RENZI RINVIA LA RIFORMA DEL SENATO DOPO IL VOTO, DOPO LA FRENATA DI IERI E’ RIMASTO AZZOPPATO, NON CORRE PIU’
EMENDAMENTI AMMESSI FINO AL 23 MAGGIO, NEL FRATTEMPO RENZI SPERA NEL PATTO CON BERLUSCONI
La frenata era nell’aria già la scorsa settimana.
Ma l’incidente di ieri in commissione Affari Costituzionali al Senato ha fatto decisamente scuola. E ora il dato è ufficiale: di riforme costituzionali si riparlerà solo dopo le europee.
Il termine per la presentazione degli emendamenti al testo del governo è stato infatti fissato al 23 maggio, due giorni prima del voto.
Fino ad allora, il treno voluto e messo in moto da Matteo Renzi si è fermato, per colpa dei veti incrociati interni al Pd e al resto della maggioranza, sui quali ha avuto buon gioco la mossa del leghista Roberto Calderoli.
Vale a dire la presentazione di un ordine del giorno sull’eleggibilità dei senatori approvato dalla commissione con parere contrario del governo.
Per il presidente del Consiglio non è una debacle, perchè “siamo riusciti a presentare come testo base quello del governo ed è quello che volevamo”, dice il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini.
Però è chiaro che, continuando così, rischia di saltare per aria anche l’altra data utile indicata dal premier per l’approvazione delle riforme in prima lettura al Senato: “Il 10 giugno”, aveva detto a Porta a Porta.
Insomma, la frenata di Palazzo Madama impone delle considerazioni strutturali: anche queste sono necessariamente rimandate a dopo il voto delle europee.
“Nessuno di noi sa che cosa esattamente succederà dopo le elezioni del 25 maggio”, dice un senatore del Pd.
Dal test elettorale dipende infatti non solo il cammino delle riforme, ovvero la mission principale del governo, ma anche la vita dell’esecutivo nato a febbraio.
Lo stesso Renzi non ne fa mistero. “No alla palude”, continua a ripetere ai suoi.
Per dire che, se si tratta di galleggiare, l’acqua non è quella che fa per lui.
Pare che il presidente del Consiglio abbia ribadito il concetto anche allo stesso Silvio Berlusconi, nella telefonata notturna che poi ha indotto l’ex Cavaliere a riconsiderare il voto in commissione e a ‘salvare’ il governo, votando sì al testo base presentato dal ministro Boschi.
“O così o si torna al voto”, avrebbe detto il presidente del Consiglio a Berlusconi, contando sul fatto che in questa fase, con i sondaggi in caduta libera per Forza Italia, all’ex Cavaliere non converrebbe tornare alle urne.
O almeno è questa la linea che per ora prevale dentro Forza Italia.
Ma è proprio l’incertezza che sembrerebbe attraversare il partito dell’ex premier a impensierire Renzi.
Se il punto sulla vita dell’esecutivo verrà fatto alla luce dei risultati elettorali, è anche vero che il presidente del Consiglio vuole avere garanzie sulla tenuta del Patto del Nazareno siglato con Berlusconi a gennaio.
“Senza quel patto, ci mettiamo nelle mani del ricatto dei piccoli”, dice una fonte renziana, pur confidando che “comunque, dopo le elezioni, anche i piccoli si placheranno”.
Ma il patto con Berlusconi serve proprio come arma per minacciare il resto della maggioranza, come garanzia di avere una maggioranza alternativa per andare avanti. Non è un caso che proprio l’ex Cavaliere abbia parlato della possibilità di sostenere il governo in maggioranza dopo le elezioni.
E’ una possibilità , ma per Renzi è vitale, come si è visto ieri in commissione quando il premier è riuscito a tirare Forza Italia sul sostegno al testo base della Boschi.
Tutto rimandato a dopo le elezioni, ma per il governo non è una frenata da niente.
“Ci siamo resi conto che ogni emendamento sarebbe stato un titolo di giornale o di tg. Non valeva la pena correre il rischio prima del voto”, dice un senatore Democratico.
Il treno renziano è costretto a decelerare. Non solo sulle riforme costituzionali.
Sul decreto lavoro l’esecutivo ha dovuto scegliere di porre la questione di fiducia in Senato, per via dei veti del Nuovo Centrodestra.
E in queste tre settimane che precedono il voto per le europee, ci potrebbero essere altre trappole in arrivo.
In queste settimane di pura campagna elettorale, quando il ‘governo del fare’ sarà costretto a fermarsi, il presidente del Consiglio e i suoi ce la metteranno tutta per indicare i responsabili dello stop: nel tentativo di costruire un argine tra chi è per il cambiamento e chi ha frenato proprio e di nuovo sulla palude.
Dopo le elezioni, Renzi tirerà le somme, convinto che il Patto del Nazareno reggerà , necessario com’è per mantenere l’equilibrio tra governo e maggioranza.
“Terrà “, dice una fonte renziana della prima ora.
Ma nessuna ne ha certezza assoluta.
(da “Huffingtonpost“)
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