MARONI E IL MISTERO DEGLI 871 MILIONI GIRATI DALLA REGIONE A FINLOMBARDA
COME SONO STATI SPESI? …LE DOMANDE DELLA CORTE DEI CONTI LOMBARDA
“Scusate, vorreste essere così gentili da dirci che ne è stato degli 871.459.434 euro che Finlombarda risulta aver avuto nella sua totale disponibilità nel 2016 e dei quali non si sa se e come sono stati utilizzati?”.
A porre l’incredibile domanda — non in questi termini, naturalmente, ma il senso è quello — è stata la Corte dei Conti della Lombardia, chiamata il 10 luglio scorso a dare il suo Giudizio di Parificazione del Rendiconto generale dell’ente guidato da Roberto Maroni. Cioè, il suo parere sul bilancio della regione più ricca d’Italia.
I (pochi) media che hanno seguito l’udienza del 10 luglio hanno riferito di un bilancio 2016 che registra una riduzione del disavanzo; di un “saldo contabile, che pur rimanendo negativo, recupera 89,1 milioni di euro rispetto al 2015” e di un “saldo sostanziale che registra un miglioramento di 556,47 milioni rispetto al precedente esercizio”. Insomma, a una prima lettura sembra che Maroni abbia ricevuto una promozione a pieni voti.
Da qui le dichiarazioni del Governatore che esultante dichiarava: «La Corte anche quest’anno ha promosso Regione Lombardia, approvando il bilancio 2016 e confermando così la qualità nella gestione dei nostri conti pubblici».
Tuttavia, a prendersi la briga di spulciare le circa 300 pagine della relazione del Presidente Simonetta Rosa e nella Requisitoria del procuratore regionale, Salvatore Pilato, le ombre escono fuori e sono pure nere.
Il documento, infatti, solleva pesanti rilievi che svariano dai fondi stanziati e inutilizzati dagli enti regionali, alla preoccupazione per la redditività delle grandi società in house, passano per gli allarmi lanciati sulle partecipate Aler (case popolari) e Asam (autostrade) e si concludono con le bacchettate per le assunzioni dei dirigenti delle partecipate e l’abuso dei contratti atipici.
Per Bobo Maroni i dolori arrivano nella parte dalla relazione a firma Giovanni Guida, il magistrato che si è occupato di analizzare i rapporti tra il Pirellone e “gli enti del sistema Regionale (Sireg)”.
Fanno parte dei Sireg tutti quegli enti dalla natura giuridica differente (agenzia, spa, fondazione) ai quali l’architettura regionale lombarda ha conferito un ruolo fondamentale nell’attuazione delle proprie politiche.
Per capirci, sono Sireg: Finlombarda, Infrastrutture Lombarde, Lombardia Informatica, le Aziende Ospedaliere, le Aziende socio sanitarie territoriali (Asst), Aler, Fnm ecc…
Insomma, è l’oceano di tutte le partecipate che di fatto realizzano le politiche decise dalla giunta regionale. E che quindi ricevono una “non marginale quota di trasferimenti”.
E qui iniziano le note dolenti, scrivono i giudici: “Si tratta di risorse che vengono gestite per il tramite di organismi partecipati dalla Regione e delle quali il rendiconto daÌ€ evidenza contabile esclusivamente con riferimento ai dati dell’impegno e della spesa relativi all’assegnazione iniziale delle risorse e che in misura non insignificante rimane non utilizzata nelle contabilitaÌ€ di questi Enti”.
Tradotto: il Pirellone vota le leggi e stanzia i fondi per realizzarle, li gira all’ente che dovrebbe attuare le politiche, ma lì i soldi si impantanano.
Perchè gli enti quei soldi li incamerano, ma non li spendono. E non parliamo di spiccioli, visto che nel 2016 “gli impegni verso enti dipendenti e società totalmente partecipate sono stati pari a 631,57 milioni di euro, di cui 155 per spese di funzionamento”. Anzi, sono talmente tanti, che spesso eccedono le capacità di spesa.
“Un’indagine sulla gestione della liquiditaÌ€ regionale nel Sireg”, aggiungono i magistrati, “ha rilevato come sono trasferite agli Enti risorse eccessive rispetto alla capacitaÌ€ d’impiego da parte degli stessi nell’espletamento delle funzioni loro delegate. Tale fenomeno, che appare riconducibile o a un difetto di programmazione da parte della Regione ovvero ad una scarsa efficienza della gestione operata dai predetti Enti, che non riescono ad impiegare in modo efficace le risorse trasferitegli dalla Regione, potrebbe produrre effetti potenzialmente distonici sulla valutazione del raggiungimento dei nuovi saldi di finanza pubblica in ipotesi di utilizzo di tale liquiditaÌ€ e di un suo eventuale tiraggio da parte della Regione stessa”.
Per comprendere l’entità dell’eventuale “distonia”, basti dire che al 31 dicembre 2016, presso i principali enti Sireg risultavano allocate risorse regionali pari quasi a due miliardi di euro”! Un immobilizzo monstre, che, oltre a togliere liquidità alla Regione e puntualità nell’intervento sociale, ha anche cospicui costi impliciti.
Ma siamo all’inizio: non solo quei soldi restano inutilizzati, ma spesso, dicono i giudici, spariscono dai radar e non si riesce a sapere come vengono utilizzati: “Il Rendiconto della Regione, proprio per essere in gran parte caratterizzato da trasferimenti, non consente di conoscere esaustivamente e di valutare i fatti gestionali attraverso i quali sono attuate le politiche pubbliche, rimesse in gran parte alle attivitaÌ€ degli Enti regionali, neÌ di ricostruire i relativi costi e le procedure amministrative adottate”.
E da qui si capisce l’apparente inconciliabilità di una Corte che da un lato certifica un bilancio in ordine — quello della Regione, dove appaiono solo i soldi girati ai Sireg — e dall’altro lancia l’allarme per l’inconoscibilità dell’utilizzo dei fondi, i quali una volta incamerati dalle partecipate, rientrano nella contabilità delle stesse e non più del Pirellone.
Ad aggravare la situazione, “la facoltaÌ€ riconosciuta alla Giunta di intervenire, modificando le finalitaÌ€ cui le risorse sono state assegnate con precedenti leggi di spesa o determinando una riprogrammazione dell’utilizzo delle stesse, senza alcuna partecipazione da parte del Consiglio”. Cioè: i soldi stanziati a un ente con la legge per le case sismiche, per esempio, la giunta può decidere di “girarli” per la costruzione di campi da golf (è un’ipotesi di scuola), senza che il Consiglio Regionale lo sappia.
Campione di questa “possibile gestione fuori bilancio” e, soprattutto, “del significativo accumulo di risorse che rimangono inutilizzate presso gli organi” è, per i magistrati, Finlombarda, la cassaforte del Pirellone, che di fatto svolge un’“attività di tesoreria alternativa” in favore sia della Regione che degli altri enti.
Finlombarda, recentemente assurta all’onore delle cronache per una supposta truffa milionaria organizzata da alcuni dei suoi manager di punta, nel 2016 ha gestito fondi — finalizzati ad attività di finanziamento, concessione garanzie, contributi in conto capitale o in conto interessi — per un totale di 1.426.221 euro, di cui 871.459.434 risultano essere rimasti giacenti e, dunque, non destinati al diretto soddisfacimento delle politiche regionali.
Tutte “risorse” che scrivono i magistrati “risultano sottratte al sistema della Tesoreria unica dello Stato e, di contro, impiegate anche in strumenti finanziari”.
Insomma, un fiume di soldi — tutti stanziati con uno scopo chiaro — finiti nelle disponibilità di Finlombarda che potrebbero non essere andati per i loro fini originari, o che non sono proprio andati da nessuna parte. Tanto che “la significatività , dal punto di vista quantitativo, di tali risorse regionali liquide (…) sta generando ulteriori fenomeni potenzialmente distonici rispetto ai principi di finanza pubblica”.
E i giudici fanno anche un elenco dei finanziamenti non previsti, effettuati nel 2016 da Finlombarda a favore di alcuni enti regionali: il prestito da 38 milioni concesso come “versamento soci infruttifero” ad Arexpo spa e poi non più richiesto indietro; i 29 milioni dati ad Asam per pagare gli interessi per due prestiti in scadenza; le due anticipazioni straordinarie decise per far quadrare i disastrati bilanci Aler; i 25 milioni concessi a Lombardia Informatica a copertura delle spese generali di funzionamento; la Fondazione Biomedica che ha goduto di un’anticipazione da 25 milioni di euro. Fondi che Finlombarda ha usato, ma che le erano stati dati per fini specifici.
E infatti è qui che per i giudici, sorge un problema di “compatibilità con il divieto di gestioni fuori bilancio, nonchè con la competenza del Consiglio Regionale ad approvare la destinazione delle predette risorse a livello di programmi”.
La scure dei giudici si è anche abbattuta direttamente su alcuni enti regionali, indicati come organismi dalla gestione semi-fallimentare. In questa (ingloriosa) classifica, la parte del leone spetta alle già citate Aler, ad Asam e a Infrastrutture Lombarde spa. Tutte società completamente in house, cioè a totale controllo del Pirellone. Complessivamente, le sole in house hanno ricevuto nel 2016 — al netto dei trasferimenti sanitari — circa il 70% delle risorse complessivamente stanziate per gli enti Sireg, cioè 627.959.648 euro.
Prima di analizzare le “magagne” delle singole società , è d’obbligo una breve ricognizione sui costi di gestione di queste strutture: solo per il loro mantenimento, gli ignari cittadini lombardi hanno sborsato solo nel 2016 la bellezza di 54 milioni. “Per avere un termine di paragone”, sottolineano i giudici con neanche tanto celata ironia, “può rilevarsi che, nel medesimo anno, Regione Lombardia ha speso complessivamente per il proprio personale (2926 persone, ndr) circa 160 milioni di euro”!
A far lievitare il costo del personale delle in house sono anche una miriade di dirigenti, sulle cui modalità di assunzione la Procura generale ha mosso fortissimi dubbi. Pur riconoscendo a queste società il diritto di scegliere i manager apicali con “provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità ”, il procuratore Pilato ha rilevato come “al 31.12.2016 risultino in servizio svariati dirigenti, la cui modalità di assunzione non appare chiaramente riconducibile al predetto dato normativo, poichè l’Amministrazione regionale ha indicato le seguenti modalità di reclutamento: a) “privatistica”; b) “provvedimento del presidente”; c) provvedimento del direttore Generale; d) “provvedimento di natura privatistica”; e) delibera organo di gestione”; f) “selezione tramite società esterna””.
Cioè, tutte assunzioni avvenute al di fuori dei dettami della norma e per il procuratore, “le eventuali assunzioni in violazione delle norme sarebbero nulle di diritto”. Da qui la richiesta formale al Pirellone di un “controllo analogo (a quello da lei svolto su se stessa, ndr) sulle società in house” e che “promuova una verifica sistematica della conformità della legge nella fase di costituzione dei rapporti di lavoro dirigenziali”.
Sottolineando come insieme Regione Lombardia e gli altri enti Sireg nel 2016 alle società in house abbiano conferito oltre 400 incarichi, i giudici hanno poi ricordato l’esistenza del Dl 50/2016, il quale prevede “che prima di procedere ai suddetti affidamenti, venga effettuata una valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, dando anche conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato”.
Per misurare la buona salute delle società — una curiosità più che lecita: essendo le in house società alternative agli uffici regionali per la gestione dei servizi, esse devono essere pienamente operative, altrimenti non avrebbero senso di esistere, no? —, i giudici hanno scelto di utilizzare il ROE (l’indice di redditività del capitale proprio). Trattandosi di società pubbliche, per avere la promozione, è sufficiente che il Roe sia non negativo, in quanto l’investimento pubblico dovrebbe essere finalizzato esclusivamente alla realizzazione della politica pubblica. Pur con questa avvertenza, per i giudici nel triennio 2014/2016 sono parecchi gli enti Sigef che presentano un Roe in caduta e quindi profili di preoccupazione: Finlombarda (1,02 nel 2014, 1,19 nel 2015; 0,64 nel 2016), Infrastrutture Lombarde (3,25; -13,8; 4,13); Lombardia Informatica (1,72; 7,85; 0,04); Explora (-399; 7,68; 1,17); Arexpo (0,53; 0,23; -33,7) e Asam (-6,09; -1,76; -3,96).
Una mezza debacle. A destare più preoccupazione è la declinante redditività di Infrastrutture Lombarde, la super società che gestisce i più grandi appalti della Regione, i cui vertici sono stati decapitati nel 2015 per un giro di maxi tangenti.
I giudici hanno puntato il dito sui risultati di esercizio: pur se nel 2016 la società è tornata in utile (per poco più di 300 mila euro) a fronte di una perdita del 2015 di oltre un milione di euro, “non può non evidenziarsi sia una notevole diminuzione del valore della produzione, calato di circa due terzi dal 2014 al 2016, sia il forte incremento del contributo in conto esercizio da parte di Regione Lombardia che passa, nello stesso periodo, da 763 mila euro a 7,1 milioni”.
Altra nota dolente è Aler: per i magistrati “non può non ricordarsi la situazione di marcata criticità in cui versano Aler Milano e Aler Pavia-Lodi, entrambe oggetto di piani specifici di risanamento, il raggiungimento dei cui obiettivi (…) appare riscontrare significativi ritardi. A tal riguardo, appare emblematico ricordare come nel 2016 Aler Milano abbia fatto ricorso ad anticipazioni di cassa per la gestione corrente per più di 56 milioni di euro, nonchè come la stessa Aler sia in ritardo nell’implementazione del sistema informatico SIREAL (Sistema informativo integrato Regione Lombardia-Aler) che dovrebbe consentire un miglior monitoraggio da parte di Regione di tali enti”.
Se Aler piange, certamente Asam non ride: ereditata dalla ex Provincia di Milano, la holding delle partecipate societarie facenti capo a Finlombarda che controlla le principali autostrade lombarde (presieduta dall’ex capo di Aler, l’ex profetto Gian Valerio Lombardi) è interessata da “una situazione di particolare criticità ”. L’indebitamento complessivo, pari a 172.333.327 euro, è un fattore che “può compromettere la stessa continuità aziendale”.
Sireg a parte, anche Regione Lombardia ha i suoi scheletrini nell’armadio, dalle spese per il personale al carente sistema dei controlli interni.
Circa il personale, la Corte ha registrato l’ennesimo pesante sforamento della spesa per i contratti di lavoro flessibile: a fronte di un tetto di 4.294.921, ha infatti speso ben 6.256.756, con uno sforamento — ritenuto “non accettabile” — di 1,9 milioni e rotti. “Il protrarsi di tale violazione genera obiettivi profili di criticità ” dal punto di vista sia “della legitimità contabile dell’eccedenza di spesa”, sia “della conformità dell’attività amministrativa alla disciplina finanziaria in sede di programmazione, gestionale e di consuntivo”, dicono i magistrati.
Neanche dal punto di vista dei controlli messi in atto per combattere la corruzione, la famosa e contestata agenzia Arac, per i giudici, va tutto benissimo: “L’architettura complessiva ed il funzionamento dei controlli interni merita particolare attenzione sotto i profili dell’effettivitaÌ€ delle misure di garanzia, poste a presidio dell’integritaÌ€ della finanza pubblica e dell’efficienza amministrativa, anche nella logica dell’adeguato contrasto delle forme piuÌ€ insidiose di devianza economica”.
Infine, l’ultima bacchettata a Maroni arriva dai “costi della politica”: per i giudici, infatti, “un ulteriore profilo da monitorare con attenzione concerne i costi degli apparati delle segreterie politiche dei componenti della Giunta regionale”. Emerge infatti “che tali costi esprimono importi significativi, ammontando ad Euro 5.969.711,34, importo di gran lunga maggiore, ad esempio, rispetto al dato del 2013 pari ad Euro 4.735.136,01, seppur in lieve calo rispetto al 2015 (Euro 6.088.800,30)”
Alla luce di quanto detto e scritto, quella data dai giudici a Maroni il 10 luglio scorso può sembrare molte cose, tranne una promozione a pieni voti. Sarà per l’anno prossimo, Bobo.
(da “Business Insider”)
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