L’IRA DI SILVIO SU BRUXELLES: “TIRANO LA VOLATA A MARIO”
IL CAVALIERE PENSA A SOSTITUIRE ALFANO
«Continuano a entrare a gamba tesa, stanno tentando di aiutare il loro amichetto Monti. Ma non ce la faranno». Si sfoga con stizza Silvio Berlusconi.
Ad Arcore – dove il capo del centrodestra resta tutto il giorno più intento a chiudere l’affare Balotelli che a occuparsi di campagna elettorale – non vengono considerati casuali i due affondi in sequenza, da due diversi commissari europei, nel giro di 24 ore.
Il Cavaliere li considera step di una medesima «manovra di accerchiamento: come il complotto di un anno e mezzo fa».
La mossa delle autorità Ue viene ricondotta nei colloqui privati al tentativo di aiutare la lista Monti.
«Si sono accorti che il loro Professore non decolla e provano ad aiutarlo, mi chiedo fino a che punto si spingeranno» spiega da Villa San Martino l’ex premier che commenta al telefono l’escalation con il «suo» commissario Ue Antonio Tajani e con Renato Brunetta.
Proprio all’ex ministro verrà affidata a tamburo battente la replica al vetriolo.
Al contrario non ci sarà alcuna replica al presidente Napolitano che striglia con toni aspri sullo scivolone negazionista sul Duce.
Lì, Berlusconi incassa e tace. Un filone che preferisce chiudere e alla svelta.
Gli attacchi di Bruxelles invece bruciano di più, sebbene racconti di averli messi nel conto: «C’era da aspettarselo da tutti quei partner della Germania, dopo le mie polemiche sull’Unione a guida tedesca».
Certo è che alle critiche di Junker e poi a quelle dei due commissari, fanno notare dagli uffici di Bruxelles, non è seguito alcun richiamo da parte del presidente della Commissione, Van Rompuy.
E da quelle parti anche i silenzi e i mancati richiami hanno un peso.
Meno preoccupato Berlusconi lo è per eventuali provvedimenti sanzionatori dai vertici del Ppe, pur non esclusi da Franco Frattini.
Il fatto è che a Bruxelles starebbero archiviando in una sorta di dossier tutte le uscite degli ultimi mesi in chiave anti-europeiste del leader italiano.
Ma anche articoli e dichiarazioni relativi alle alleanze con la Destra di Storace e con quella Lega che sogna il referendum contro l’Euro.
Non tira aria di espulsione del Pdl, sia chiaro. Ma un «richiamo» all’alleato viene preso in considerazione, dopo le politiche.
Per palesi contrasti col Manifesto Ppe approvato a ottobre a Bucarest.
Un precedente sarebbe rintracciato nella sospensione dei popolari austriaci nel febbraio 2000, per l’alleanza col nemico di Bruxelles Joerg Haider nel governo nero-blu.
Ma di quel che accadrà dopo il voto, ad Arcore come a Palazzo Grazioli, si curano poco.
Nel quartier generale romano Paolo Bonaiuti ha coordinato la pianificazione degli ultimi venti giorni di campagna, da giocare tutti all’attacco, tutti in tv e sul web, con puntate personali del leader giusto in Veneto, Sicilia, Puglia e in Lombardia, dove chiuderà venerdì 22.
A scuotere il partito è stato invece la sortita pubblica di ieri con cui Berlusconi, intervistato, ha dichiarato che «i tempi sono più che maturi per un leader di partito al femminile, per un primo ministro donna».
Nelle stanze di via dell’Umiltà l’uscita è risuonata come la temuta conferma delle voci che si erano rincorse da giorni: l’intenzione del capo di sostituire il segretario Angelino Alfano dopo le politiche.
E per farlo con una donna. Le ex ministre sono in campana.
Ma il nome per ora resta nel cassetto di Arcore.
Tommaso Ciriaco e Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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