OBAMA SCOPRE SUPERMARIO: “ROMA, UNA DIGA PER L’EURO”
IL PRESIDENTE USA CHIEDE A PALAZZO CHIGI DI AIUTARLO A DECIFRARE LE MOSSE DELLA MERKEL….”IL LAVORO CHE STATE FACENDO AIUTERA’ ANCHE LA RIPRESA AMERICANA”
“Mario, il lavoro che stai facendo in Italia è eccezionale. Mi è piaciuta la tua partenza a razzo. Hai tutto il mio sostegno”, dice il presidente degli Stati Uniti a Barack Obama.
“Dalla partita che si gioca a Roma dipende il destino di tutta l’eurozona, e quindi anche la ripresa americana. Per due volte la crescita è ripartita qui negli Stati Uniti, all’inizio del 2010 e all’inizio del 2011, per poi frenare sotto gli shock della crisi europea. Stavolta ho più fiducia”.
Barack Obama incontra per la prima volta Mario Monti, lo riceve nella cornice più solenne della Casa Bianca in una giornata difficile, con il caso greco che torna a fare paura.
Il presidente americano mette subito il premier italiano a suo agio, lo elogia per “l’alto livello di fiducia del tuo governo”, sia nell’opinione pubblica che nelle cancellerie internazionali e sui mercati. Obama vuole “scoprire” a fondo un partner che gli è indispensabile, lo interroga sul “contratto per la crescita” che Monti propone per l’Europa.
“Com’è possibile – gli chiede il presidente americano – generare crescita sotto la pressione di politiche di bilancio così restrittive?”.
È contento, e lo dice, che si sia ricostituito dopo una pausa lunghissima un triangolo tra Berlino Parigi e Roma.
Sollecita Monti a “dare un contributo forte al prossimo G8, che ospiterò a maggio nella mia Chicago”. Gli confida che ha bisogno del suo aiuto per convincere la Germania a fare di più, a sostegno della ripresa.
C’è solo un accenno alle “circostanze eccezionali” in cui Monti è arrivato a Palazzo Chigi; è nello stile di Obama, un’allusione delicata all’uscita di scena di Silvio Berlusconi con cui l’Amministrazione democratica ebbe un rapporto a dir poco diffidente.
Con Monti il cambiamento di tono è immediato. Finalmente il dialogo è tra simili.
Molto simili davvero: dopo pochi minuti Obama sente di aver di fronte un uomo che ha il suo stesso approccio, la cortesia e la sobrietà dei modi insieme con la passione per l’analisi, l’approfondimento.
Due professori: proprio così.
Quante volte in America – soprattutto dalla destra populista – questo presidente cresciuto a Harvard è stato accusato di essere “èlitario, professorale, troppo intellettuale, didattico”.
Ora si trova di fronte un professore di mestiere, specializzatosi nell’altra super-università americana, Yale.
Uno è giurista per formazione, l’altro economista. Ma Obama subisce una vera attrazione anche per l’analisi economica, affinata dopo anni di discussioni con personaggi della statura di Warren Buffett, Paul Volcker, Larry Summers.
Perciò si sente a suo agio davanti a colui che la stampa americana battezzò “SuperMario” (ai tempi in cui era commissario europeo) e che ora entra alla Casa Bianca col biglietto da visita della copertina di Time: “L’uomo che può salvare l’Europa?”.
Obama ha capito anche un’altra cosa, preparando questo summit con il segretario al Tesoro Tim Geithner e il banchiere centrale Ben Bernanke: questo SuperMario che ha davanti a Washington legittima l’azione di un altro SuperMario, il presidente della Bce Draghi, la cui azione di “pompaggio di liquidità ” ha tamponato la sfiducia dei mercati.
Monti diventa decisivo nella strategia europea di Obama.
Il leader americano si strappa da altri impegni più importanti sulla scena domestica, in una giornata densissima: ha appena annunciato una storico “patteggiamento” delle banche colpevoli per i mutui subprime, 26 miliardi di indennizzi che andranno alle famiglie indebitate.
Una notizia tale da sconvolgere l’agenda della giornata, ma Obama non rinuncia a un solo minuto del suo colloquio con Monti. Comincia a chiamarlo Mario: in inglese dove non esiste differenza fra il tu e il lei, è il segnale di passaggio a un tono diretto, confidenziale.
Obama sottopone Monti a un interrogatorio serrato, vuole conoscere nel dettaglio “le misure che stai varando per ricostruire la fiducia dei mercati e rilanciare la crescita attraverso riforme strutturali”.
Gli preme tanto più di fronte alla nuova emergenza in Grecia, che Monti continui a sostenere “il rafforzamento del fondo salva-Stati, la muraglia di fuoco a difesa dell’euro”.
Il presidente Usa vuole essere rassicurato che l’Italia si salverà da sola e quindi non sarà necessario un intervento del Fondo monetario internazionale in aiuto a Roma: questione scabrosa, perchè la destra repubblicana denuncerebbe qualsiasi salvataggio che costi un solo dollaro al contribuente americano (gli Usa sono il primo azionista del Fmi).
Soprattutto sta a cuore a Obama “sviluppare tra noi delle sinergie per promuovere la crescita”. È questa la parte più impegnativa del colloquio: “Le tue riforme strutturali – chiede Obama – possono generare una ripresa? Andrà in questa direzione l’intera eurozona?”.
Al premier italiano, lui ricorda che “anche il Fmi, ormai perfino le agenzie di rating, dicono che senza crescita diventa impossibile ridurre durevolmente il deficit e il debito degli Stati”.
Obama si aspetta che Monti lo aiuti a “decifrare” quell’enigma che per lui resta Angela Merkel. Ascolta con attenzione – e inquietudine – quando il premier italiano fuga ogni illusione sulla possibilità di “convertire la Germania a politiche keynesiane di rilancio basate su iniezioni di spesa pubblica”.
Il presidente americano forse si lascia convincere solo a metà , dall’argomentazione di Monti secondo cui “bisogna convincere la Merkel a essere più coerente con il modello tedesco, cioè a sviluppare fino in fondo l’economia sociale di mercato, aprendo di più alle liberalizzazioni”.
Era ben diversa, in partenza, la “dottrina Obama” lanciata al G20 di Pittsburgh nel settembre 2009: i paesi con forti surplus commerciali e risparmio abbondante come Germania e Cina dovevano rilanciare la spesa di consumo e diventare locomotive.
Ma Obama capisce che il “germanico Monti” può aiutarlo a individuare qualche apertura nella corazza tedesca, proprio quello che non è mai riuscito a fare Nicolas Sarkozy.
Da questo momento il ghiaccio è rotto davvero. Ci si può parlare al telefono tra Washington e Roma.
Succederà spesso d’ora in avanti. Monti è stato cooptato in un nuovo incarico informale, sarà un partner sempre più ascoltato, una sorta di “consigliere esterno del presidente” per impostare il G8 di Chicago a maggio, il vertice più importante per l’economia globale prima dell’elezione presidenziale di novembre.
Federico Rampini
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply