RENZI CERCA “L’ARBITRO SAGGIO”: UN POLITICO PD NON ATTIVO
RIEMERGONO I NOMI DI CASTAGNETTI E MATTARELLA
Il countdown è avviato ed è inarrestabile.
Mancano meno di 24 ore alle dimissioni di Giorgio Napolitano dai suoi quasi nove anni al Quirinale.
Un avvenimento annunciato, che Matteo Renzi si sta preparando ad affrontare con l’idea di non urtare le sensibilità interne al Pd o almeno di fare il minor numero di danni nel suo partito e perdere il minor numero di voti dal bacino Dem dei 450.
Allo stesso tempo però il premier non vuole rinunciare a riportare la presidenza della Repubblica al ruolo che considera quello originario: cioè meno ‘interventista’ di come lo ha inteso Napolitano.
E’ per questo che questa mattina, appena terminato il discorso di bilancio del semestre italiano dell’Ue a Strasburgo, il premier ha parlato di “un arbitro saggio” per il post-Napolitano, “una personalità di grande livello”, ha detto alla stampa, perchè il capo dello Stato “non è il giocatore di una delle due squadre ma ha rilevanti responsabilità nella vita quotidiana, rilevantissime in alcuni momenti storici…”.
Alla Camera i suoi la traducono così: un politico, targato Pd, certo, ma che non venga dalla politica attiva.
Il campo si restringe agli ex Margherita Sergio Mattarella e Pierluigi Castagnetti, ma anche l’ex Ds e fondatore del Pd Walter Veltroni. Tutti e tre non hanno incarichi politici o istituzionali al momento.
La lista Lotti. Su questi e altri nomi (anche quelli del ministro Dario Franceschini o del presidente Anci Piero Fassino, che però sono politicamente ‘attivi’ in questa fase) il sottosegretario Luca Lotti, incaricato dal premier di passare ai raggi x le aree interne al Pd, continua il suo sondaggio in vista dell’elezione presidenziale, ufficialmente al via il 29 gennaio.
Ad ogni papabile, corrisponde un numero di voti, nella lista di Lotti. Ed è da questa lista che dovrebbe uscire il candidato, il nome unico che Renzi proporrà all’assemblea dei grandi elettori del Pd all’ultimo momento utile.
Vale a dire: alla vigilia o al massimo due giorni prima della quarta votazione, quella che richiede solo la maggioranza assoluta di 505 voti, quella che Renzi considera ‘buona’ per eleggere il presidente.
Dunque l’assemblea dei grandi elettori Dem dovrebbe tenersi il 28 gennaio (prima delle prime due votazioni a maggioranza dei due terzi) o il 29 gennaio. Infatti, a differenza di quanto paventato ieri, non è escluso che il Parlamento affronti i primi due scrutini nel primo giorno di seduta comune del Parlamento. Il terzo si terrebbe il giorno dopo. La quarta, a seguire.
Bersani: riscattare Marini e Prodi.
Il calendario è nelle mani del presidente della Camera Laura Boldrini, che presiederà la seduta (il presidente del Senato Pietro Grasso sarà il ‘supplente’ alla presidenza della Repubblica dopo Napolitano e fino all’elezione del successore).
Ma naturalmente la cadenza delle votazioni dipenderà anche dal punto di maturazione delle trattative sul nome.
Renzi scalderà i motori della discussione venerdì in direzione Pd. L’ex segretario Pierluigi Bersani, perno delle trattative con il presidente del Consiglio perchè più rappresentative delle minoranze Dem in Parlamento, si sbilancia a dire che “bisognerà trovare una soluzione che giustifichi il fatto che questo stesso Parlamento nel 2013 abbia detto di no a Marini e Prodi. Bisogna trovare qualcuno di almeno comparabile a quelli che hanno segato: questa è la prima sfida”. E si tira fuori dalla corsa: “Ho già dato”.
Il test per il Colle: maggioranze variabili sull’Italicum.
Ma è una fase di preriscaldamento. Il vero test Renzi vuole farlo sulla legge elettorale. E, a differenza dei giorni scorsi, ha cominciato a maturare un’idea che per il momento è ancora un’idea, ma vale la pena spiegarla perchè potrebbe definire lo schema su cui ragionare di Quirinale.
Giovedì mattina di buon ora il premier incontrerà i senatori del Pd per serrare i ranghi. Ma non sta pensando di fare ulteriori concessioni alle truppe della minoranza (una quarantina di varia estrazione).
Nessun altro strappo dall’impianto del nuovo Italicum, anche se la minoranza vuole ancora dare battaglia contro i capilista bloccati.
Piuttosto, con i suoi, il premier sta esaminando l’idea di approvare la legge elettorale con maggioranze variabili. Vale a dire: il premio di lista, indigesto per Silvio Berlusconi, passerebbe con la maggioranza di governo, senza i voti di Forza Italia, magari con l’aggiunta dei voti di Sel, che — dicono i renziani – potrebbe starci visto che i piccoli partiti hanno ottenuto la riduzione al 3 per cento della soglia di sbarramento per entrare in Parlamento.
Mentre la parte ostica per la minoranza Pd sul rapporto tra capilista bloccati e preferenze verrebbe approvata con i voti di Forza Italia che sostituirebbero gli eventuali dissensi Dem.
Riforme costituzionali, voto segreto passa liscio alla Camera.
Certo, è uno schema di massima. Che però conferma l’intenzione del premier di approvare la legge elettorale prima della riunione del Parlamento in seduta comune sull’elezione presidenziale.
Al Senato l’Italicum verrà messo ai voti tra la fine della prossima settimana e l’inizio dell’ultima settimana di gennaio.
Comunque, prima del 28. “Sulla legge elettorale e sulle riforme costituzionali grava anche l’ultimo appello di Napolitano a non bloccare tutto”, si fanno scudo i parlamentari renziani.
E oggi hanno tirato un respiro di sollievo alla Camera: dove l’unico voto segreto di giornata su un emendamento della riforma costituzionale è passato liscio come l’olio per la maggioranza. Nessun problema.
“Sarà mica che l’elezione del presidente sarà più facile di quanto si pensi?”, azzarda un parlamentare renzianissimo e naturalmente fiorentino.
(da “Huffingtonpost“)
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