L’ENNESIMO SCAZZO ALL’INTERNO DEL GOVERNO DUCIONI SI CONSUMA SULLE PENSIONI: LA MELONI FA CAPIRE A SALVINI CHE I SOLDI PER QUOTA 41 NON CI SONO
SI PREANNUNCIA UN AUTUNNO BOLLENTE PER LA DUCETTA, CHE DOVRA’ VARARE UNA FINANZIARIA LACRIME E SANGUE, VISTO CHE IL PIATTO DEI CONTI PUBBLICI PIANGE… LA SUA STRATEGIA (IMPOSSIBILE) È TAGLIARE I TANTO CRITICATI BONUS
Troppo scomodo per parlarne subito. Il tema delle pensioni è stato volutamente tenuto fuori dal tavolo di ieri, il primo vertice di maggioranza del dopo ferie. Inutile cercarne traccia nella “nota congiunta di centrodestra”, quella pasticciata sulla politica estera. Nel testo si citano i capisaldi della prossima manovra, la terza del governo Meloni: giovani, famiglie, natalità, fisco, imprese.
Zero sulla previdenza: divisiva, costosa, complessa. E rimandata alle prossime settimane. Non che manchi l’urgenza. C’è un pacchetto da 629 milioni in scadenza a fine anno: Ape sociale, Opzione donna, Quota 103, aumento delle minime. E la rivalutazione all’inflazione che da gennaio torna più favorevole per i pensionati, meno per i conti dello Stato.
Sarebbe anche necessario un passaggio con i sindacati, invocato a più riprese da Cgil, Cisl e Uil. Prima però bisognerebbe scegliere: cosa tenere, cosa prorogare, cosa cancellare, cosa cambiare. Argomenti neanche sfiorati ieri. Non a caso. Il tema è altamente divisivo. L’approccio degli alleati è variegato, le priorità addirittura confliggenti. Agli antipodi le richieste di Forza Italia e della Lega. Persino i moderati di Maurizio Lupi ora dicono «basta ai pensionamenti anticipati».
Un modo per far capire al Carroccio che Quota 41 resta nel libro dei sogni. Matteo Salvini ne ha fatto una bandiera, la testa d’ariete per dire di aver «abolito la legge Fornero». Nonostante i paletti che i leghisti sono disposti ad accettare – ricalcolo contributivo, finestre più lunghe, persino un anno lavorato da minorenne – e una previsione di spesa «sotto i 900 milioni», Quota 41 non fa breccia.
Il muro più alto è in famiglia. Il vicesegretario della Lega nonché ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ieri ha mandato un messaggio molto chiaro a partito e alleati.] Un bagno di realtà obbligato che si è tradotto in quello strano silenzio finale. Pensioni evaporate.
Torneranno a ballare presto. Fosse solo perché il ministro dell’Economia dovrà dire cosa fare dell’indicizzazione all’inflazione nel 2025. Se ricavarne ancora risorse, per il terzo anno consecutivo, così da portare a Bruxelles lo scalpo dell’oculatezza della spesa. Fare cassa sugli assegni sopra i 2.273 euro lordi è diventata ormai una consuetudine per questo governo.
(da La Repubblica)
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