NO AL SALARIO MINIMO, PASSA LA MOZIONE DELLA MAGGIORANZA
LE OPPOSIZIONI: “LAVORATORI TRADITI”
No all’introduzione del salario minimo. Il governo dovrà invece “raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori” attraverso una serie di iniziative.
Lo prevede la mozione di maggioranza approvata dall’Aula della Camera con 163 voti a favore, 121 no (M5S, Pd e AVS) e 19 astenuti (i deputati del Terzo Polo).
Respinti i testi delle opposizioni, a prima firma di Andrea Orlando (Pd), Giuseppe Conte (M5S), Matteo Richetti (Azione-Iv) e Marco Grimaldi (Avs).
Il documento, sul quale il governo aveva espresso parere favorevole, impegna l’esecutivo “a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori non con l’introduzione del salario minimo, ma attraverso le seguenti iniziative: attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, con l’obiettivo di monitorare e comprendere, attraverso l’analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione”.
Nella mozione si sollecita inoltre il governo a “estendere l’efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, avvalendosi dei dati emersi attraverso le indagini conoscitive preventivamente svolte a livello nazionale, alle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione nazionale” e ad “avviare un percorso di analisi rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, che, soprattutto in certi ambiti, coinvolge un gran numero di lavoratori, alla luce della frequente aggiudicazione di gare che recano in loro seno il concetto della ‘migliore offerta economica”.
Viene quindi auspicato il ricorso il contrasto ai cosiddetti contratti pirata “in favore dell’applicazione più ampia dei contratti collettivi, con particolare riguardo alla contrattazione di secondo livello ed ai cosiddetti contratti di prossimità”. Si chiede, infine, di avviare il confronto “sulla riduzione del costo del lavoro e del cuneo fiscale” e di “implementare una serie di politiche attive volte a garantire una più veloce collocazione dei giovani nel mondo del lavoro (ad esempio, alternanza scuola lavoro)”.
Le reazioni
“Il no alla nostra mozione per l’introduzione del salario minimo dimostra la distanza della maggioranza di governo a una questione cruciale per la nostra società – si legge in una nota del gruppo Pd-Idp della Camera – Dicono infatti no a una scelta in grado di restituire dignità al lavoro, di combattere inaccettabili disuguaglianze e che darebbe vita a una competitività capace di dare impulso a uno sviluppo reale e non basato sulla contrazione del costo del lavoro. La nostra battaglia per un tema fondamentale per il futuro del nostro Paese non si ferma certo qui”.
Per il deputato dem ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, “noi vogliamo una legge che non contrapponga il salario minimo alla contrattazione, che faccia derivare i minimi dalla migliore contrattazione per ogni settore, ma che fissi per tutti un salario, una quota oraria, sotto la quale non si può lavorare. E vedete è stato detto ‘è uno specchietto per le allodole, il salario minimo’, io non vorrei che questa affermazione suoni in qualche modo collegata alla ricetta che il governo sta mettendo in campo con la manovra”, ha detto in dichiarazione di voto alla Camera sulla mozione dem presentata a sua prima firma.
Il leader M5S, Giuseppe Conte, commenta in un post i voti della maggioranza sulle mozioni sull’Ucraina e sul salario minimo: “La maggioranza di governo cala la maschera e mostra il suo vero volto agli italiani. In poche ore prima gira le spalle a chi ha stipendi da fame, votando contro il salario minimo a 9 euro l’ora proposto dal M5S; poi – non contenta – approva una mozione a favore della corsa al riarmo e dell’aumento delle spese militari. Il Governo Meloni abbandona i lavoratori in difficoltà e ingrassa la lobby delle armi: un Paese alla rovescia”.
Per Alleanza Verdi Sinistra è intervenuto il vice-capogruppo Marco Grimaldi: “Salario minimo legale di 10 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, da rivalutare annualmente sulla base della variazione dell’indice dei prezzi. Ne trarrebbero beneficio circa 2,6 milioni di lavoratori e lavoratrici. In un Paese in cui i working poor sono 2,9 milioni e oltre 5 milioni guadagnano meno di 10mila l’anno, ossia 830 euro al mese, dovrebbe essere la priorità del governo, che invece non ha perso l’occasione di accanirsi contro chi andrebbe più tutelato. Registriamo con soddisfazione – prosegue il parlamentare dei Verdi Sinistra – l’appoggio da parte di Pd e Movimento 5 Stelle, che finalmente abbiamo visto uniti, insieme a noi, nella difesa di una legge non certo alternativa alla contrattazione collettiva, ma necessaria. Perchè i contratti collettivi pirata sono sempre più diffusi, i tanti Ccln sovente sono in concorrenza fra loro e non abbiamo una legge sulla rappresentanza e la rappresentatività sindacale. Continueremo a batterci, spero tutti insieme”, ha concluso Grimaldi.
(da agenzie)
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