LE MANI DELLE MULTINAZIONALI SUI PRODOTTI AGRICOLI: BREVETTI, POMODORI E BROCCOLI COME AUTO DI LUSSO
LE GRANDI AZIENDE INTERNAZIONALI SI STANNO GARANTENDO L’ESCLUSIVA SU MOLTI ALIMENTI… CHI VORRA’ COLTIVARLI SARA’ COSTRETTO A PAGARE UNA ROYALTY CON UN INEVITABILE AUMENTO DEI COSTI PER PRODUTTORI E CONSUMATORI
Pomodori, patate, broccoli, ogni altro alimento. Oggi li comprate al negozio, al mercatino sotto casa, al supermarket.
Dovrete sempre continuare a farlo per nutrirvi, ovviamente, ma in un futuro prossimo potrà costare più caro a voi consumatori e ancor più caro ai produttori, perchè le grandi multinazionali dell’agroalimentare brevettano all’Epo (European patents office, ufficio europeo dei brevetti, sede Monaco di Baviera) queste produzioni, e quindi in sostanza se ne assicurano l’esclusiva.
Contro questa pratica, incompatibile con normative e leggi della stessa Ue, si terrà a Monaco una manifestazione internazionale.
Il brevetto per strappare al resto del mondo l’esclusiva della patata, del pomodoro, del broccolo, della bistecca, secondo le associazioni di difesa della natura e della materia vivente come Equivita in Italia, è ormai una strategia portata avanti a carte scoperte da multinazionali come Monsanto, Dupont, Syngenta, Bayer, Basf solo per citare alcune tra le più potenti.
L’Ufficio europeo dei brevetti annullerà il ricorso contro il brevetto sul broccolo (EP10698199), ed è convocata la manifestazione davanti alla sua sede nella capitale bavarese.
Poi seguirà il brevetto sul pomodoro (EP1211926). In altre parole, per spiegare tutto ai profani: chi vorrà coltivare pomodori dovrà pagare ogni anno al detentore del brevetto, cioè a una multinazionale, una royalty, un diritto di brevetto.
Cioè coltivare broccoli o pomodori, materia vivente e patrimonio alimentare comune dell’umanità , verrà equiparato a produrre una bella Bmw o Mercedes, ovviamente diritto esclusivo del produttore d’auto, e dei suoi team di ingegneri, ricercatori e operai che hanno sviluppato l’auto messa poi in vendita.
Un pomodoro o un broccolo come un’auto di lusso, ti saluto consumatore e cittadino. La produzione indipendente di verdure di cui l’umanità si nutre da millenni verrà quasi equiparata all’attività di chi, come le industrie cinesi controllate dal sistema totalitario al potere a Pechino, produce e vende copie spudorate di auto, treni ad alta velocità o aerei i cui originali sono stati costosamente studiati, elaborati, sperimentati e prodotti nel mondo libero, dall’Europa al Nord America, dal Giappone alla Corea del Sud.
Conseguenza: agricoltori e allevatori, soprattutto nel terzo mondo ma anche da noi in Europa, rischieranno di andare in rovina, e molti di loro ci andranno davvero, mentre non andranno in rovina le industrie di proprietà del partito-Stato cinese che copiano i prodotti originali dell’industria europea, giapponese, nordamericana, sudcoreana. Paradossale ma rischiamo proprio questo.
E i consumatori pagheranno il conto col carovita, quindi peggio che comprare una copia cinese a buon mercato di un prodotto europeo.
Le decisioni dell’Epo, notano le organizzazioni di difesa della natura e della materia vivente, contraddicono l’articolo 53b della convenzione europea dei brevetti e l’articolo 4 della direttiva europea sulla brevettabilità del vivente.
Sembra linguaggio ostico da addetti ai lavori, ma tradotto in pratica significa che le multinazionali non avranno più solo in mano i brevetti esclusivi del cibo transgenico, bensì anche del cibo tout court.
E’ una strada strisciante verso la cancellazione della sovranità alimentare degli Stati e delle economie e la privatizzazione della materia vivente.
Se brevetti il broccolo o il pomodoro, detto in soldoni, l’agricoltore ovunque nel mondo dovrà pagarti ogni anno i diritti, con pesanti conseguenze per la sua sopravvivenza economica e per il prezzo al consumo.
Come ha detto Kerstin Lanje di Misereor, “in tempi in cui quasi due miliardi di persone soffrono la fame è semplicemente immorale far crescere i prezzi degli alimenti creando monopoli dei brevetti”.
Andrea Tarquini
(da “La Repubblica”)
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