MELONI, RACCONTALA GIUSTA, FUORI I DATI: SU 12 MILIARDI DI FRODI EMERSE SUI SUPERBONUS, SOLO IL 5% E’ PER LA MISURA DEL 110%
IL 58% RIGUARDA IL BONUS FACCIATE, IL 23% L’ECOBONUS, L’8% IL SISMABONUS, L’1% LE RISTRUTTURAZIONI E SOLO IL 5% IL SUPERBONUS
È sempre la solita storia: sul filo della retorica il governo, nel caso specifico la premier Giorgia Meloni, infila nella stessa frase il riferimento alle frodi e al Superbonus, indicandolo come fonte di spreco di soldi.
Un “buco” che pesa sui conti pubblici che sono in un affanno non inedito, ma che viene sorprendentemente trattato come una notizia dell’ultima ora. A cambiare però è la cifra, destinata a crescere di slogan in slogan.
L’ultima uscita di Meloni riferisce di dodici miliardi di irregolarità, seppur con la specifica: la cifra include anche il bonus facciate.
Serve a poco: il buco delle truffe da 12 miliardi viene ripresa dai media e dai giornali con titoli che fanno riferimento solo alla misura del 110 per cento, ormai già depotenziato. Un numero avvolto nella nebbia.
Il dato, infatti, è complessivo, lo specifica la stessa premier, ma non si può sapere come sia ripartito in dettaglio, quali bonus edilizi specifici siano interessati dalla truffa di questa portata. L’Agenzia delle Entrate non vuole dare un aggiornamento, il ministero dell’Economia non risponde alle richieste. Inspiegabile.
O forse spiegabile col fatto che non molto potrebbe essere cambiato dagli ultimi numeri rilasciati dall’Agenzia delle Entrate e dal suo direttore Ernesto Maria Ruffini. La relazione di marzo presentava questa ripartizione delle truffe contestate: 58% bonus facciate, 23% l’ecobonus, 8% il sismabonus, 5 % il bonus locazioni, 1% ristrutturazioni e solo il 5% il Superbonus. Percentuali su un totale di 9 miliardi di euro, che poco saranno cambiate e che includono anche la quota di irregolarità da sottoporre o già sottoposta a indagini e verifiche (e che quindi non è dato definitivo).
Ancora, a febbraio il comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, aveva tenuto un’audizione alla Commissione Finanze della Camera riferendo che “il problema non sono tanto i bonus, ma la cedibilità dei crediti” e ribadendo il dato dei 3,7 miliardi di frodi.
Il 98 % dei crediti fiscali fittizi sequestrati riguardavano però attività condotte prima dell’entrata in vigore del “decreto Antifrode” approvato a novembre 2021 dal governo Draghi.
Ancor più facile immaginare che siano diminuiti. E la stessa relazione della Gdf ricorda che le frodi hanno riguardato solo in minima parte il Superbonus, visto che prevedeva un’asseverazione dei lavori, mentre la gran parte ha coinvolto il “bonus facciate”, che non prevedeva di fatto nessun controllo.
Il punto è capire perché il governo se ne crucci proprio ora che non dovrebbe essere neanche più un grosso problema per le casse dello Stato. Non solo il ricalcolo dell’Eurostat sui crediti fiscali ha dato al ministro Giorgetti un maggiore spazio di manovra sul deficit, ma ad aprile e maggio, secondo i dati Enea, c’è stato un forte rallentamento delle asseverazioni, pari rispettivamente a 1,86 miliardi e a 2,4, poi diventati 3 miliardi a luglio.
Un piccolo balzo ma sempre comunque inferiore alla media dello scorso anno (che era stata prossima ai 4 miliardi di euro), complice l’abbassamento dell’aliquota al 90% per le unità monofamiliari e soprattutto lo stop alla cessione del credito e dello sconto in fattura introdotto a febbraio.
Si sprecano invece gli studi che dimostrano il vantaggio della misura sul Pil e sull’occupazione. Ordine dei commercialisti, Svimez, Nomisma – nonostante le diverse cifre – calcolano un effetto moltiplicatore degli incentivi edilizi sull’economia superiore a 1 (un euro di spesa che genera più di un euro di Pil aggiuntivo). Potrebbe non bastare: finora gli oneri a carico dello Stato sono stati pari a 23 miliardi di euro. Sarà la Nota di aggiornamento del Def a svelare per quanto la misurà continuerà ad essere capro espiatorio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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