PD IN SUBBUGLIO, LITE SULLA ROTTAMAZIONE
NEL MIRINO DEI RENZIANI CI SONO LA FINOCCHIARO E LA BINDI
Nel mirino ci sono anche loro, le due leader del Pd: Rosy Bindi, la presidente del partito, e Anna Finocchiaro, la capogruppo al Senato.
Esperienza politica e carisma.
Ma non saranno ricandidate in Parlamento, se non chiederanno la famosa deroga alla Direzione del partito, quella stessa che dovrà presentare D’Alema e che è al centro dello scontro con Bersani.
Il clima è surriscaldato. C’è aria di burrasca tra i Democratici, alle prese con la scelta di Veltroni — che darà l’addio al Parlamento — la “rottamazione” di Renzi e il pressing di Bersani per il ricambio.
Da qui, la ritrosia di Finocchiaro e l’insofferenza di Bindi. In un corridoio di Palazzo Madama, di corsa tra una giunta del regolamento e l’aula da gestire sull’anticorruzione, Anna Finocchiaro sorride: «Io non chiedo deroghe ».
La presidente dei senatori democratici è tranquilla, non vuole entrare nel gioco di chi si tira fuori e di chi no, di chi chiede e di chi pretende.
«Sono a disposizione del partito, saranno i suoi organismi a decidere se sarò utile o meno ».
Anche perchè «non ho mai chiesto di essere candidata a nulla in vita mia».
E scappa via, a fare quel lavoro parlamentare su cui ha accumulato 25 anni di esperienza.
A Montecitorio freme invece Rosy Bindi. Ha giurato a se stessa e alla madre Melfi che, prima di parlare, si calmerà un po’.
Racconta che la mamma l’ha svegliata dicendole: «Rosy, guarda che finora nessuno ha vissuto fino a 120 anni». E lei: «Cosa vuoi di’?». «Che tu hai sessant’anni e non ne vivi altri sessanta, quindi sta’ calma ».
Deve però mordersi la lingua, fumantina com’è, e convinta che non si cede a Renzi e alla rottamazione.
«Mi hanno chiesto persino se mi candido sindaco di Roma. Allora sì che sarei da trattamento sanitario obbligatorio».
Prova ancora a scherzare: «Sono un po’ ingrassata. Ora mi diranno: allora, va fuori». Intanto aspetta di discutere con Bersani.
Una rivoluzione generazionale è in atto nel Pd. Enrico Letta, il vice segretario annuncia: «Sono in Parlamento da nove anni e la prossima sarà la mia ultima legislatura ».
Lo scontro si fa sempre più aspro.
Roberto Reggi, il coordinatore della campagna del sindaco “rottamatore”, canta vittoria: «Sulla rottamazione abbiamo vinto, ora non ci resta che aspettarli a uno a uno sulla riva del fiume».
La reazione dei bersaniani è dura: «Le parole di Reggi sono squallide e inaccettabili, si cavalca l’antipolitica per qualche voto in più» (Fassina); «Indecorosa questa caccia all’uomo» (Boccia).
In serata i supporter di Bersani nella sfida per le primarie si riuniscono, non c’è D’Alema ma molti big.
Ci si aspetta che il segretario dica qualcosa su chi resta e chi va: «La rottamazione svilisce il confronto nel paese, non è così che si risolvono i problemi degli italiani», esordisce.
Franceschini, il capogruppo a Montecitorio, conclude: «Sulle deroghe per i parlamentari si valuti il lavoro che hanno svolto».
Oltre a Veltroni, Castagnettie Livia Turco, non si ricandiderà Arturo Parisi: «Dodici anni sono stati anche troppi specie se penso agli ultimi 4 passati a pigiare bottoni a comando».
Non chiederanno la deroga probabilmente Bressa, Treu, Garavaglia. Sarà la Direzione (120 membri più quelli di diritto, in tutto 180) a dover giudicare secondo l’articolo 21 dello Statuto, a decidere chi sì e chi no.
Le deroghe possibili sono una trentina; chi non ha fatto tre mandati pieni (ovvero 15 anni) è ricandidabile.
Antonello Giacomelli sottolinea l’importanza che i casi siano affrontati individualmente (nel 2008 ci fu il “listino” dei derogati).
Gianni Cuperlo vorrebbe una direzione ad hoc per un dibattito serio sul ricambio. Ettore Rosato scommette che le deroghe saranno assai meno del previsto.
«Ci vogliono per chi rappresenta la memoria storica e per chi ha competenze come Morando», afferma Tonini.
Luigi Zanda, vice capogruppo in Senato, difende Finocchiaro: «È la migliore parlamentare che abbiamo, questa discussione è assurda».
Ma Roberto Zaccaria, ex presidente Rai, ricorda: «Basterebbe una legge elettorale che consente di scegliere per risolvere i problemi ».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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