PETURO IRPINO, IL PAESE SALVATO DAGLI IMMIGRATI
DUECENTO ABITANTI E HA ACCOLTO VENTI RIFUGIATI … FERMATO IL CALO DEMOGRAFICO, INTEGRAZIONE RIUSCITA E ITALIANI CONTENTI
Diego Bianchi e Pierfrancesco Citriniti sono andati a Petruro Irpino, uno dei paesi più piccoli d’Italia, con una semplice telecamera e armati di curiosità umana per raccontarci una storia di inclusione. Oserei quasi dire per raccontarci una storia normale, se non fosse che storie come questa in genere non trovano facilmente spazio in televisione.
Un servizio andato in onda due venerdì fa su La7 a Propaganda Live , reperibile facilmente su YouTube e che vi consiglio di vedere.
Un servizio il cui costo complessivo credo sia quantificabile in benzina e autostrada Roma-Petruro Irpino perchè vitto e alloggio, a Diego e Pierfrancesco, sono stati offerti dagli abitanti del paese, 200 autoctoni e 20 immigrati.
Ed è proprio questa la storia che ci raccontano, quella di 220 persone che vivono in un paesino da sempre demitiano, nel quale il sindaco, visto il drammatico calo demografico, decide di avviare un programma di accoglienza per provare a salvare la sua terra da morte certa.
Eh sì, perchè anche un luogo può morire, e precisamente muore quando non c’è più nessuno che crede nelle sue potenzialità , quando i giovani vanno a dormire pensando di stare sprecando gli anni migliori della loro vita e si alzano ogni mattina con la stessa domanda nella testa: «Ma che cosa ci faccio ancora qua?».
Quindi il sindaco, senza indire alcuna assemblea cittadina perchè si sa, nel mucchio vincono le paure e perde il ragionamento, parla con gli abitanti del suo paese, uno a uno, e li convince che non c’è nulla da temere, chè gli immigrati non sono un pericolo per loro, ma una risorsa.
Quanto è usurata – starete pensando – questa espressione: gli immigrati non sono un pericolo ma una risorsa, e quanta poca fiducia vi è rimasta ormai nella capacità di accogliere gli stranieri che ha l’Italia senza lucrare, senza sperperare, senza togliere a chi già ha poco.
Ma se vi manca la fiducia non è colpa vostra; se vi manca la fiducia è solo perchè a mancare è quel segmento di informazione necessario, direi anzi fondamentale, per completare un quadro meno cupo di quanto non si creda.
Non concordo con chi dice: colpa vostra che non sapete, le informazioni esistono, dovete solo cercarle.
Le informazioni esistono, certo, ma la funzione di chi le produce e di chi può raccontarle è renderle chiare anche a chi non ha dimestichezza, per esempio, con i new media.
Saper fare un post su Facebook o su Instagram non significa saper valutare la veridicità di una notizia, e scorgo un certo malcelato classismo in chi dice: se stai sul web devi anche essere capace di orientarti.
Diego Bianchi e Pierfrancesco Citriniti (Zoro non ha bisogno di presentazioni, ma se non conoscete Pierfrancesco, vi perdete ragazzo corpulento e simpatico, un molisano giovane ma antico, che qualche mese fa durante un servizio a Grisciano, comune totalmente raso al suolo dal terremoto, si mise ad aggiustare caldaie in tutto il paese) ci danno quel segmento di informazione che mancava, quasi un frammento, ma fondamentale per capire noi italiani chi siamo.
E che non lo sappiamo chi siamo? Certo che sì, ma non capita anche a voi di sentirvi descrivere come mai avreste immaginato? Timorosi, chiusi, sospettosi, razzisti. Ecco, razzisti.
Ma voi davvero ce la fate a sentirvi descrivere come un popolo di razzisti? E allora, se non siamo razzisti, cosa siamo?
Siamo i figli, i nipoti o i pronipoti di uomini e donne che hanno sofferto gli stenti delle guerre. Di uomini e donne che hanno perso genitori, fratelli e sorelle, che hanno perso le case, che si sono dovuti rifugiare in gallerie o sulle montagne, in ricoveri di fortuna per scampare ai bombardamenti.
Noi questo siamo e non ce lo possiamo dimenticare: siamo eredi di questa sofferenza e quindi anche eredi di chi non può immaginare di abbandonare al proprio destino chi soffre ora, anche se questo dovesse significare condividere le nostre risorse.
I 200 abitanti di Petruro Irpino, dal 2016, ospitano un progetto Sprar destinato a 20 richiedenti asilo, di cui 14 posti per nuclei familiari e 6 per nuclei familiari monoparentali.
La vita del paese e dei suoi abitanti è cambiata in meglio.
Ecco, è questo il segmento che solitamente manca e cioè la seconda parte della narrazione: come stai dopo che hai accolto? Come cambia la vita della tua comunità ?
La risposta è sempre la stessa: meglio.
(da “L’Espresso”)
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