ROMA, 400MILA LAVORATORI SU 1,3 MILIONI GUADAGNANO MENO DI 15MILA EURO L’ANNO E VIVONO AL LIMITE DELLA POVERTÀ
POVERO UN LAVORATORE SU QUATTRO
Un lavoratore romano su quattro è povero. I contratti precari che spesso sono anche pirata e nascondono lavoro in nero o sottopagato; il gap salariale che a parità di mansioni colpisce le donne e i part time involontari; l’inflazione che diminuisce il potere d’acquisto soprattutto di chi ha già scarse entrate.
Tutto questo crea una platea di 400 mila persone che pur lavorando guadagnano meno di 15 mila euro all’anno. Novecento euro netti a cui sottrarre i costi di un affitto, della spesa alimentare, delle visite mediche, dei libri e del materiale scolastico per chi si prende il lusso di avere uno o più figli.
Nella Capitale il numero di lavoratori raggiunge quota 1 milione e 300 mila persone e a trovarsi in questa situazione, secondo i dati della Cgil Roma e Lazio è il 25% degli occupati. Allargando l’orizzonte a tutto il territorio regionale, la situazione non migliora, anzi: su 2 milioni e 600 mila persone occupate il 28% è un lavoratore povero. Scendendo più nel dettaglio, oltre 744 mila tra lavoratori e lavoratrici del settore privato non agricolo guadagnano meno di 15 mila euro l’anno: il 45%.
Ad essere particolarmente colpiti dalle basse retribuzioni sono le donne (53%) e gli under 35 (41%). Il paradosso è che di questi 744 mila occupati la maggior parte, ovvero più della metà, ha un contratto a tempo indeterminato. Che però viene pagato poco: circa 100 mila lavoratori nonostante il full time prendono uno stipendio annuo inferiore ai 15 mila euro. Oppure si tratta di part-time involontari che in molti casi nascondono anche lavoro grigio: ore che vengono svolte ma non compaiono nel contratto e non vengono pagate o sono retribuite in nero.
L’altro enorme problema che hanno la Capitale e la regione Lazio è quello dei contratti che durano solo un giorno. Non si tratta di voucher, ma di veri e propri tempi determinati che durano 24 ore. Se ne abusa, ad esempio, nel settore dello spettacolo. Quattro contratti su 10 sono così ed è un record nostrano visto che in italia la media di un contratto di un giorno su 10.
Le conseguenze di questa precarizzazione del lavoro è che «le persone rinunciano ad alcuni diritti fondamentali come le cure e i controlli medici — commenta il segretario generale della Cgil Roma e Lazio Natale Di Cola — Con stipendi da fame risparmiano anche sul cibo, abbando la qualità dei prodotti che comprano, all’attività fisica al tempo libero, ai viaggi».
(da La Repubblica)
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