OPEN ARMS, PROCESSO A SALVINI PER SEQUESTRO DI PERSONA, LA DIFESA FA UN BUCO NELL’ACQUA
IL SOMMERGIBILE DELLA MARINA CHE HA SEGUITO (NON AVEVA DI MEGLIO DI FARE?) PER 17 ORE LA NAVE DELLA ONG NON HA RISCONTRATO ALCUNA “ANOMALIA” NEL COMPORTAMENTO DELL’EQUIPAGGIO… SEMMAI NON HA PRESTATO SOCCORSO ( E LA ONG SPORGE DENUNCIA)
Il ministro Matteo Salvini è nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, accompagnato dalla sua legale, l’avvocata Giulia Bongiorno, per partecipare alla nuova udienza del processo Open Arms, che lo vede imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio.
La Procura di Palermo ha rinunciato a sentire in aula il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto dell’allora ministro Salvini, ma anche il prefetto Paolo Formicola e l’ambasciatore Maurizio Massari.
Non sono mancati momenti di tensione tra accusa e difesa. Dopo diverse opposizioni dell’avvocata Giulia Bongiorno alle domande poste dal pm Geri Ferrara al capitano di fregata Andrea Pellegrino, che sta deponendo in aula, il magistrato ha chiesto al Presidente della Corte Roberto Murgia di intervenire. E Giulia Bongiorno ha replicato: «Il pm è polemico». Immediata la risposta di Ferrara: «Polemico lo va a dire a qualcun altro ma lei non mi fa fare le domande perché mi interrompe in continuazione». A quel punto il Presidente Roberto Murgia ha sospeso per dieci minuti l’udienza.
«Il sottomarino ha semplicemente captato la comunicazione in lingua spagnola e l’abbiamo inviata alla nostra centrale operativa senza alcuna analisi. Gli interlocutori dovevano essere nella linea d’orizzonte per essere captati», ha dichiarato Stefano Oliva capitano di corvetta della Marina militare. «Open Arms si è avvicinata e ha messo la scaletta e fatto salire tutti a bordo – ha spiegato – dal barcone al gommone e poi dai gommoni alla Open Arms. E prima di fare questo salvataggio hanno consegnato i giubbotti salvagente. Uno dei due gommoni è stato recuperato, è stata messa una scritta “OA108”, e lasciato alla deriva. Anche il secondo gommone è stato recuperato e l’unità ha ripreso a navigare con direttrice est. Poi abbiamo continuato il nostro percorso. C’era anche un pattugliatore libico che poi abbiamo perso di vista».
A causa del mancato intervento del sommergibile è stato presentato ora un esposto alla Procura di Roma e alla Procura militare per omissione di atti d’ufficio (ne ha dato notizia il legale di Open Arm, Arturo Salerni) nei confronti dell’intero equipaggio del «Venuti»: 35 militari.
Nella zona era stata avvistata anche una motovedetta libica che si avvicinò alla barca dei migranti senza intervenire.
Su domanda del pm Gery Ferrara, il capitano Oliva ha detto che la sua relazione è stata inoltrata alla centrale operativa dei sommergibili e agli «altri organi competenti» tra cui la magistratura. Ma non sa quali soggetti della linea gerarchica siano stati informati. La pubblica accusa e le parti civili cercavano di capire se nella linea gerarchica ci fosse anche il ministro Salvini.
«Da questo processo mi aspetto una sola cosa: giustizia», ha dichiarato il fondatore della ong spagnola Open Arms, Oscar Camps, appena arrivato in aula bunker dell’Ucciardone. «Ascolto discorsi molto tecnici, del tutto fuori luogo. Stiamo parlando di persone, di esseri umani. Si è parlato tanto di quando una barca è in distress o di quando non lo è, quando in realtà stiamo parlando di situazioni drammatiche a bordo, molto dure. Donne violentate reiteratamente, ragazzine violentate reiteratamente, ragazzini che viaggiano soli, adulti torturati, violentati, detenuti per anni senza che avessero commesso alcun reato – dice –. E si omette di parlare di tutto questo e si preferisce discutere se queste barche avessero o meno bisogno di essere soccorse. Stiamo parlando di barche di 7 metri, con donne incinta, bimbi di pochi mesi, da giorni alla deriva, senza acqua né cibo, costretti a espletare i bisogni nella barca, disidratati, denutriti, che hanno bisogno di assistenza immediata, non solo di essere soccorsi, ma di essere curati immediatamente. E tutto questo non lo consideriamo, lo neghiamo, perché la verità è che ci sono vite che contano di più e vite che contano di meno e che possono essere abbandonate in mare».
(da agenzie)
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