LO STATO DEVE CHIEDERE GARANZIE SULLA VALIDITA’ DEL VOTO ON LINE SU SALVINI, IL VOTO E’ FACILMENTE MANIPOLABILE SENZA CONTROLLI TERZI
COSA INSEGNA L’ESPERIENZA SVIZZERA DOVE VOGLIONO VIETARLO… E ALTRI PAESI LO HANNO GIA’ FATTO
Il sistema di votazioni in internet usato dal Movimento 5 stelle è la vera “democrazia diretta”? Oppure le votazioni in internet possono imbrogliare e per questo vanno vietate?
La risposta “sì” alla seconda domanda viene dalla Svizzera, la patria della democrazia diretta.
Venerdì, infatti, un comitato referendario autorevole ha lanciato l’iniziativa popolare “Per una democrazia sicura e credibile (E-Voting-Moratorium)”. Essa chiede al popolo di introdurre nella Costituzione il seguente articolo: “L’uso di sistemi elettronici di votazione è proibito” (e-voto come opzione aggiuntiva, non sostitutiva del voto su carta, ndr). Secondo gli inizianti le votazioni in internet non sono “democrazia diretta” perchè esse sono intrinsecamente insicure, non credibili, e manipolabili. Per questo — essi affermano – l’e-voto (votazione in internet) mette in pericolo la democrazia diretta che il popolo svizzero pratica da secoli, e che lo chiama a votare su schede di carta tre o quattro volte all’anno.
L’iniziativa popolare è stata lanciata in seguito alla constatazione della facilità di manipolare le votazioni in internet dall’interno e dall’esterno.
Il comitato referendario espone come segue gli argomenti contro l’e-voto.
Quasi tutte le istituzioni che ci hanno provato hanno fatto brutte esperienze e molte hanno abbandonato l’esperimento.
In Svizzera il Cantone di Ginevra, all’avanguardia nel voto politico sperimentale in internet, lo ha abbandonato in seguito a manipolazioni.
Lo stesso hanno fatto diversi tra quei cantoni che sperimentano l’e-voto (ovviamente, in aggiunta al diritto di voto su carta).
L’Inghilterra, la Germania, la Finlandia, la Francia e la Norvegia hanno riconosciuto i gravi rischi dell’e-voto e hanno abbandonato le sperimentazioni in corso e i progetti per farne di nuove.
Al “Def Con” del 2017, il maggiore congresso mondiale di hacker, questi sono penetrati in due ore in sistemi locali sperimentali di e-voto degli USA dichiarati assolutamente sicuri.
La RUAG, l’azienda statale d’armamenti elvetica, ha subìto un grave spionaggio informatico, scoperto però solo dopo due anni.
In Svizzera — ricorda un presidente di partito – vi sono aziende private che offrono sistemi e-voto e sussiste la minaccia della loro privatizzazione. Pochi mesi fa un giovanotto tedesco ha violato col suo computer di casa i sistemi informatici di decine di politici e personaggi famosi, compresa la cancelliera Merkel, e ne ha pubblicato i dati privati.
Garanzie impossibili
La proposta di modificare la Costituzione elvetica prevede che il Parlamento possa revocare il divieto dell’e-voto (non prima di cinque anni) solo se saranno garantite le seguenti condizioni.
L’eventuale sistema di e-voto deve essere altrettanto sicuro del voto scritto a mano su carta. Le fasi essenziali del voto elettronico devono poter essere verificate dagli elettori, senza particolari competenze.
I risultati parziali devono poter essere determinati in modo chiaro e imparziale e, se necessario, verificati in modo attendibile e da persone senza particolari competenze. Secondo diversi esperti, è praticamente impossibile che ogni voto sia controllato, validato ed eventualmente ricontato più tardi da scrutatori di partiti concorrenti, come avviene per il voto su carta.
Non esistono inoltre sistemi per garantire che chi vota dal computer sia proprio la persona che ne ha diritto. Se essi esistessero inficerebbero l’anonimato (l’e-banking per esempio, si basa sulla identificazione dell’utente).
Il comitato referendario
La categoria più rappresentata nel comitato promotore è quella dei giovani esperti informatici (docenti, ingegneri, tecnici, imprenditori) e dei professionisti della sicurezza digitale.
Tra questi spicca Renè Droz, per decenni uno dei responsabili della difesa digitale dell’esercito svizzero. Fanno parte del comitato referendario anche tre associazioni di informatici libertari e indipendenti dal potere: la Società Digitale, il Partito pirata, il Chaos Computer Club. Altri inizianti sono politici di tutti i partiti.
In maggioranza essi sono membri delle federazioni giovanili dei partiti, ossia di una generazione particolarmente competente nelle tecniche e nei rischi digitali. Non mancano però anche politici di primo rango, tra i quali il presidente del Partito Verde Svizzero e il co-presidente del Partito pirata internazionale.
La “democrazia diretta” in internet è la negazione della democrazia diretta
Che lezioni possiamo trarre dall’iniziativa svizzera “Per una democrazia sicura e credibile (E-Voting-Moratorium)”?
Primo. Le votazioni in internet sono democratiche solo se si aggiungono al voto su carta, non se lo sostituiscono. Quando la votazione in internet è l’unica possibile, essa nega il diritto elettorale a tutti coloro che per povertà , età , scarsa istruzione e insufficiente competenza non possono o non vogliono votare in internet. In Italia essi sono quasi metà degli adulti, e in particolare i più poveri, deboli, anziani e residenti nel Sud.
Secondo. L’iniziativa svizzera per difendere la democrazia diretta sgombra il campo dalla mistificazione di chi chiama l’e-voto “democrazia diretta”. L’e-voto, infatti, è proprio il contrario della democrazia diretta, perchè esclude decine di milioni di elettori, e perchè allo stato attuale della tecnica non è sicuro, nè affidabile, nè trasparente.
Lo Stato chieda garanzie sulla validità della votazione su Salvini
Alla vigilia di una votazione privata in internet dalla quale può dipendere l’immunità del senatore Matteo Salvini e la tenuta o la caduta dell’intero governo è indispensabile che le massime cariche dello Stato richiedano la prova inconfutabile e indipendente della credibilità dei risultati di tale votazione.
(da “Huffingtonpost”)
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