PESTAGGIO DEL GIORNALISTA GENOVA, IL PM ZUCCA: “NON SI POSSONO AFFIDARE LE INDAGINI ALLA POLIZIA, VA CONTRO LE DIRETTIVE EUROPEE”
UN ASSURDO AFFIDARE L’INCHIESTA NELLE MANI DELLO STESSO CORPO DEGLI AUTORI DELL’AGGRESSIONE
L’indagine sul pestaggio del giornalista di Repubblica Stefano Origone avvenuto durante gli scontri fra antagonisti e polizia in occasione del contestato comizio di CasaPound, è stata affidata alla squadra mobile della Questura.
Ieri negli ambienti forensi c’è chi si è stupito del fatto che a indagare su delle violenze palesemente commesse da poliziotti fosse la stessa polizia.
Enrico Zucca, oggi sostituto procuratore generale ma pm dell’inchiesta e del processo per la scuola Diaz al G8 del 2001, risponde alle domande di Repubblica sull’opportunità della scelta: “C’è un canone indiscusso fissato da varie sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che stabilisce come, di fronte alle violazioni dei diritti fondamentali, non si dovrebbero affidare le indagini allo stesso corpo di appartenenza degli agenti o dei funzionari sospettati di aver commesso gli abusi. Nella sentenza Alikaj che ha portato a una condanna dello Stato italiano, la Cedu specifica addirittura come non sia sufficiente l’indipendenza della procura a garanzia di un’indagine imparziale”.
Non è evidentemente una problema di assenza di fiducia nella polizia genovese bensì una questione di procedure che sono poi frutto del buon senso e della ragionevolezza, quella che consiglia di tenere distinte le figure di controllori e controllati.
Ciònonostante è comunque una prassi diffusa quella di assegnare gli accertamenti agli stessi corpi sotto indagine. “Forse — conclude Zucca — esiste un problema anche culturale all’interno della magistratura, alcuni messaggi, anzi indicazioni molto chiare che arrivano dalla Cedu, non vengono recepite”.
“Ci sono delle costanti che si fa fatica a comprendere” ha detto Zucca all’Ansa su quanto avvenuto ieri in piazza Corvetto durante gli scontri tra polizia e antifascisti
“Ho visto quello che è stato – ha detto Zucca -, ho guardato con gli occhi di un genovese e credo che la gestione dell’ordine pubblico sia ancora un punto critico. Pur dovendo riconoscere la difficoltà della gestione in situazioni del genere non è possibile non dire che certi episodi comunque richiamano alla mente quei giorni”. I giorni del G8, appunto.
“Quel che fa impressione – ha detto ancora Zucca – è che un poliziotto, pur nel non facile contrasto verso azioni anche violente, debba utilizzare la forza a sproposito. Mi chiedo: perchè infierire e accanirsi con persone già a terra? Ecco, questa è una costante difficile da capire”. Perchè, continua il magistrato “non ci sono giustificazioni di modalità operativa o di concitazione. Diventa così un modo che appare ritorsivo”, una sorta di “uso della forza che fa presupporre un non ponderato uso di questo mezzo”.
“Allora sentii parlare di ‘prigionieri’ – ha detto ancora Zucca – e erano alti funzionari di polizia che parlavano. ‘Prigionieri’, una parola che evoca scenari di guerra, il ‘nemico’. Oggi sento parlare di ‘ostaggi’. E questo rientra in una mentalità ”
“Sì, il pensiero continua a andare al G8 – ha concluso il magistrato -. Chi dice che è stata voltata pagina?”
(da agenzie)
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