REDDITO DI CITTADINANZA, RITORNO AL PASSATO
CON IL NUOVO REDDITO DI INCLUSIONE ABBANDONATE A SE STESSE 600.000 FAMIGLIE POVERE
L’assegno di inclusione (Adi), introdotto dalla riforma del Rdc, ha prodotto fino ad ora numeri deludenti, circa 450mila domande, inferiore anche alle attese del Governo (che aveva annunciato circa 737 mila famiglie nel programma Adi), e soprattutto inferiore al numero di famiglie con il Rdc nello stesso mese dell’anno scorso, pari a circa 1,2 milioni.
Alle 450mila domande Adi arrivate bisognerebbe aggiungere i beneficiari dello Strumento formazione e lavoro (Sfl), pari a circa 55mila con solo 23mila pagati. Anche questo numero è di gran lunga inferiore rispetto alle attese, che sono, secondo la stima degli “occupabili” pari a circa 400mila, ed anche inferiore al numero di soggetti dichiarati decaduti da parte di Inps con un messaggino la scorsa estate, pari a circa 240 mila
In totale abbiamo circa 500mila domande, tra Adi e Sfl, rispetto a 1,2 milioni di famiglie beneficiarie un anno fa, il 42%.
Considerando che questa cifra possa di poco crescere, si può raggiungere, come somma delle due misure, 600mila famiglie, ovvero circa il 50% di quanto si raggiungeva con il Rdc. E le famiglie povere sono oltre 2 milioni, pari a 5,6 milioni di persone.
Ma perché i numeri delle nuove misure che hanno sostituito il Rdc sono così bassi, lasciando senza sostegni circa 600mila famiglie?
Le ragioni sono diverse ed attengono ai criteri economici più restrittivi, alle soglie più basse di Isee per Sfl, alla scala di equivalenza più bassa in Adi per le famiglie con figli, alle condizioni di contesto sociale e alla mancata informazione, alle discriminazioni che le nuove misure operano sulla base dell’età, e infine anche all’inflazione. Vediamo tutti questi fattori, che sintetizziamo in cinque punti, a partire dall’inflazione.
1. L’inflazione ha generato dei fenomeni di cattiva calibrazione perché le soglie di entrata nella misura non sono state adeguate, conformemente all’inflazione. Per l’Adi si è mantenuto lo stesso Isee di accesso del 2019, pari a 9360 euro e la stessa soglia di reddito di entrata, pari a 6000 euro. Per Sfl l’Isee di accesso è stato pure ridotto da 9360 a 6000 euro. Al contempo i redditi nominali di coloro che all’interno dei nuclei ex beneficiari di Rdc percepiscono redditi da lavoro o prestazioni pensionistiche o assegni di invalidità o altro, sono aumentati, ma non essendo stati adeguati, incomprensibilmente, anche le soglie di accesso a Adi e Sfl, molte di queste persone oggi stanno fuori dal nuovo programma, anche se le loro condizioni reali non sono cambiate, e anzi sono peggiorate. I soggetti coinvolti in questa trappola di esclusione sono oltre 200mila, e sono coloro che prendevano la pensione di cittadinanza o avevano lavoretti, pur rimanendo sotto le soglie del Rdc. Soltanto gli anziani che escono dal programma del Rdc e non entrano in Adi, secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) sono il 14,8%, quindi circa 160mila persone.
2. Una seconda ragione riguarda la scala di equivalenza, dentro Adi, che è stata abbassata da 0,2 (o 200 euro per figlio) a 0,15 e 0,10 (150 euro per il primo figlio e 100 euro dal secondo figlio). Questo comporta un abbassamento della soglia di entrata, soprattutto per le famiglie più numerose. Inoltre, i genitori nel nucleo, fanno parte della scala di equivalenza solo se i minori hanno una età inferiore ai 3 anni. Se i minori hanno una età compresa tra 3 e 17 anni, i genitori non prendono l’Adi. Ciò causa l’esclusione di circa 120 mila persone, il 13,7% secondo il rapporto Upb. Mentre il 33,7% dei beneficiari (circa 350 mila) peggiora il beneficio con una riduzione di 140 euro. Quindi contrariamente a ciò che ha annunciato il Governo, che avrebbe protetto le famiglie con figli e gli anziani, quasi la metà dei nuclei con minori (il 47,4%) ha visto cancellato o ridotto l’Adi rispetto al Rdc.
3. La terza categoria di esclusi, la più nota nella narrazione del Governo, sono gli “occupabili”, coloro che non sono tutelati dalla nuova misura, pur essendo poveri, perché discriminati sulla base dell’età. Questa platea è stimata da Upb in circa 400mila nuclei. Questi sarebbero dovuti transitare, secondo il Governo, verso Sfl. Ma ad oggi solo una piccola parte di essi beneficia di questo strumento.
4.Una quarta ragione attiene a Sfl, dove è necessaria la presenza di corsi di formazione per attivare la misura, ma non c’è stata una analisi dei fabbisogni formativi, e i corsi compaiono sulla piattaforma alla rinfusa, in settori non di interesse per i percettori potenziali, e rimangono comunque scarsi.
5. Infine, c’è un fenomeno che ostacola l’espansione della misura ed è il forte ostracismo da parte degli autori della riforma al Governo e non solo, che indicano i percettori come colpevoli del loro stato di povertà. Un atteggiamento colpevolizzante, che crea vergogna nei poveri, e che spesso non fanno domanda pur avendo i requisiti. Questo fenomeno, in una certa percentuale, esiste in tutti i paesi, è la stigma che molti economisti, a partire da Amartya Sen, hanno spiegato bene. Da noi si accompagna anche ad una scarsa trasparenza sui numeri, alla mancanza di osservatori che Inps ha sempre avuto per tutte le misure, alla assenza di una informazione istituzionale da parte del Governo sulla nuova misura, ed anzi ad una continua disinformazione politica che porta anche a credere erroneamente che il Rdc sia stato abolito completamente.
La somma degli esclusi dalle due nuove misure quindi, considerando i beneficiari anche in prospettiva di Sfl e un ulteriore incremento di Adi, è di circa 600mila nuclei, la metà di coloro che prendevano il Rdc. Questo comporta un risparmio di 4 miliardi di euro per il Governo, rispetto al budget destinato al Rdc. Un ritorno al passato, e un risparmio fatto, letteralmente, sulla pelle degli ultimi.
(da La Repubblica)
Leave a Reply