LE PEN ALLA VODKA: DENTRO LA NATO, MA FUORI DAL COMANDO MILITARE INTEGRATO, DENTRO L’UNIONE EUROPEA, MA PER “RIFORMARLA DAL SUO INTERNO”
LA ZARINA SOVRANISTA CAMMINA SULLE UOVA SULLA POLITICA ESTERA MA IL TALLONE D’ACHILLE PER LEI RESTA IL LEGAME CON PUTIN
Dentro la Nato, ma fuori dal comando militare integrato. Dentro l’Unione europea, ma per «riformarla dal suo interno». Marine Le Pen ha presentato ieri il suo programma di politica estera, un settore da sempre tecnicamente scivoloso per lei (è molto più brava a parlare di potere d’acquisto, dei prezzi della benzina o della qualunque in mezzo alla folla di un mercato).
Anche in questo caso, ha cercato di rassicurare, tra un colpo al cerchio a uno alla botte: un po’ dentro e un po’ fuori, sia nell’Alleanza atlantica che nella Ue. E soprattutto cercando di parlare il meno possibile del tema più imbarazzante per lei: la Russia e il suo “amico” Vladimir Putin (ha assicurato di averlo incontrato una sola volta, nel 2017).
Tutta di bianco vestita (pure lì, rassicurante), si è presentata ai Salons Hoche, uno spazio prestigioso, della Parigi che conta, a due passi dall’Arco di Trionfo. Ha letto un lungo discorso (mai è andata a braccio, che dà l’idea di una certa incertezza), a parte nelle domande finali.
Nel mezzo, pure un’interruzione imprevista: una militante di Ibiza, collettivo di sinistra, che si era accreditata come rappresentante di Russia Today, la tv putiniana, ha tirato fuori d’un tratto un grande cuore con dentro lei Marine e lui Vladimir. È stata bloccata e trascinata via da un servizio d’ordine dai modi spicci. Ma torniamo alla politica estera.
«La Francia – ha detto Le Pen – non è una nazione media, ma una grande potenza che conta ancora». Puntando su questo, vuole rafforzare il bilateralismo, al contrario dell’approccio multilaterale di Emmanuel Macron. Insomma, la visione del mondo di Le Pen è alquanto trumpiana. Sulla Nato, intende ritornare alla politica pre-2009, quando la Francia non faceva parte del comando militare integrato. «Sono per un riavvicinamento strategico tra l’Alleanza atlantica e la Russia, dopo che la guerra in Ucraina sarà terminata e si sarà risolta con un trattato di pace». Così ha liquidato la tragedia in terra ucraina…
Non auspica né «la sottomissione a Mosca», né «il servilismo nei confronti dell’amministrazione Biden», soprattutto nell’area dell’Asia e dell’Oceania. Si è poi lanciata in una tirata contro la Germania, muovendo da una critica feroce contro Angela Merkel: «La sua politica migratoria e anche quella energetica, ma pure la discreta e abile egemonia che ha imposto all’Ue sono stati particolarmente funesti per l’Europa e per il suo stesso Paese».
Dei tedeschi critica oggi l’opposizione anti-nucleare. E non solo: punta il dito su «divergenze strategiche irriconciliabili» con la Francia e intende «bloccare l’insieme della cooperazione con Berlino sul piano militare». Denuncia «l’accecamento francese rispetto alla Germania». Non sembra scommettere sull’asse franco-tedesco, che da sempre sorregge la costruzione europea.
Macron le rinfaccia di voler uscire dall’Europa senza dirlo. Ieri lei gli ha risposto così: «La Frexit non è per niente il nostro progetto. Vogliamo riformare l’Ue dal suo interno». Ha aggiunto che una delle sue priorità è tornare «a un contributo netto del nostro Paese di 5 miliardi annui alle casse dell’Ue, come ai tempi di Jacques Chirac, contro gli 8-9 di oggi». Un’Europa meno potente, sempre.
(da “la Stampa”)
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