RIFORME, LAVORI IN CORSO PER UNA COSTITUZIONE PRET A PORTER
PREMIERATO, AUTONOMIA, DIFFERENZIATA E GIUSTIZIA: IL GOVERNO FA A PEZZI LA CARTA
Un pezzo di sopra (il premierato), uno di sotto (l’autonomia differenziata). E adesso un pezzo di lato: la giustizia. Sicché, un po’ per volta, fanno a pezzi la Costituzione. Dividendone le spoglie fra i tre commensali di governo, ciascuno con il proprio bottino. E senza una discussione pubblica, che coinvolga anche per sbaglio i cittadini. Anzi: senza nemmeno una discussione generale. La Grande Riforma, il nuovo abito che dovrà indossare la nostra vecchia Carta, è frutto d’interventi parziali, parcellizzati, e in conclusione lottizzati.
La prima obiezione è dunque nel metodo di questo processo. Senza scomodare la buonanima dell’Assemblea costituente, dovremmo quantomeno rammentarci che in passato abbiamo battezzato tre Bicamerali, con un profluvio di dibattiti dentro e fuori il Parlamento.
Adesso no: l’ultima creatura — la riforma della giustizia — è stata concepita durante una riunione di 40 minuti fra 8 persone. A Palazzo Chigi, e dove sennò? Giacché la riscrittura della Carta procede dall’alto (il governo) verso il basso (il Parlamento). E laggiù in basso è permesso soltanto l’applauso, il voto sotto dettatura.
«Quando l’assemblea discuterà la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti» diceva Piero Calamandrei. «E del pari il governo deve rimanere estraneo alla formulazione del progetto, se si vuole che quest’ultimo scaturisca dalla libera determinazione dell’assemblea sovrana». Altri tempi, altre tempre. Eppure anche nel terzo millennio non mancano esperienze costituzionali di tutt’altro segno. Per esempio in Irlanda, nel 2012, quando venne istituita una Convention on the Constitution composta da parlamentari e da cittadini comuni, per riscrivere le regole del gioco.
Ma è una Costituzione a pezzi anche nel merito, non solo nel metodo. Nel senso che prende un pezzo di qua, un pezzo di là, copiando questo o quell’altro istituto dai sistemi costituzionali stranieri, senza però importarne l’impianto complessivo, senza affiancare al nuovo peso un adeguato contrappeso. Vale anzitutto per il premierato.
Qualcuno può affermare che l’elezione diretta del capo del governo costituisca una bestemmia? No di certo, dal momento che funziona nelle due democrazie più antiche, negli Stati Uniti e in Francia. Ma se in Italia il premier eletto ha un potere di vita o di morte sulle Camere, se prosciuga le funzioni di garanzia attribuite al presidente della Repubblica, se torreggia tal quale un gigante in un paese di nanetti, allora sì, c’è di che allarmarsi.
Vale in secondo luogo per l’autonomia differenziata. Non è il principio in sé a farci storcere la bocca: se una Regione rivendica ulteriori competenze che corrispondono alla specifica vocazione del proprio territorio, ai suoi tratti peculiari, nulla di male ad accendere il verde del semaforo. In via eccezionale, e con una richiesta motivata. Però se tutte e 15 le Regioni ordinarie possono ottenere tutte e 23 le materie in ballo, allora l’eccezione si converte in regola, e la nuova regola è lo sfascio, l’anarchia. Con buona pace dell’unità degli italiani, evocata nell’articolo 5 della Costituzione.
E vale in terzo luogo per la giustizia riformata. L’uso del sorteggio per formare il Csm, per dirne una: può essere un buon anticorpo contro le correnti giudiziarie, o meglio contro i loro abusi, che nuocciono al prestigio stesso della magistratura. Chi scrive sostiene da anni questa soluzione. Però un sorteggio temperato, e circoscritto inoltre ai magistrati meritevoli, onde evitare brutte sorprese.
Se invece al todos caballeros s’aggiunge la separazione delle carriere, col rischio di mettere i pm al guinzaglio del potere esecutivo, come paventa Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Se vi s’associa infine un’Alta corte per castigare i peccati dei giudici, sottraendola alla guida del capo dello Stato, e magari facendone designare dalla maggioranza di governo i componenti.
Se tutti questi pezzi si congiungono agli spezzoni precedenti, allora la morale è quella illustrata da un celebre libro di Foucault: Sorvegliare e punire.
Michele Ainis
costituzionalista
(da repubblica.it)
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