L’ABBRACCIO MORTALE DI SILVIO. “SENZA DI NOI, RENZI NON VA DA NESSUNA PARTE”
E ORA L’EX CAV PENSA A UN APPOGGIO ESTERNO AL GOVERNO DOPO IL VOTO
Per Berlusconi quello sulle riforme è un voto pesante, che può aprire nuovi scenari, avvicinando Forza Italia al governo: “Abbiamo dimostrato che siamo determinanti sulle riforme, e non solo. E che Renzi senza di noi non va da nessuna parte”.
È con queste parole l’ex premier spiega ai suoi quella che è apparsa come una incomprensibile giravolta in commissione.
Perchè, fino alle 20,25, ora in cui i senatori sono entrati in commissione, i big di Forza Italia erano certi che “il governo andasse sotto”.
E che, di fatto, si aprisse la crisi. Perchè se il governo “va sotto” su un suo testo è complicato dire che esiste ancora.
Del resto proprio questo era stato il ragionamento usato dal ministro Boschi per convincere i riottosi senatori della sua maggioranza.
È nell’ultima di una serie di telefonate con Renzi che l’ex premier rassicura Matteo: “Non preoccuparti, avrai i nostri voti in commissione”.
Lo sa bene Calderoli che accade tutto alla fine. Anche l’ex ministro leghista è stato il destinatario di una serie di telefonate di Berlusconi, in cui veniva invitato a “tenere il punto” e rassicurato sul fatto che Forza Italia avrebbe fatto lo stesso.
Perchè a quel punto è Berlusconi a usare un “doppio forno”, mandando giù il governo sull’ordine del giorno e poi salvandolo facendo passare il testo base.
Fornendo la dimostrazione plastica che senza Forza Italia non c’è maggioranza.
È questo risultato che fa apparire il Cavaliere in conferenza stampa quasi pimpante, come chi è tornato al centro della scena.
E va ben oltre il suo narcisismo la battuta con cui ha apostrofato Renzi a Matrix: “E’ innamorato di me”.
Il fiuto politico del vecchio combattente dice che i rapporti di forza sono cambiati. L’abbraccio mortale di cui parlavano Toti e la Gelmini nel fuorionda vale anche per Renzi, costretto a subire uno smacco pur di avere i voti di Forza Italia.
È vero che il premier ha fatto capire a Berlusconi che se non passano le riforme, l’alternativa è una sola, ovvero il voto. E ognuno si prende le sue responsabilità .
Ma è anche vero che in questa interlocuzione a due l’ex premier vede aprirsi gli spazi per una manovra più ambiziosa. Ovvero un ingresso in maggioranza, sotto forma di “appoggio esterno”. Da realizzare dopo il voto.
A questo allude il vulcanico Brunetta quando dice che “la cosiddetta politica dei due forni, o delle due maggioranze, non può andare avanti”.
Non è un’analisi politologica ma un messaggio tutto politico: la politica dei due forni “non si può fare — prosegue Brunetta – per un motivo molto semplice, ma che finora nessuno ha ancora spiegato bene. In realtà non è assolutamente possibile distinguere tra le cosiddette riforme costituzionali e le altre riforme annunciate da Palazzo Chigi”. Per ora la campagna elettorale impone a tutti di stare nel guado, ma poi si porrà per Forza Italia il tema di come uscirne: se accentuando il profilo di opposizione o entrando in maggioranza.
Fonti solitamente affidabili rivelano che il grande obiettivo di Berlusconi è tornare al governo, in nome delle riforme.
Si spiega così il cambio dei toni di questa campagna elettorale. L’ex premier non parla più di “golpe” ma ha definito la sentenza un “bene” che gli dà l’occasione di diventare “un padre della patria”.
Il pericolo evocato non sono i comunisti ma Beppe Grillo, novello “Hitler”.
Ed è chiaro che di fronte a un novello Hitler è legittimo evocare un governo di emergenza di tutte le forze democratiche.
Si spiega così quella voce dal sen fuggita sulle larghe intese, poi prontamente corretta perchè non è il momento.
Insomma, l’operazione va costruita. “Ridurre la distanza tra maggioranza per le riforme e maggioranza di governo” è la parola d’ordine su cui è stata calibrata la comunicazione berlusconiana.
E le medesime fonti assicurano che l’ipotesi di un “appoggio esterno” al governo — da negoziare – non è un tabù nemmeno dalle parti di Renzi.
Certo, c’è il voto di mezzo. Certo, è tutto prematuro. Epperò se ne parla.
In fondo quello che è successo in commissione mostra che o si va avanti nel solco del “patto del Nazareno” oppure le alternative sono impraticabili. Il voto non è nell’ordine delle cose, perchè tutti sanno come la pensa il Colle.
E il premier non ha alcuna intenzione di rinchiudersi nel recinto di maggioranza.
(da “Huffingtonpost”)
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