambiato la sua traiettoria politica: da leader pragmatico, che non aveva mai messo in dubbio gli obblighi nei confronti dell’Ue e della Nato, Fico si è progressivamente trasformato in alfiere della propaganda di Mosca. Grazie a questa implacabile campagna di disinformazione, secondo il think tank Globsec di Bratislava, più della metà della popolazione ritiene che l’Occidente sia responsabile della guerra e il sostegno all’adesione alla Nato è sceso al 58%.
Rischio ‘deriva’ ungherese?
Se finora i sondaggi più recenti davano allo Smer uno stretto vantaggio su Slovacchia Progressista (PS), un partito di centrosinistra moderato, le ultimissime rilevazioni hanno rovesciato le prospettive, collocando quest’ultimo al 18% e il partito di Fico al 17,7%. In ogni caso, quella che ci si attende è una vittoria sul filo di lana. Su un punto però gli osservatori concordano, quelle di sabato si prospettano come le elezioni più imprevedibili della recente storia politica slovacca e rischiano di essere pesantemente condizionate dalla disinformazione. Ad oggi, secondo l’analista politica Katarína Klingová, la maggioranza degli slovacchi nutre “totale sfiducia” nei partiti e nel governo. Una situazione aggravata dalla pandemia di Covid, dall’inflazione e della guerra, ma da cui il leader di Smer – che in campagna elettorale ha contribuito a diffondere teorie del complotto e accuse all’Occidente in tutto e per tutto simili a quelle del Cremlino – ha indubbiamente tratto vantaggio. Secondo Klingová, attualmente in Slovacchia ci sono oltre 280 siti web e portali che diffondono disinformazione, insieme a più di 1700 pagine e gruppi Facebook. Un ecosistema di fake news che in molti casi ha origini ‘nazionali’, anche se collegamenti diretti e indiretti con Mosca sono tutt’altro che da escludere.
Largo ai giovani?
Secondo gli osservatori, la possibile vittoria di Fico potrebbe spostare la Slovacchia nell’orbita di Budapest, aumentando le prospettive di una brusca virata in politica estera e trasformando il paese in una “seconda Ungheria”. E questa è una parte importante della posta in gioco. In un momento in cui le opinioni pubbliche europee e americane sono attraversate da un crescente sentimento di stanchezza per il protrarsi della guerra e dei suoi effetti, si tratta di un rischio che preoccupa Bruxelles. Ma a ben guardare, anche se dovesse vincere le elezioni, a differenza di Orbán, il cui partito Fidesz governa in Ungheria con la maggioranza assoluta, lo Smer di Fico godrà di un risicato vantaggio e per formare una coalizione dovrà appoggiarsi a partiti europeisti o estremisti filorussi. In entrambi i casi non si tratterebbe di maggioranze solide e questo suggerisce che la scena politica slovacca, che ha avuto cinque primi ministri negli ultimi cinque anni, potrebbe rimanere instabile ancora a lungo. Inoltre, se c’è una cosa che gli slovacchi hanno dimostrato negli ultimi anni – soprattutto quelli delle generazioni più giovani – è che sono fermamente pro-europei. E come sottolinea oggi il quotidiano Politico “è difficile immaginare che le stesse persone che sono scese in piazza nel 2018 e hanno cacciato Fico dal potere resteranno a guardare il loro paese seguire la deriva dell’Ungheria”.
(da Ispi)
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